Il mito di al-Andalus infiamma i jihadisti spagnoli

Dopo l’attacco terroristico di giovedì pomeriggio alla rambla di Barcellona, lo scontro a fuoco alla periferia della città in cui è stato ucciso un uomo che non si era fermato a un posto di blocco della polizia e poi la sparatoria a Cambrils a sud del capoluogo catalano, poche ore dopo, in cui sono morti 5 terroristi ed è stato a quanto pare sventato un attentato dinamitardo, appare chiaro che la Spagna è entrata nel mirino del terrorismo islamico.

Possono essere diverse le ragioni per colpire un paese sostanzialmente risparmiato dal jihadismo dopo la strage di Atocha che l’11 marzo 2004 quando al-Qaeda piazzò 4 ordigni su altrettanti treni di pendolari in arrivo nella stazione madrilena provocando 192 morti ed oltre 1.800 feriti tre giorni prima delle elezioni.

“Al Andalus è la terra dei nostri avi e noi la riprenderemo con la forza di Allah” aveva detto il califfo Abu Bakr al Baghdadi ricordando i 750 anni di dominio arabo su gran parte della Penisola iberica iniziato con l’invasione da parte della dinastia degli Omayyaddi (di cui il Califfato pretende di essere la riedizione contemporanea) e interrotto dalla “reconquista” spagnola completata solo nel 1492 (l’anno della scoperta dell’America) con la liberazione di Granada.

Solo due settimane fa, ha riferito il sito americano che monitora l’estremismo jihadista sul web, i sostenitori dell’Isis avevano annunciato la riconquista dell’al-Andalus e un “attacco imminente”.

Il primo proclama dell’Isis in lingua spagnola è stato reso noto nel luglio 2016, sottotitolat,o e secondo gli esperti è stato forse realizzato da cellule presenti in Spagna. In successivi documenti e video la Spagna è l’unico Paese non musulmano citato, a conferma di come al-Andalus venga considerata parte integrante del progetto del Califfato.

Nel maggio scorso arrivarono le minacce rivolte alla partecipazione spagnola alla Coalizione internazionale costituita nell’agosto 2014 sotto l’egida di Washington per combattere l’Isis in Iraq: “Uccideremo ogni infedele spagnolo che incontreremo nella nostra terra. Vi uccideremo nelle vostre città e nei vostri villaggi allo stesso modo in cui uccidete le nostre famiglie”.

Ad animare i jihadisti non c’è solo la questione storica della dominazione araba in Spagna ma soprattutto il ruolo militare della Spagna nella Coalizione a guida USA che combatte l’Isis da tre anni anche se molto inferiore a quello ricoperto da altri Stati europei (Italia inclusa) che hanno inviato più truppe, elicotteri, aerei da combattimento e forze speciali. Il contributo spagnolo alla Coalizione è infatti limitato a 480 militari con compiti logistici e di addestramento delle forze curde e dei poliziotti iracheni.

La minaccia terroristica è cresciuta prigressivamente negli ultimi tempi. A gennaio di quest’anno le forze di sicurezza spagnole hanno intercettato numerosi messaggi inviati dai foreign fighters in Iraq e Siria che esortavano ad “attaccare” rifacendosi al noto proclama di tre anni or sono di Mohammed al-Adnani, il capo della propaganda dell’Isis ucciso un anno or sono da un drone americano in Iraq che incitava gli aderenti allo Stato Islamico, anche privi di addestramento militare e di armi, a colpire gli infedeli con ogni mezzo, inclusi coltelli, veicoli e veleno.

In diretta concorrenza con l’Isis, anche al-Qaeda nel Maghreb Islamico aveva lanciato quasi contemporaneamente un appello a colpire Madrid per “riconquistare all’islam” le énclaves spagnole in territorio marocchino di Ceuta e Melilla con un video diffuso nel gennaio scorso.

Nelle scorse settimane la Cia aveva avvertito in un rapporto inviato alla polizia spagnola del rischio di un possibile attentato jihadista a Barcellona, secondo quanto rivelato dal giornale El Periodico. Due settimane fa, secondo il quotidiano, un account su twitter considerato vicino all’Isis aveva annunciato un attentato imminente in “al-Andalus” ma le minacce contro la Spagna sono però sempre state frequenti nei siti vicini al gruppo terrorista islamico.

Le stime sul numero dei foreign fighters riferiscono di circa 200 tra cittadini spagnoli e marocchini residenti in Spagna recatisi a combattere in Iraq e Siria, quasi tutti di età compresa tra 20 e 30 anni. Di questi almeno una quarantina sono rientrati nella penisola iberica. Dal 2015 le forze di sicurezza spagnole hanno effettuato un centinaio di operazioni contro jihadisti e reclutatori arrestando quasi 200 persone mentre sono 800 i radicalizzati islamici presenti in Spagna dei quali almeno un centinaio in grado di compiere azioni terroristiche.

Del resto l’attacco alla rambla di Barcellona e il gruppo di terroristi uccisi a Cambrils sembrano indicare che contro la Spagna sia stata messa a punto una serie di attentati a breve distanza uno dall’altro.

di Gianandrea Gaiani | Lanuovabq.it


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