Il senso della vita nella Maratona…

Maratona è una località nel sud della Grecia che dà il nome alla gara olimpica di corsa su strada più lunga. Per capire il perché della nascita della maratona (42,195 km) occorre tornare al 490 a.C., data della battaglia che oppose gli Ateniesi ai Persiani, nella piana di Maratona appunto, a poco più di 40 km da Atene. Nella storia raccontata da Erodoto, compare la figura di Filippide, di professione emerodromo, in altre parole l’emissario di generali e politici che trasmetteva i messaggi, semplicemente, correndo da un punto all’altro della Grecia. Gli emerodromi dovevano essere molto allenati, perché in grado di percorrere circa 100 km in poco meno di otto ore su terreni aspri e selvaggi. Ma Filippide non percorse soltanto il tratto da Maratona ad Atene per annunciare la vittoria degli Ateniesi sui Persiani; giacché, alcuni giorni prima aveva corso, il tratto Atene-Sparta e ritorno (500 km) in poco meno di 48 ore, per cercare aiuto presso gli Spartani. La leggenda racconta che Filippide, al termine dell’ultima corsa Maratona-Atene, morì per il grande sforzo fisico, a cagione dei suoi ideali e della sua fedeltà ad Atene!

Oggi, a distanza di 2500 anni il podista si esercita molto per sviluppare la necessaria autonomia di corsa per concludere la maratona, questo avviene solitamente attraverso mesi di un estenuante allenamento.  Una similitudine che calza a pennello con ciò che dovrebbe fare ogni buon cristiano per prepararsi alla maratona della vita. Ogni buon cristiano, infatti, ha la possibilità di prepararsi per la propria personale maratona da vincitore, attraverso l’amore, le opere e la preghiera.  Inoltre, durante la preparazione mentre il podista fa esercizi di respirazione e di mobilità articolare anche noi abbiamo la possibilità di prepararci e mettendo in pratica con le nostre opere, la parola di Dio e dimorando nel suo amore possiamo nutrire il nostro spirito attraverso l’evangelo e far si che l’allenamento porti frutti.

Il Signore nella Sua parola ci rivela chiaramente come allenarci per arrivare sicuri al traguardo da vincitori ed ereditare il premio della vita eterna; in Luca 10:25-28 leggiamo che un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?». Costui rispose: « Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso». E Gesù: «Hai risposto bene; fa questo e vivrai».

Cerchiamo di svuotare il nostro carattere e di prepararci per la corsa, alleniamoci continuamente attraverso la preghiera, e lo Spirito Santo che abbiamo ricevuto ci guiderà. Nella palestra che il Signore ci mette a disposizione, ci sono degli attrezzi che possono renderci imbattibili, perché il nostro avversario è veramente forte, lui conosce le nostre capacità, lui ci ha studiato e ci studia continuamente, conosce i nostri punti deboli e lungo la corsa cerca di attuare le sue strategie per scoraggiarci, farci sentire inutili  e quantunque il nostro temperamento è forte lungo il percorso lui ci mette veramente alla prova attraverso gli sforzi, le prove e le mille astuzie, per farci cadere e per non farci arrivare al traguardo, come vincitori. Infatti, per un cristiano, chiaramente non è biblico il detto “non è importante vincere ma partecipare”, perché Lui ha preparato un premio per noi, ha preparato un luogo, dove potremo dimorare con il Signore per tutta l’eternità!

“Chi vince io lo farò una colonna nel tempio del mio Dio, ed egli non uscirà mai più fuori; e scriverò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio, della nuova Gerusalemme che scende dal cielo da presso il mio Dio, e il mio nuovo nome” Apoc. 3:12.

Pensiamo per un istante al paralitico di Betesda raccontatoci in Giov. 5:1-9, quando ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici, i quali aspettavano l’agitarsi dell’acqua.  Perché un angelo, in certi momenti, scendeva nella piscina e agitava l’acqua; e il primo che vi entrava, dopo che l’acqua era agitata, era guarito da qualsiasi malattia fosse affetto. Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?». Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina». E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare. Erano tanti i partecipanti, vicino a quella piscina, che volevano arrivare per primi, nessuno era lì per partecipare ma tutti erano lì per vincere la guarigione; e quel paralitico dopo 38 anni era ancora lì, poiché voleva anche lui vincere il premio; e dopo una lunghissima attesa, dopo scoraggiamenti, delusioni e lunghe prove vinse il doppio premio! Fu doppio, perché oltre ad aver ottenuto la guarigione, ebbe l’onore e la gloria di aver incontrato Gesù, colui che lo aveva guarito. Ma attenzione Gesù gli disse: “Ecco che sei guarito, non peccare più”. Che cosa stava facendo di male? Perché viene associata la malattia al peccato? E che cosa può accadergli di peggio, dopo 38 anni passati con una paralisi?

Chiunque di noi viene meno o vive momenti di sconforto, di delusione, chiunque inizia a tremare e a scoraggiarsi quando crede di non farcela, ma l’importante è non mollare, rimanere aggrappati alla nostra fede, perché è la costanza, il carattere e l’attitudine che ci porta a ottenere il premio. Sappiamo che alla fine del percorso c’è il Signore, come si trovava lì tra gli esclusi, in mezzo a loro, nella piscina di Betesda e così, lo troveremo lì, al traguardo della nostra maratona, ad aspettarci.

 Il nostro compito è di guardare avanti, senza distrazioni, al compitore perfetto della nostra fede, perché sappiamo che alla fine della corsa c’è il traguardo, lì c’è il premio ed è proprio lì che saremo trasformati in un corpo glorioso e incorruttibile per tutta l’eternità!

Fratelli, non ritengo di avere già ottenuto il premio, ma faccio una cosa: dimenticando le cose che stanno dietro e protendendomi verso le cose che stanno davanti, proseguo il corso verso la méta verso il premio della suprema vocazione di Dio in Cristo Gesù. (Filippesi 3:13-14)

Per essere vincitori bisogna svuotarsi del proprio io, ma la vittoria sappiamo che possiamo averla attraverso la preghiera e l’amore per Dio e per il prossimo, perché se non c’è questo santo e sacro amore non taglieremo mai il traguardo. Oggi la chiesa sta diventando  lentamente frivola, fredda e indifferente, dicono di amare Dio ma poi col cuore sono lontani da Lui.  Ma la nostra parola d’ordine è “andare avanti”, non guardando né a destra né a sinistra ma affrontando con dignità le prove e rimanendo fermi nel firmamento di Cristo “nel mondo avrete tribolazione, ma fatevi animo, io ho vinto il mondo” Gv.16:33.

Abbiamo un maestro che ci insegna a vivere e ci guida verso un percorso lungo e tortuoso, andiamo avanti! Anche quando il percorso sembra molto insidioso o anche quando il caldo è asfissiante e il sole picchia sulla nostra testa e cerca di annebbiarci la vista, sforziamoci di rimanere in piedi e di equilibrare le nostre energie, pensiamo solo a quello e non alle strategie contro i nostri avversari, perché se prima non abbiamo raggiunto un equilibrio stabile e duraturo tra Dio e noi stessi, la caduta alla fine sarà certa!

Durante la maratona è inevitabile che le gambe si stanchino e si senta il peso della fatica, questa stanchezza fisica ci condiziona a tal punto che ci stanchiamo di lottare e ci fermiamo a pensare qual’è la strategia vincente che ci porta più rapidamente al traguardo, e soprattutto cerchiamo di capire e vedere le cose dalla nostra prospettiva prima di andare avanti; questo finché non siamo entrati nel santuario di Dio, e sentita la Sua presenza; quando poi lo spirito si connette a Dio, come abbiamo sperimentato, allora vediamo le cose con gli occhi di Dio, e nulla più temeremo per tutto il tempo che correremo quella corsa!

Questa dura maratona rappresenta un po’ la nostra vita, si nasce, si cresce e si corre lungo la strada della vita, sino ad arrivare un giorno alle porte della casa celeste; grazie Signore per questa meravigliosa certezza che hai messo nel nostro cuore!

Ecco, io vengo presto e il mio premio è con me, per rendere ad ognuno secondo ciò che sarà l’opera sua Apoc. 22:12.

Pietro Proietto | Notiziecristiane.com

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