L’emendamento, riguarda la sezione 5 della Madhya Pradesh Freedom of Religion Act del 1968 ed è stato introdotto sì nel 2006, ma non è mai discusso in Parlamento. Occorre ricordare come nella versione originale, la legge non coinvolgesse in alcun modo il sacerdote. L’unica richiesta era quella indirizzata al futuro convertito al quale veniva chiesto di informare le autorità del distretto della sua decisione.
Secondo i dati raccolti dal Global Council of Indian Christians (Gcic), nel solo 2011, la minoranza cristiana è stata vittima di 170 attacchi di nazionalisti indù, di entità più o meno grave. Si tratta di attacchi sferrati soprattutto da gruppi appartenenti al movimento nazionalista indù del Sangh Parivar.
Proprio Sajan George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), a proposito delle leggi anticonversione ha dichiarato: “Hanno lo scopo di demonizzare la minoranza cristiana e sono usate come uno strumento di persecuzione”. Come il Madhya Pradesh, anche altri Stati indiani hanno introdotto provvedimenti simili: Gujarat, Orissa, Chhattisgarh, Himanachal Pradesh, Arunachal Pradesh e Rajasthan. «Queste leggi – ha aggiunto Sajan George – sono una sfida per le credenziali laiche della nostra Costituzione e dei diritti umani fondamentali». In teoria, questi provvedimenti dovrebbero vietare le conversioni ottenute con forza o con soldi, e prevedono tre anni di prigione per “proselitismo”. In realtà, come riconoscono le associazioni per i diritti umani, proprio quelle leggi agevolano la produzione di false accuse di conversioni forzate. Accuse che, inesorabilmente, si abbattono sulle minoranze.
La modifica legislativa impone ai sacerdoti di fornire alle autorità locali tutti i dettagli relativi alla persona che ha deciso di cambiare religione almeno trenta giorni prima della cerimonia. Chi non si adegua rischia una multa di 1000 rupie (13 euro) e fino a tre anni di carcere.
L’emendamento, spiega ancora AsiaNews, riguarda la sezione 5 della Madhya Pradesh Freedom of Religion Act del 1968 ed è stato introdotto sì nel 2006, ma non è mai discusso in Parlamento. Occorre ricordare come nella versione originale, la legge non coinvolgesse in alcun modo il sacerdote. L’unica richiesta era quella indirizzata al futuro convertito al quale veniva chiesto di informare le autorità del distretto della sua decisione.
Secondo i dati raccolti dal Global Council of Indian Christians (Gcic), nel solo 2011, la minoranza cristiana è stata vittima di 170 attacchi di nazionalisti indù, di entità più o meno grave. Si tratta di attacchi sferrati soprattutto da gruppi appartenenti al movimento nazionalista indù del Sangh Parivar.
Proprio Sajan George, presidente del Global Council of Indian Christians (Gcic), a proposito delle leggi anticonversione ha dichiarato: “Hanno lo scopo di demonizzare la minoranza cristiana e sono usate come uno strumento di persecuzione”. Come il Madhya Pradesh, anche altri Stati indiani hanno introdotto provvedimenti simili: Gujarat, Orissa, Chhattisgarh, Himanachal Pradesh, Arunachal Pradesh e Rajasthan. «Queste leggi – ha aggiunto Sajan George – sono una sfida per le credenziali laiche della nostra Costituzione e dei diritti umani fondamentali». In teoria, questi provvedimenti dovrebbero vietare le conversioni ottenute con forza o con soldi, e prevedono tre anni di prigione per “proselitismo”. In realtà, come riconoscono le associazioni per i diritti umani, proprio quelle leggi agevolano la produzione di false accuse di conversioni forzate. Accuse che, inesorabilmente, si abbattono sulle minoranze.
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