L’inchiesta sul caso «Mafia capitale» non ha stupito più di tanto chi lavora nell’ambito dell’assistenza ai migranti e alle comunità Rom e Sinti: sono anni, infatti, che viene denunciato un sistema di malaffare che si muove intorno ai campi.
È quello che ha fatto anche l’Associazione 21 luglio, l’unica a lavorare coi Rom sul territorio nazionale che per statuto non può accedere a finanziamenti pubblici, una decisione dettata dalla necessità di essere indipendenti, e l’inchiesta ha dimostrato quanto sia importante esserlo.
Sei mesi fa l’associazione ha presentato un rapporto dal titolo emblematico: «Campi nomadi Spa». Un documento che spiega come un flusso di denaro incontrollato esca dalle casse comunali e vada a tutto l’indotto che si muove intorno al sistema campi in maniera poco trasparente e molto dubbia. L’80% dei 24 milioni di euro spesi nel 2013 dal Comune di Roma per le comunità Rom è stato dato tutto in affidamento diretto, senza bando, a 35 organizzazioni. È chiaro quindi che questa mancanza di controllo e monitoraggio renda facile, per la malavita e la criminalità, inserirsi nelle maglie molto larghe di questo sistema.
Secondo Carlo Stasolla dell’Associazione 21 luglio «il motivo per cui c’è voluto tanto tempo per smascherare il sistema dipende dal fatto che siamo un paese ancora poco civile, dove il diritto è poco presente e dove le riforme e i cambiamenti vengono fatti dalla magistratura e non dalla legge ordinaria. Il rapporto che abbiamo presentato, realizzato nel giugno scorso quando, campo per campo, insediamento per insediamento, avevamo spiegato come si muove il denaro e con che consistenza, è stato acquisito da chi oggi indaga sull’inchiesta. La ricerca a quel tempo non ha avuto un ampio risalto, sappiamo che fu acquisita dal comune di Roma, poi purtroppo, trovandoci in un paese in cui il livello di democrazia è estremamente basso abbiamo dovuto attendere che si muovesse un procuratore della Repubblica per fare luce anche su questo».
Per ora le indagini riguardano solo l’insediamento di Castel Romano, ma l’attenzione si sta spostando su un altro caso, quello del Best House Rome, per il quale il sindaco Marino sembra avere in programma una visita ispettiva. Una sorta di struttura di accoglienza, in realtà una ex fabbrica, tuttora accatastata come tale, presa in gestione da un’associazione che è nata poco dopo l’elezione a sindaco di Alemanno, un’associazione che quindi non ha una storia ma che ha avuto subito quest’appalto milionario per accogliere e concentrare all’interno di questi “loculi”, stanze di 12 metri quadrati senza finestre, 300 persone Rom. Una struttura priva di qualsiasi autorizzazione e, malgrado questo, una struttura con la quale, tramite affidamento diretto, il Comune di Roma ha stipulato una convenzione per cui per ogni persona venivano concessi ai gestori più di 600 euro al mese. Se pensiamo che i nuclei famigliari variano in media dalle 5 alle 10 persone, la matematica vuole che per ogni famiglia venissero affidati all’associazione dai 3000 ai 6000 euro.
Il pensiero torna ai fatti di Tor Sapienza. Possibile che in un quartiere storicamente tranquillo e multietnico l’intolleranza si sia scatenata contro una struttura che accoglieva minori stranieri non accompagnati? No. Scopriamo infatti in queste ore che l’ombra dell’organizzazione gestita da Buzzi cercava di intimidire la cooperativa sociale «Un Sorriso» perché entrasse nel loro giro.
L’intolleranza è ancora la motivazione per cui non si riesce a superare la segregazione delle comunità Rom. A questo scopo, sempre l’Associazione 21 luglio ha inviato al sindaco un documento in cui si propongono sette obiettivi per superare il sistema campi: l’istituzione di un ufficio di scopo che abbia la funzione di lavorare per la chiusura degli insediamenti formali presenti nella capitale; l’elaborazione di una ricerca che analizzi nello specifico, durante il tempo di tre mesi, quelli che sono i bisogni e le competenze delle persone che vivono negli insediamenti; l’azione di monitoraggio; la formazione degli operatori; la chiusura del campo attraverso la ricerca lavorativa e la ricerca abitativa. Tutte azioni che devono essere combinate tra loro e che passano attraverso una riconversione del denaro, oggi speso per la gestione e il mantenimento del sistema campi, a percorsi in cui i soldi sono realmente destinati all’inclusione e quindi vadano ad aiutare le famiglie Rom a uscire da questi ghetti etnici e iniziare un percorso di vera e reale cittadinanza. Uno dei punti riguarda l’informazione e la comunicazione: significa far conoscere la storia e la cultura di un popolo, formato da cittadini a pieno titolo dell’Unione Europea; ma significa anche, per chi fa informazione, non alimentare messaggi svianti. L’integrazione è possibile perché le persone sanno accogliere, come l’Italia l’ha dimostrato più volte nel corso della storia. L’intolleranza è un mezzo nella bocca di chi, a fini personali, cerca di guadagnarci qualcosa.
Susanna Ricci
Tratto da: http://www.riforma.it/
Foto: “Rome Skyline (8012016319)” by Bert Kaufmann from Roermond, Netherlands – Rome Skyline Uploaded by russavia. Licensed under CC BY-SA 2.0 viaWikimedia Commons.
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