Subito dopo aver risposto alla richiesta dei discepoli, donando loro il “Padre nostro”, come esempio di preghiera con il quale bisogna relazionarsi con Dio, Gesù raccomanda loro la perseveranza, caratteristica indispensabile della preghiera, e lo fa raccontando la parabola dell’amico importuno in Luca 11. In effetti, uno dei maggiori nostri ostacoli alla preghiera è la mancanza di costanza. Lo sperimentiamo quasi tutti ogni giorno. Ci si scoraggia e si dimentica così presto di pregare! Gesù invece ci esorta a domandare, a cercare, a bussare “senza stancarsi mai”. Egli dunque non ci dice solo di pregare, ma ci chiede di insistere. Tutti i particolari di questa breve parabola mostrano la situazione reale di noi credenti che spesso fatichiamo a vivere la preghiera in modo così costante con Dio.
Notate, Gesù usa proprio quest’ora della giornata, mezzanotte, perché è il tempo in cui si è più stanchi e normalmente si dorme. Proprio in quel momento, racconta Gesù, giunge un amico da un lungo viaggio e un uomo vorrebbe rispondere ai doveri dell’ospitalità, ma non avendo nulla da dargli da mangiare, l’uomo si fa coraggio e va a bussare da un altro amico. Ovviamente chi importuna un altro a mezzanotte lo fa con fatica, non con animo tranquillo. Ma Gesù ci esorta e ci dice: “Anche se siete titubanti, insistete nel chiedere. Non lasciatevi prendere dallo scoraggiamento, andate comunque, insistete”. L’amico va e bussa; ma la risposta non è buona, e deve continuare a bussare. Finché, l’altro dall’interno, si alza dal letto e gli dà ciò che l’amico gli ha chiesto con insistenza.
Leggendo questa parabola di Gesù, la domanda che nasce spontanea è: come mai Dio vuole e attende la nostra insistenza? Non dice forse la Bibbia, che lui sa prima di noi, ciò di cui abbiamo bisogno? Certo, è vero. Credo che Dio voglia e attenda la nostra insistenza, innanzitutto per vedere la nostra perseveranza e il desiderio che abbiamo di preghiera, di comunione con Lui. Agostino diceva “Il tuo desiderio è la tua preghiera: se continuo è il tuo desiderio, continua è pure la tua preghiera”. In secondo luogo credo che Lui si aspetti che siamo degli insistenti, dei perseveranti, dei violenti spirituali; la Bibbia dice infatti che il regno dei cieli è preso a forza e che i violenti se ne impadroniscono.
Allora qualcuno obietterà e potrebbe dire di aver domandato cose buone al Padre celeste e di non averle ottenute. Il problema è questo: dobbiamo capire secondo quale criterio si debbano giudicare buone le cose che chiediamo, se secondo il nostro criterio personale o secondo quello di Dio. Se non siamo attenti, è molto facile che non chiediamo ciò che Dio desidera; e allora ciò che chiediamo non è buono per noi. Può accadere che ci rivolgiamo a Dio chiedendogli qualcosa senza la fede, cioè senza aver giudicato alla luce della fede l’oggetto della nostra domanda. Giacomo dice “non avete, perché non domandate; domandate e non ricevete, perché domandate male per spendere nei vostri piaceri”.
Allora, chi non è capace di chiedere? Chi non è capace di bussare, di cercare? Solo chi si riconosce bisognoso è pronto a chiedere con insistenza; chi invece si crede sicuro di sé e autosufficiente non sente alcuna necessità di tendere la mano né di aprire il cuore e accogliere qualcosa che venga dal di fuori. Questo è il primo insegnamento che Gesù vuole darci. Ma non è tutto. Egli aggiunge che, se noi sappiamo dare cose buone ai nostri figli, ancor più il Padre che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano.
Se abbiamo incertezza in questo, come i discepoli, Gesù insiste perché ogni incertezza sia allontanata. Con sei affermazioni ci rassicura: “Chiedete, cercate, bussate; riceverete, troverete, vi sarà aperto”. Il Signore ci fa passare dai bisogni che abbiamo al bisogno che siamo. Se abbiamo bisogno dei suoi doni, siamo soprattutto bisognosi di lui.
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