DOUALA. Qui in Cameroun la sanità è una questione importante. “Dove non lo è?” si potrebbe dire; giusto ma, forse, qui più che altrove è evidente come dalla sanità dipendano molti altri settori del benessere comune come il lavoro, l’emancipazione femminile, la lotta alla disoccupazione o il settore sociale in senso ampio. La sanità sembra quasi una chiave per aprire tante altre porte: «quando non stai bene, come fai a occuparti del resto?» mi chiede un ragazzo camerunese con cui ne discuto. Che in Italia si sia abituati bene, per ciò che riguarda la salute pubblica, è risaputo. Ma vedere che ogni prestazione qui ha un prezzo, come si trattasse di un prodotto al mercato (anzi, peggio, perché si paga in anticipo), colpisce e ferisce allo stesso modo. Anche perché le strutture sono spesso fatiscenti, con spazi e macchinari inadeguati e personale insufficiente. I fondi servono a sostenere la struttura, le spese sanitarie e gli strumenti, oltre agli stipendi del personale: questi ultimi sono pagati dallo Stato negli ospedali pubblici, ma non sempre: «quando tutto va bene» dice una dottoressa di Douala. Negli ospedali delle chiese, le tariffe per i pazienti riescono a essere un po’ più basse, ma mai gratuite.
I problemi sanitari, in Cameroun come in altri stati africani, non sono solo questi: assenza di politiche sanitarie centralizzate, difficoltà di gestione finanziaria, strutture obsolete, debiti crescenti delle amministrazioni o rapporti con lo Stato non sempre facili, per fare alcuni esempi.
Il Comitato tecnico operativo
Anche per questi motivi si sta svolgendo a Douala, Camerun, il primo incontro del comitato tecnico operativo del progetto Solidarité Santé della Cevaa (Comunità di chiese in missione) e Tavola valdese sostenuto anche con i fondi dell’Otto per mille valdese. Un progetto pilota partito nel settembre 2015 che si svilupperà fino al 2018 e che ha come obiettivi il miglioramento della gestione delle risorse materiali, umane e finanziarie nelle diverse strutture sanitarie delle chiese della Cevaa, il rinforzo dei collegamenti tra gli istituiti favorendo lo scambio di esperienze e competenze, e la definizione di una certificazione di qualità Label Cevaa che possa servire da punto di riferimento per gli altri ospedali ed eventuali progetti futuri. Rafforzare insomma la diaconia sociale, qui espressa dalle chiese con opere ospedaliere.
A ospitare l’incontro, il centro di formazione Cafrad (Centre d’Animation, Formation, Recherche et d’Appui au Développement) della Chiesa Evangelica del Cameroun, dove la Presidenza e il Segretariato della Cevaa insieme alla responsabile dell’ufficio Otto per mille valdese hanno lavorato con sei esperti, medici e operatori responsabili di differenti strutture sanitarie di diversi paesi africani. Gli ospedali all’interno del progetto sono diversi tra loro, situati in zone rurali e urbane, strutture delle chiese o in parte gestite dallo Stato: «diversi ma con problemi simili – dice Mathilde Andet Guidimti, responsabile del progetto Sante-Solidarieté – e con un differente stato di sviluppo. Abbiamo visitato ospedali in Benin, Togo, Zambia, Ghana, Lesotho, Costa d’Avorio e Cameroun per effettuare interviste, mappare le situazioni e le diverse identità, capire quale idea di sviluppo avevano di loro stessi per poi immaginare un piano strategico, che stiamo definendo in questi giorni a Douala». Non parliamo solo di fondi, ma soprattutto di mettere a sistema un modello condiviso che possa permettere agli ospedali di offrire una maggiore qualità, aumentare l’offerta e le competenze, così come le possibilità di autosostenersi.
Il Centro Cafrad
Il progetto è nato dopo una lunga riflessione all’interno della Cevaa, che fa della collaborazione paritaria tra chiese sorelle del nord e del sud del mondo il suo punto di forza «la Cevaa è una comunità di 35 chiese nella quale condividiamo anche le nostre preoccupazioni – dice Thierry Muhlbach, presidente della Cevaa – questo progetto è nato da una preoccupazione venuta dalla base, dalle chiese africane che hanno opere ospedaliere ereditate dalle vecchie missioni. La Cevaa ha accolto questa difficoltà e ha riunito dei responsabili dei diversi Paesi per organizzare un seminario per queste strutture: da quell’incontro sono nate delle raccomandazioni di maggiore scambio e rafforzamento reciproco, che qui a Douala stiamo traducendo in linee operative».
Questa è la prima esperienza di appoggio alle opere delle chiese con un progetto federale cosi grande «abbiamo già appoggiato delle opere, ma per piccoli casi singoli, mai a questo livello comunitario – dice ancora Muhlbach – quando la Tavola ci ha proposto un sostegno finanziario ho avuto paura: se ci sono dei soldi è paradossalmente più difficile lavorare insieme. Ma eravamo tutti d’accordo a rifiutare il vecchio modello missionario che cala dei fondi dall’alto, cosi come la Cevaa sostiene da 45 anni, anche per questi ospedali».
L’Otto per Mille valdese ha molti partner del mondo protestante, «sicuramente la Cevaa è uno di quelli storici – dice Susanna Pietra, responsabile dell’ufficio Opm – alla quale vengono affidati dei fondi, che saranno utilizzati secondo le nostre linee guida, che comunque saranno controllati dalla nostra Commissione e dalla Tavola. Nell’ambito del lavoro fatto insieme è emersa sempre più l’esigenza che le strutture mediche delle chiese membro della Cevaa si mettessero in rete per definire un piano di sviluppo che comprendesse come affrontare le sfide del futuro. Da qui è nata l’idea di sostenere questo primo esperimento pilota che coinvolge 9 ospedali in 7 paesi diversi».
Un progetto concreto per potenziare le opportunità e risolvere le difficoltà che affliggono queste opere, nel modo più virtuoso di tutti: insieme.
Foto Matteo De Fazio /Radio Beckwith
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