Internet ha i suoi diritti. Mancano ancora i doveri

Internet1La Dichiarazione dei diritti in Internet, presentata martedì alla Camera dei deputati, ha più che altro una valenza culturale e politica.

Ne sono consapevoli i promotori, cioè i componenti della Commissione per i diritti e i doveri relativi a Internet, istituita dalla presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini e presieduta dal professor Stefano Rodotà. La Commissione si è insediata un anno fa e, dopo aver prodotto una bozza presentata a fine ottobre 2014, ha indetto una consultazione pubblica, durata cinque mesi, con 14.000 accessi e 590 opinioni espresse, 12 sedute, sei incontri di audizioni di 46 esperti nazionali e internazionali. Il testo definitivo, suddiviso in 14 punti preceduti da un preambolo, tratteggia i confini della cittadinanza digitale e indica alcune priorità nel rapporto tra persona e Rete.

Al di là dei contenuti, va precisato che si tratta più che altro di una dichiarazione di intenti,assolutamente non in grado di produrre obblighi giuridici vincolanti. Essa può al massimo indirizzare culturalmente la crescita di Internet verso approdi virtuosi in termini di tutela dei diritti. Siamo dunque di fronte a un esempio disoft law (diritto morbido), primo passo verso una definizione giuridica dei diritti e dei doveri in Rete. Il filo sottile che lega i 14 punti della Carta, la prima del genere ad essere stata prodotta nel mondo a livello istituzionale, è l’affermazione dei diritti dell’utente digitale: da quello di accesso fondamentale della persona ad Internet come condizione per il pieno sviluppo individuale e sociale, a quello alla conoscenza ed alla consultazione in Rete. Il testo sarà presentato al prossimo Internet governance forum in Brasile, a novembre, e l’obiettivo è quello di farne confluire i principi in una mozione parlamentare unitaria che sarà fatta propria dal governo.

In alcuni Stati, europei ed extraeuropei, uno dei diritti fondamentali contenuti in questa Carta, vale adire quello di accesso alla Rete, è stato inserito nell’ordinamento giuridico nazionale, o con una modifica alla Costituzione o con l’approvazione di una legge ordinaria. C’è chi ritiene che anche in Italia i tempi siano maturi per un passo del genere. Ma sul piano contenutistico questa Carta, molto efficace nella puntualizzazione dei diritti, appare insufficiente sul piano della definizione dei doveri, parola inspiegabilmente espunta dal titolo definitivo della Dichiarazione. Nel primo punto si precisa che «il riconoscimento dei diritti in Internet deve essere fondato sul pieno rispetto della dignità, della libertà, dell’eguaglianza e della diversità di ogni persona» e al punto 2 si definisce l’accesso ad Internet un «diritto fondamentale della persona e condizione per il suo pieno sviluppo individuale e sociale». Per accesso alla Rete non s’intende solo la possibilità di collegamento alla Rete, bensì anche la garanzia che il divario digitale non precluda a determinate fasce di popolazione il libero utilizzo di Internet su un piano di uguaglianza.

Altri principi enucleati nei punti successivi sono: il diritto alla conoscenza e all’educazione in Rete; laneutralità; la tutela della privacy intesa come protezione dei dati dei quali si è titolari; il diritto all’autodeterminazione informativa; il diritto all’inviolabilità dei sistemi, dei dispositivi e domicili informatici; il diritto all’identità, cioè alla libera costruzione della personalità; la protezione dell’anonimato; il diritto all’oblio, cioè alla de-indicizzazione dai motori di ricerca di link contenenti informazioni non più attuali o non più rilevanti; altri diritti e garanzie delle persone sulle piattaforme; la sicurezza in Rete.

Nella Carta rimangono invece soltanto sullo sfondo i doveri connessi con l’utilizzo della Rete. La Rete si regge su delicati equilibri, non solo in ordine alla tutela della personalità degli individui, ma anche rispetto alle presenze degli operatori sul mercato. Conciliare il grande archivio dell’umanità con i pericoli della manipolazione, assicurare la libera concorrenza in Internet contro i rischi anarchia e giungla, responsabilizzare i colossi della Rete affinché le loro condotte siano rispettose del diritto d’autore e dei principi di equità fiscale e di equilibrata remunerazione dei fattori produttivi. Sono queste alcune delle sfide che la Dichiarazione di martedì ignora e non affronta, ma sono anche le sfide che la legislazione nazionale e quella europea dovranno governare. É in gioco, infatti, la democrazia della Rete.

di Ruben Razzante

da: Lanuovabq.it/


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