Negli ultimi tempi è emerso con forza il ruolo delle donne in attacchi e attentati. In Indonesia le ragazze vengono contattate da gruppi radicali fin da giovani. Ma poi molte lavorano anche in programmi di prevenzione dell’estremismo e a favore della pace.
Jakarta (AsiaNews) – Negli ultimi tempi in Indonesia è emerso il ruolo svolto dalle donne all’interno dei gruppi terroristici: a ottobre una donna armata ha tentato di irrompere nel palazzo presidenziale, mentre l’anno scorso due donne erano coinvolte in attentati contro una cattedrale e contro il quartier nazionale della polizia a Jakarta. Nel 2017 tre cittadine sono state arrestate prima che potessero compiere attentati. E questi sono solo alcuni esempi.
Eppure secondo gli esperti le donne giocano un ruolo cruciale anche nella prevenzione e nella risposta alla radicalizzazione. Il South China Morning Post ha raccontato la storia di Nisfi Lailatin, che da adolescente è entrata in contatto con alcuni estremisti musulmani: “Sembrava un gruppo esclusivo. Sono introversa, quindi ho sentito che si adattava alla mia personalità “, ha spiegato Nisfi. “E non avevo nessuno che mi consigliasse di non farlo.”
Cresciuta in una normale famiglia di Giava centrale, riconosce che in quel periodo le è stato fatto un “lavaggio del cervello”: ha smesso di studiare, non voleva più andare all’università, il suo unico obiettivo era “imparare il Corano a memoria” e frequentare una scuola a Situbondo, a Giava orientale, dove le avevano detto che avrebbe potuto ottenere una borsa di studio per andare a studiare in Medio Oriente.
“Stavano prendendo di mira soprattutto le donne”, ha detto. “Volevano convincerci a essere i loro martiri.” A salvarla dalla completa radicalizzazione è stato uno zio, che resosi conto del cambiamento della nipote è andato a prelevarla alla scuola islamica e l’ha inserita in un programma di deradicalizzazione.
Un rapporto pubblicato l’anno scorso dal Soufan Centre metteva in evidenza che dal 2015 sempre più donne sono state arrestate per azioni terroristiche in Indonesia, Singapore e Malaysia. Secondo gli esperti lo Stato islamico ha rinnovato le modalità di reclutamento, coinvolgendo sempre di più la componente femminile perché desta meno sospetti.
In passato il ruolo delle donne era legato alla raccolta fondi, al sostegno logistico oppure aveva lo scopo di sedimentare alleanze attraverso matrimoni strategici. Molte donne indonesiane rimaste vedove di un “martire” dello Stato islamico sono state prese in sposa da altri combattenti stranieri, approfondendo i legami internazionali. Con l’ascesa dell’Isis le donne hanno cominciato a ricoprire ruoli operativi e molte sono state coinvolte nel reclutamento di altre ragazze attraverso i social.
Una ricerca di due anni fa metteva in evidenza le lacune del governo indonesiano nel contrastare la minaccia data dalla radicalizzazione delle donne, a causa del concetto conservatore di “maharim”, secondo cui una donna musulmana non può interagire con uomini che non appartengono alla propria cerchia ristretta di familiari. Il fatto che le forze di sicurezza siano in prevalenza composte da uomini ha impedito interrogatori, infiltrazione e azioni di sorveglianza.
Ma le donne hanno svolto anche importanti ruoli di deradicalizzazione, convincendo figli e mariti ad abbandonare la strada dell’estremismo. Un caso è quello di un ex terrorista, Asep Jaja, condannato all’ergastolo ma convinto dalla moglie e dalla madre a convertirsi in un attivista pacifista.
L’agenzia UN Women insieme alla Wahid Foundation ha creato 20 “villaggi della pace”, in cui le donne lavorano per prevenire l’estremismo violento. Il programma si propone di rendere le donne protagoniste, puntando a prevenire i conflitti e l’intolleranza religiosa. La fondazione svolge soprattutto attività di formazione e alfabetizzazione, che nel 2021 sono state lodate e apprezzate anche Andhika Chrisnayudhanto, delegato per la cooperazione internazionale dell’Agenzia nazionale antiterrorismo e terrorismo.
Sostieni la redazione di Notizie Cristiane con una donazione, clicca qui