Guwahati – “La diversità e il pluralismo di culture e religioni in India non sono un problema, ma un’opportunità. Anche quanti vivono nelle periferie o sono gruppi minoritari hanno un ruolo, e permettere loro di prosperare diventa il vero test della libertà. L’autentico progresso è il risultato dell’alleanza delle civiltà e non di uno scontro tra civiltà”: lo afferma l’Associazione dei filosofi cristiani dell’India (ACPI), che ha tenuto nei giorni scorsi un seminario di studi a Guwahati (nell’India Nord orientale), confrontandosi sul tema: “L’ermeneutica del sospetto in India”.
Nel documento finale del seminario, inviato all’Agenzia Fides, i filosofi denunciano la crescita di una ideologia fondata su un paradigma di esclusività e intolleranza e invitano le istituzioni, le organizzazioni sociali e religiose, a costruire una società autenticamente pluralista, arricchita dai diversi apporti culturali e religiosi.
“L’India è una terra che promuove la convivenza pacifica di culture, religioni, comunità e popoli. Il nostro patrimonio rivela la capacità di assorbire e assimilare diverse ideologie e filosofie, anche quando sembrano contraddirsi l’un l’altra. Gli indiani sono noti per l’apertura, la tolleranza e il rispetto verso tutti”, nota il testo finale. “Tuttavia – proseguono i filosofi cristiani – negli ultimi tempi, vediamo l’intolleranza e la violenza verso coloro che appartengono a comunità minoritarie, verso dalit, tribali e persone che esprimono una qualsiasi forma di dissenso. Tendenze fondamentaliste e ‘comunitariste’, che sono in aumento, conducono a una sorta di totalitarismo, che esercita il controllo su ciò che si mangia, si pensa, si crede, si professa”.
I filosofi intravedono “un potente tentativo di controllare e manipolare la verità piegandola secondo propri interessi. Quanti sfidano le tendenze totalizzanti dei potenti sono ignorati, controllati, tacitati o persino assassinati”, denuncia il testo, citando alcuni “maestri indiani” come Ambedkar, Periyar, Narayana Guru, Pandita Ramabai, che hanno lottato contro credenze, tradizioni e ideologie che perpetuano paura, divisione e violenza.
Il testo sfida i filosofi indiani, appartenenti a ogni credo religioso, a “impegnarsi onestamente nella critica dei perpetratori di ideologie divisive e della falsa propaganda”, esprimendo la volontà di “promuovere l’apertura e la tolleranza verso il punto di vista altrui, impegnandoci in un dialogo fruttuoso che ci aiuterà ad arrivare alla verità”. “Inclusività, trasparenza, pensiero liberale, apertura alla revisione sono alcuni dei principi essenziali”, si afferma.
“Denunciamo il comunitarismo e il fondamentalismo religioso che sono radicati nella paura, nell’avidità e nell’odio e distruggono il tessuto secolare della nostra nazione. La dignità di ogni uomo deve essere fortemente affermata e non essere sacrificata in nessun altare, sia esso politico, religioso, culturale o economico”, nota il documento finale. “Sosteniamo – prosegue – il diritto costituzionale alla libertà di espressione e la nostra libertà di esprimere il dissenso in modo pacifico. Sosteniamo il diritto dei media di essere indipendenti da tutti i tipi di coercizione e di denunciare secondo principi di libertà e giustizia”.
Infine, dicendosi “radicati in una cultura di fiducia, con libertà e giustizia come ali”, i filosofi cristiani si impegnano con l’elaborazione delle idee e con le azioni “per una società egualitaria. attraverso lo sviluppo inclusivo, dando voce a chi non ha voce”. (PA-NC)
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