Acquistare è una forma di potere? Sì, il potere di decidere! E se ci riflettessimo un po’ sopra?
(Laurence Roux-Fouillet) Da settimane ormai le vetrine dei negozi ci attirano con i loro riflessi luccicanti. Regali, giocattoli e prelibatezze ci fanno gli occhi dolci. Allo stesso tempo molti fanno i conti e usano prudenza, perché la fine del mese arriva sempre più presto e si fa sempre più fatica a soddisfare i bisogni primari. Consumare e spendere restano desideri che ci inducono a credere che ci realizziamo nella misura in cui abbiamo, possediamo più del necessario: nuovi giocattoli high-tech, abiti firmati, accessori di lusso o prodotti di bellezza… ci rendono più belli e più felici, ci rassicurano. Ci fanno “esistere”. Sì, apparteniamo alla società dei consumi e intendiamo difendere il nostro “potere d’acquisto”.
In un momento in cui ci si interroga anche sul depauperamento delle nostre risorse (avremmo bisogno di due pianeti e mezzo per sostenere il nostro livello di consumo mondiale) produrre a oltranza è per alcuni sinonimo di accelerazione della nostra distruzione. Tra un secolo e mezzo la specie umana sarà riuscita a compromettere l’ecosistema nel quale vive, senza sempre rendersi conto che quella che sta provocando potrebbe essere la sua stessa estinzione. Tuttavia veniamo spinti a consumare di più: meno costoso e quindi di più, attraverso mille promozioni, un po’ vere e un po’ false, alle quali accediamo in un “Black Friday” o in un “Cyber Monday”. Tra decrescita e iperconsumismo, da quale parte dobbiamo scegliere di stare?
Consumare in modo diverso
Alcuni hanno capito che non bisogna biasimare i consumatori, non più di coloro che non hanno altra scelta che utilizzare la propria auto. Consumare sì, ma in modo diverso. Nessuno desidera vivere in una grotta a lume di candela. Tanto meglio: la nostra società non è mai stata così fantasiosa nel conciliare la capacità di accedere a un certo livello di beni o di servizi e l’attenzione verso l’ambiente e persino verso le persone.
Così l’economia circolare incoraggia a usare ciò che abbiamo già, a reintrodurlo nel ciclo del consumo piuttosto che produrlo di nuovo. In certi campi si è capito che non serve a nulla possedere un oggetto dal momento che si ha libero accesso al suo utilizzo. Attrezzi per il bricolage, elettrodomestici sofisticati – dei quali è stato dimostrato che servono al massimo due o tre volte all’anno – possono senz’altro essere condivisi da più economie domestiche.
Uno youtuber ecoresponsabile ha pubblicato di recente il suo trucco per avere sempre l’attrezzo di cui ha bisogno: mette nell’ascensore del condominio in cui abita un annuncio con ciò che cerca e il proprio numero di telefono e prima della fine della settimana riceve diverse chiamate da vicini gentili disposti a prestargli l’attrezzo che gli serve. I nostri vicini, i nostri amici, quante comunità con cui possiamo praticare la solidarietà di prossimità!
Diventare consumatori illuminati
Oggi l’obsolescenza programmata irrita il consumatore: ci rendiamo conto che possiamo riparare, trasformare, riciclare. Dal piccolo elettrodomestico ai vestiti e agli smartphone, tutto oggi conosce più facilmente una seconda vita. In rete non si contano più i tutorial che insegnano a riparare qualsiasi cosa o quasi e dietro l’angolo sorgono “caffè riparazione” e negozi dell’usato.
Il consumatore diventa sempre di più un “consumattore”: è portatore d’interesse nel processo di acquisto. E il suo interesse riguarda anche il modo in cui i beni vengono prodotti così come il comportamento fiscale o sociale dell’impresa che li fabbrica. Nascono nuove piattaforme per rendere attenti gli acquirenti sulla responsabilità sociale d’impresa. BuyorNot è un buon esempio. Questa applicazione permette, mediante la scansione di un prodotto, di conoscere meglio l’azienda che lo fabbrica. Quando scoprite quello che c’è dietro una società, il suo comportamento nei confronti dei dipendenti, il suo modo di sfruttare le risorse naturali o la sua tendenza a delocalizzare o peggio a evadere le imposte, avete ancora voglia di arricchirla? O preferite spendere i vostri sudati soldi acquistando da un’altra società più rispettosa? La rivoluzione è nel carrello della spesa. La vostra carta di credito è più potente della vostra scheda elettorale! Non ne volete più? Non compratene più e i produttori dovranno smettere di fabbricarne.
Il successo delle “giornate senza consumo” o delle “giornate senza acquisti” mostra l’impatto diretto della decisione del consumatore sulla cifra d’affari dell’impresa. Questo la incoraggia a comportarsi in maniera più etica, anche se il suo obiettivo sarà sempre il profitto. E nel campo del consumo le persone che hanno più potere (per una volta) sono le donne. Un po’ dappertutto nel mondo le donne sono responsabili del 60/70% degli acquisti e non perché più spendaccione degli uomini. Oltre che per sé decidono per la propria famiglia e per la propria economia domestica. Si noti inoltre che sono sempre loro i soggetti più sensibili alle questioni ambientali, sanitarie e etiche… Infine, basterebbe che le donne cambiassero radicalmente il loro atteggiamento verso il consumo per ribaltare tutto. Un vero potere, sul quale sarebbe bene riflettere. (da Inspirations; trad. it G. M. Schmitt; adat. P. Tognina)
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