In prigione… mi visitaste

49-Foto_03Intervista al pastore Francesco Sciotto, coordinatore del gruppo di lavoro Fcei su carceri e giustizia. Rimuovere gli ostacoli all’assistenza pastorale in carcere, lottare per una giustizia attenta ai diritti.
a cura di Luca Maria Negro

Sessantasettemila detenuti stipati in celle che potrebbero contenerne non più di quarantamila: l’emergenza carceri è da mesi in primo piano nell’attenzione dei media, soprattutto da quando la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, nel gennaio del 2013, ha condannato il nostro Paese per il trattamento inumano e degradante di alcuni detenuti, sottolineando nella sentenza come nelle carceri italiane il sovraffollamento sia strutturale e dandoci poco più di un anno di tempo (maggio 2014) per porre rimedio alla situazione. Di emergenza carceri si è tornato a parlare anche nel mondo protestante italiano, in particolare con un convegno sul tema «Dei diritti e delle pene» svoltosi a Firenze l’11 ottobre, in occasione dell’inaugurazione della «Casa del Melograno», una struttura della Diaconia valdese fiorentina destinata a ospitare detenuti che usufruiscono di permessi o di misure alternative al carcere (Riforma n. 39 del 18 ottobre, p. 1). E sull’ultimo numero di Riforma (n. 48 del 20 dicembre, p. 12) si riferisce di un altro convegno fiorentino, dedicato al problema dell’assistenza religiosa in carcere, un’attività che incontra non poche difficoltà, soprattutto per quanto riguarda le confessioni religiose diverse dalla cattolica. La Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) ha appena ricostituito il suo gruppo di lavoro sul tema delle carceri e della giustizia, affidandone il coordinamento al pastore Francesco Sciotto, direttore dell’Istituto diaconale «La Noce» di Palermo. Lo abbiamo intervistato. – Quali sono gli obiettivi di questo gruppo di lavoro? «Il gruppo di lavoro si prefigge quattro obiettivi principali: il primo è quello di mappare e condividere tutte le esperienze che si fanno a livello nazionale negli istituti penali o a favore di persone che, per i più svariati motivi, si trovano ad avere avuto a che fare con la giustizia. Parliamo qui non solo di detenuti ed ex-detenuti, ma anche di famiglie degli stessi; di vittime di reato; di minori devianti o a rischio devianza, di chi si trova in carcere o di chi sconta un altro tipo di pena; di chi non uscirà mai di galera, di chi si trova rinchiuso, inspiegabilmente, in quei lager fuori da ogni diritto che sono i Centri di identificazione ed espulsione (Cie). Che cosa fanno le nostre chiese a favore di tutte queste persone? Visite pastorali, culti, momenti di preghiera, partecipazione al lavoro di sostegno operato da altre associazioni sul territorio, iniziative diaconali. Il quadro delle esperienze è già molto variegato, a dispetto di quanto si creda». – Ma questo tipo di intervento, in particolare all’interno delle carceri, incontra non poche difficoltà… «È vero, e infatti il secondo obiettivo del gruppo è quello, per quanto possibile, di aiutare gli organi esecutivi delle nostre chiese e la Fcei a far sì che siano rimossi quanti più ostacoli all’espletamento del lavoro pastorale in carcere e nei centri di detenzione in generale – e parliamo qui nuovamente dei Cie. Teoricamente dappertutto è possibile entrare e incontrare i detenuti che ne fanno richiesta. Ma il diritto all’assistenza pastorale è davvero garantito a tutti e tutte, uniformemente su tutto il territorio nazionale? Quanto è ancora lasciato alla discrezione dei singoli direttori di istituto? I provveditorati regionali del Dipartimento amministrazione penitenziaria e i Centri giustizia minorile sono a conoscenza che pastori e ministri delle chiese facenti capo alla Federazione hanno facoltà di entrare nelle carceri? Abbiamo motivo di credere che ci sia ancora tanto da fare in questo senso e il gruppo di lavoro può diventare una sorta di osservatorio sul disfunzionamento della macchina, può dare consigli ai ministri di culto e segnalare alla presidenza della Federazione e agli esecutivi delle chiese i casi più gravi». – Veniamo al terzo obiettivo. «Il terzo obiettivo, senza dubbio il principale e il più importante, è quello di offrire occasioni di formazione ai ministri e alle ministre, e ai volontari e volontarie che intervengono in carcere, o che hanno intenzione di farlo in futuro. Non solo, ripetiamo, a quanti si occuperanno di assistenza pastorale, ma anche a tutti coloro che intendono impegnarsi in iniziative diaconali o assistenziali. Il gruppo di lavoro organizzerà dei corsi strutturati in tre giornate di lavoro intensivo (si veda alla fine dell’articolo la scheda sul prossimo modulo pensato per l’Italia Centrale, che ci vedrà impegnati a Firenze, tra marzo e settembre 2014). Se l’iniziativa raccoglierà i consensi sperati, sarà cura del gruppo di lavoro di organizzare corsi simili nell’Italia meridionale e in quella del Nord, dove già, a Lignano Sabbiadoro (Ud) si tennero degli incontri simili negli anni scorsi. I corsi affronteranno diverse tematiche e a breve si potrà trovare sul sito della Federazione (www.fcei.it) il programma dettagliato del primo modulo. Tra gli argomenti: questioni giuridiche e burocratiche; diritto penitenziario, riflessione teologica sull’assistenza pastorale in carcere, iniziative che le chiese possono svolgere in ambito locale, dialogo interreligioso e questione migranti». – Mappatura dell’esistente, tentativo di rimuovere gli ostacoli all’accesso alle strutture penitenziarie, formazione sull’assistenza pastorale. Tutto qui, o vi prefiggete anche una riflessione e un’azione più ampia sull’emergenza carceri nel nostro Paese? – Certo, e infatti proprio questo è l’ultimo obiettivo, il più ambizioso al momento e il più velleitario se le chiese, i membri delle stesse, gli organi di informazione evangelica non coopereranno. Il gruppo potrebbe diventare il volano del dibattito sui temi della giustizia e della penalità. Già da anni i nostri Sinodi e le nostre Assemblee producono documenti di denuncia sulle condizioni di vita nelle carceri e nei Cie. Molti membri e molte comunità sono impegnate sul territorio nelle battaglie politiche in vista di una giustizia più attenta ai diritti umani e alle condizioni di vita e di lavoro in carcere. Inoltre c’è un dibattito interno e delle iniziative anche di respiro europeo e internazionale sulle ultime prospettive nell’ambito della giustizia riparativa o rigenerativa) e della mediazione. Due quelle da segnalare: la recente visita in Italia della pastora e mediatrice-facilitatrice Marinetta Cannito (che lavora sulla «restorative justice » negli Stati Uniti) e il convegno sul tema organizzato l’anno scorso a Palermo da Ipca Europe (International Prison’s Chaplains Association) e dal Centro diaconale «la Noce» di Palermo. Abbiamo tanto da dire sui temi quali la depenalizzazione di alcuni reati, su amnistia e indulto, su ergastolo e pena di morte, su tutto ciò che infiamma il dibattito odierno, ma che rischia di bruciare veloce e poi spegnersi nell’oblio, come sempre quando si parla di carcere. Visitate dunque il sito della Federazione e inviateci i vostri contributi. (26 dicembre 2013)

Fonte: http://www.riforma.it/

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