“O Signore, al mattino tu ascolti la mia voce; al mattino ti offro la mia preghiera e attendo un tuo cenno…” (Salmo 5:3)
Nella nostra relazione con Dio chi parla di più siamo noi credenti
Facciamoci caso, quando siamo a tu per tu col Signore, magari nell’intimità della cameretta segreta, per la maggior parte del tempo siamo noi che parliamo. In questo non c’è nulla di sbagliato se lo facciamo per ringraziarLo o lodarLo o adorarLo. Non è neanche sbagliato presentare a Dio le nostre richieste, fino a implorare la Sua attenzione, in modo che possa ascoltare per intervenire nei fatti della nostra vita con benevolenza, misericordia e compassione.
Questo è quello che fa il salmista Davide nei vv. 1,2: “Porgi l’orecchio alle mie parole, o Signore, sii attento ai miei sospiri. Odi il mio grido d’aiuto, o mio Re e mio Dio, perché a te rivolgo la mia preghiera”. In queste parole egli cerca di richiamare l’attenzione di Dio. Dobbiamo riconoscere che molte volte il tempo della nostra preghiera finisce subito dopo le nostre richieste. Immediatamente dopo c’è altro che ci attende… Tuttavia il Signore ci invita a concentrarci anche sul dopo. E lo fa in modi diversi, perché diversi siamo noi, ma con uno stesso obiettivo: quello di non rendere incompiuta la nostra preghiera!
Il silenzio dell’ascolto e dell’attesa non è facile!
Anzi, non è per nulla facile! Infatti, a volte Dio deve fare con noi come fece con Giobbe. Dopo più di trenta capitoli tra dialoghi e repliche, Dio “si spazientì” un po’ e gli mandò il Suo messaggero Eliu, che nel cap. 33 ai versi 14-18 disse a Giobbe: “Dio parla una volta, e anche due, ma l’uomo non ci bada; parla per via di sogni, di visioni notturne, quando un sonno profondo cade sui mortali, quando sui loro letti essi giacciono assopiti; allora egli apre i loro orecchi e dà loro in segreto degli ammonimenti, per distogliere l’uomo dal suo modo di agire e tenere lontano da lui la superbia; per salvargli l’anima dalla fossa, la vita dalla freccia mortale”. E subito dopo, nei vv. 31-33 richiamerà con forza la sua attenzione: “Sta’ attento, Giobbe, dammi ascolto; taci, e io parlerò. Se hai qualcosa da dire, rispondimi, parla, perché io vorrei poterti dare ragione. Se no, tu dammi ascolto, taci, e t’insegnerò la saggezza”. Quanto è doloroso sentirsi dire per due volte “taci!” Ma se non capiamo prima che dobbiamo metterci in ascolto, il Signore deve impiegare altri metodi. Beati noi quando tacciamo e iniziamo ad ascoltare…
Il silenzio dell’ascolto e dell’attesa richiede esercizio
È quello che dice Davide nel v. 3: “…al mattino ti offro la mia preghiera e attendo un tuo cenno”.
Questa attesa è una grande conquista che contiene due azioni: attendere in silenzio con pazienza e tenere lo sguardo fisso sul Signore.
Questo trova un altro bellissimo esempio nel Salmo 123:1,2: “A te alzo gli occhi, a te che siedi nei cieli! Ecco, come gli occhi dei servi guardano la mano del loro padrone, come gli occhi della serva guardano la mano della sua padrona, così gli occhi nostri sono rivolti al Signore, al nostro Dio, finché egli abbia pietà di noi”. Che scena preziosa! È pervasa dal silenzio dell’attesa! Si tratta di un’attesa di fede da parte di chi ha confidenza con i modi del Signore, con i Suoi cenni, con la Sua Parola. E noi? Se siamo Suoi servi, esercitiamoci! Prima di concludere il nostro tempo di preghiera, impegniamoci a tenere gli occhi puntati silenziosamente su quel cenno…
Il silenzio dell’ascolto e dell’attesa è benedetto da Dio
Se stiamo in silenzio davanti al Signore, e Lo aspettiamo, Lui arriva! È arrivato per Giobbe. È arrivato per Davide, che nel Salmo 40:1 dirà: “Ho pazientemente aspettato il Signore, ed egli si è chinato su di me e ha ascoltato il mio grido”. È arrivato per tanti di noi, testimoni della fedeltà e della puntualità di Dio in numerose circostanze. Fratello, sorella, arriverà anche per te!
Elio Varricchione
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