Argentina – Durante una manifestazione repressa brutalmente è deceduto il giornalista militante Facundo Morales. Una vita in prima linea a fianco dei diseredati.
Almeno inizialmente la recente notizia dell’ennesima morte di un manifestante a Buenos Aires (nei pressi dell’Obelisco, Barrio di San Nicolàs, piazza della Repubblica) non aveva suscitato echi particolari nella stampa internazionale. Del resto, per certi aspetti almeno, è ordinaria amministrazione. Pensiamo solo a quanto capita ai Mapuche.
La brutale repressione si era – letteralmente – scagliata contro un’assemblea popolare “anti elettorale” organizzata da MTR e da Votamos Luchar y Rebelion Popular. Numerosi partecipanti venivano arrestati, malmenati e picchiati. Scaraventati a terra a faccia in giù, facendo pressione sulla testa e il petto con le ginocchia (da manuale).
Stando alle primenotizie , il giornalista Facundo Morales (48 anni), mentre stava riprendendo la scena, si era permesso di segnalare che uno dei fermati, posto in tali condizioni, rischiava di soffocare. Ottenendo – pare – che il poliziotto sollevasse il ginocchio dalle testa del fermato. Tuttavia, presumibilmente a causa di un infarto (comprensibile nella concitata situazione) poco dopo Facundo cadeva a terra senza vita.
Da ulteriori testimonianze (presumibilmente più accurate) in realtà anche Facundo avrebbe subito il medesimo trattamento. Venendo a sua volta scaraventato a terra, a faccia in giù e “asfissiato”.
Figlio di un un sindacalista, Facundo Morales negli anni novanta si era trasferito in Patagonia impegnandosi nei movimenti anti neoliberisti.
Tornato a Buenos Aires, nel 2021 aveva partecipato attivamente alle mobilitazioni sociali. In seguito, ricalcando le esperienze giovanile del “CHE” a cui si ispirava, si recò in vari paesi dell’America latina (Paraguay, Perù, Ecuador,Bolivia, Colombia…).
Nel 2023 si era integrato nella colonna Teofilo Forero delle FARC da cui si allontanò, critico nei confronti del processo di pace, nel 2018.
Rientrato nel suo paese, si era dedicato alla controinformazione. Nel 2019, mentre si trovava in Bolivia per “coprire” il tentativo di golpe contro Evo Morales, venne ferito da tre proiettili durante la repressione di una manifestazione a Montero.
Rimasto in coma per quasi un mese, a causa delle ferite, oltre alla perdita di un occhio, in seguito manifestò seri problemi cardiaci. Sempre in Bolivia, dopo essere stato dimesso dall’ospedale, venne incarcerato per tredici mesi e riuscì a tornare in Argentina solamente nel 2020.
Nuovamente arrestato nel 2021 (in Patagonia) rischiava di venire estradato e incarcerato in Colombia in quanto ex appartenente alle FARC. Era tornato in libertà nel maggio 2022 per decisione della Jurisdicción Especial para la Paz de Colombia che aveva sospeso la richiesta di estrazione. Tornava quindi all’impegno come giornalista militante, fino alla tragica conclusione.
In risposta alla sua morte numerose organizzazioni per i Diritti umani, sindacati e movimenti politici (tra cui Unidad Piquetera), hanno organizzato ulteriori manifestazioni di protesta chiedendo che i responsabili vengano perseguiti.
Sulla questione era intervenuto anche il Centro de Estudios Legales y Sociales (CELS) sostenendo che “Morir por participar en una protesta no tiene nada que ver con la vida democrática” e che le autorità devono dare un “mensaje claro y contundente de que esto no puede pasar en la Argentina”.
Da segnalare nei giorni successivi, l’imponenza, la vastità delle manifestazioni di protesta per questa ennesima “morte ingiusta” di un militante esemplare.
Gianni Sartori
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