Che il primato dell’entusiasmo, tra i celebratori di papa Francesco, spetti, senza rivali, a Eugenio Scalfari, è noto da tempo. In onore del pontefice, il decano dei giornalisti italiani aggiunge al suo tradizionale, e non proprio sintetico, intervento domenicale una sorta di saggio infrasettimanale, che appare nelle pagine culturali (così è…) di Repubblica del 1 luglio.
Non inganni la modestia dell’occhiello: «Il personaggio». Una simile qualifica si adatterebbe anche ad Angela Merkel, a Matteo Renzi o a Leo Messi. Che Francesco sia ben altro, credo sia convinzione di tutti. Ad esempio, dice (a mio avviso giustamente) Scalfari, egli è un Pastore (con la P maiuscola, per il giornalista). Ma, e qui è il punto, non è solo questo. E’ un suo amico, si vedono spesso; ma è anche un Profeta (sempre con la P maiuscola, che di solito non si concede nemmeno a Isaia). L’affermazione è impegnativa, ma gli argomenti che la sostengono sono addirittura mirabolanti. Intanto, tenetevi forte, nel magistero del Pontefice la «Trinità cambia natura». Qual era la natura della Trinità prima di Francesco? Era un mistero. Ora non lo è più, perché «lo Spirito santo è lo Spirito di Dio che suscita la vocazione al bene». Questa sarebbe la rivoluzione trinitaria del papa. Per questa volta, il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede può dormire tranquillo.
«Forse però papa Francesco non ha ancora tratto una conseguenza teologica da questa visione profetica». Ne sarete turbati, ma niente paura, Scalfari la trae per lui ed è questa: «Lui [il papa] non è più il Vicario di Gesù Cristo in terra». Il lettore evangelico vive un attimo di sospeso entusiasmo: vuoi vedere che ci sono arrivati anche i laici italiani? Non è mai troppo tardi. Ma la delusione si abbatte violenta: «E’ il Vicario di Dio perché Cristo non è che l’amore di Dio, non un Dio diverso». Chi l’avrebbe mai detto? A questo punto il fondatore diRepubblica è incontenibile, spazia impunito dalla dogmatica all’esegesi, spiega a tutti quelli che non lo sanno che gli evangelisti («tranne forse Giovanni»: un lampo di luce innovativa nella critica biblica) non hanno conosciuto il Gesù della storia, che però «probabilmente è esistito»; ci insegna, Scalfari, che l’espressione «Dio degli eserciti» si riferisce anche agli eserciti di fedeli. Il papato è stato un potere politico, ma adesso non lo è più e Francesco si dedica a «riunificare il cristianesimo, foglia dopo foglia, ramo dopo ramo». In quest’opera ecumenica, che vuole «aprire la Chiesa a tutte le comunità protestanti, vuole riunirle», Francesco incontra i Valdesi (anzi, il loro «rappresentante»), che «non sono molti [questo lo sa anche Scalfari, mannaggia…] ma religiosamente sono una comunità importante e rispettata». Grazie.
Ma, rispettati o no, chi sono costoro? Intanto, sono «catari». Provengono, prendete nota, dall’Europa centrale, attraversano (da est a ovest, par di capire) la pianura padana, giungono a Marsiglia dove vengono massacrati «dalle truppe francesi», finché Valdo (deve trattarsi di un «Valdo di Marsiglia» finora ignoto agli studi), giunto nelle valli piemontesi, «decise di fermarsi». Che dire, di fronte a tale sventagliata di novità teologiche e storiche? Nello stupore quasi estatico, il mio mutismo è rotto solo dalla parafrasi di una vecchia battuta di un comico che mi strappava sempre una risata: «Lo sapevate? Sapevatelo, su Scalfari channel!».
P.S. Per riconciliarmi con Scalfari, sono andato a rileggermi alcune pagine di La sera andavamo in via Veneto, un libro assai gradevole, che racconta in punta di penna una pagina importante, anche se purtroppo cancellata, della cultura civile e politica italiana. Ma chi glielo ha fatto fare, a Scalfari, di darsi alla teologia?!
Fulvio Ferrario
da: Riforma.it/it/
Foto: “Eugenio Scalfari by Francesca Marchi – International Journalism Festival 2011” by International Journalism Festival –http://www.flickr.com/photos/journalismfestival/6322141208/. Licensed under CC BY-SA 2.0 via Wikimedia Commons.
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