“In America si può abortire fino al giorno del parto, anzi anche durante il parto: praticano un taglio nella parte posteriore del collo del bambino, ecco, proprio qui, e aspirano il cervello”: sono state le parole terribili di Gianna Jessen, aprendo l’altra sera il suo tour italiano.
E’ una donna americana di 39 anni che la madre nell’aprile del 1977 ha tentato di abortire al settimo mese e mezzo di gravidanza con un aborto salino, un’iniezione nella pancia della mamma e direttamente nel bambino. Avrebbe dovuto nascere morta, cieca, ustionata, corrosa dentro e invece dopo diciotto ore di lotta è nata viva, novecento grammi e in fin di vita. Avrebbe dovuto essere strangolata, soffocata o semplicemente lasciata morire in un angolo, come era prassi negli Stati Uniti prima che entrasse nel 2002 in vigore una legge voluta da Bush – “Born alive infants protection act”: invece quando è nata il medico abortista che doveva firmare la sua morte non era di turno e un’infermiera poté chiamare un’ambulanza per portarla in un ospedale in grado di salvarla.
“Non sopravvivrà” fu il verdetto dei medici: è sopravvissuta. Non camminerà mai: grazie alla mamma adottiva Penny e a ore e ore di fisioterapia a tre anni con l’aiuto di un girello e di tutori alle gambe è riuscita a camminare, e continua a camminare anche se con qualche difficoltà. Un fatto che testimonia il miracolo: nel 2005 ha corso la sua prima maratona. “Ho impiegato sette ore – spiega nell’incontro a Como, presenti oltre 800 persone di cui 400 ragazzi tra i tredici e i venticinque anni -. Quando ho tagliato il traguardo non c’era più nessuno e avevano già mangiato tutti i dolci”.
Gianna Jessen si considera “La bambina di Dio” e ha parlato e parlato di Gesù al quale deve tutto: l’ha spiegato anche in una conferenza davanti al congresso degli Stati Uniti d’America. Su You Tube si trovano alcuni suoi video sottotitolati in italiano.
Giustamente ce l’ha con le femministe: “Se l’aborto è una questione di diritto, dov’erano i miei? La mia missione è quella di portare un po’ di umanità in un dibattito che è diventato una semplice questione”. Parole scontate verrebbe da dire a chi ha visto in dvd – in inglese con sottotitoli in italiano – il film “October Baby” ispirato alla sua biografia, “Aborted and live in tell about”. Una domanda: comprensibile che i grandi poli editoriali italiani “laici” non la pubblichino, ma le case editrici cristiane dove sono?
Le parole che hanno sorpreso tutti sono state quelle rivolte ai giovani, duecento dei quali a fine conferenza si sono messi in coda per poterle parlare un minuto, fin oltre l’una di notte, “I am very tired”. Le parole dirette ai giovani sono andate al di là dello stretto problema dell’aborto: “Quasi tutte le persone si adeguano a un amore mediocre, moltissimi giovani non cercano un amore vero. Ascoltatemi: voi ragazzi siete fatti per cose grandiose, non per una vita passiva. E voi, ragazze, fatevi cercare, noi siamo fatte per essere adorate, dovete farvi trattare bene e farvi offrire le cene, ma non una cena qualunque, una buona cena! Cercate di non avere la tendenza a controllare tutto e, se avete avuto un cattivo rapporto con il padre, è meglio non cominciare una relazione: dovete prima guarire. Ragazzi, se avete avuto un padre che non vi ha mostrato come deve essere un vero uomo, correte da Gesù e chiedete a Lui come esserlo, ricordatevi che non siete fatti per usare una donna e poi andarvene via, non per essere attaccati alla pornografia, voi siete creati per fare e per vincere. L’uomo deve avere l’avidità di essere un buon uomo e far sentire la donna protetta”.
Ha raccontato della mamma biologica: “Mentre parlavo a una serata come questa si è alzata e mi ha detto: Io sono tua madre. Le ho risposto: Sono cristiana e ti perdono. Con enorme rabbia mi ha gridato: Non voglio il tuo perdono. Le ho ripetuto, prima di andarmene: Io ti perdono ma non ti permetterò mai più di parlarmi con questo tono”.
Come si può perdonare una mamma che cerca di ucciderti al settimo mese e mezzo di gravidanza? “Io sono stata molto odiata, ma più persone mi hanno amata, a cominciare da mio Padre”. Il padre terreno non l’ha mai conosciuto, non sa chi sia.
La sua fede – è una cristiana evangelica – da dove arriva? “Dio mi è stato portato da Penny, la mia madre adottiva. Non mi parlava sempre e sempre di Gesù, semplicemente mi trasmetteva la sua fede quotidianamente con i suoi comportamenti. Nessuno vuole sentire parlare di Gesù, ma se racconto la mia storia e mi vedono zoppicare ascoltano anche le mie parole su di Lui”.
Quando ha fatto la sua prima testimonianza? “A quattordici anni”. La sua prima all’estero: “A quattordici anni. E ho sempre spiegato a tutti che io non mi sento una vittima ma una vincente, per molti anni la mia autostima è stata bassissima perché non c’era Gesù nella mia vita. In America e nel mondo non è molto di moda, ma è il posto migliore dove andare dopo qualsiasi tipo di rifiuto”. Ha spiegato perché è contenta dell’elezione di Trump: “Nominerà due giudici costituzionali pro life”.
Gianna Jessen sarà: a Verona (29 novembre), Trento (2 dicembre), Formiglione, Modena (3 dicembre), Loreto (5 dicembre) e Ascoli Piceno (6 dicembre). Gli incontri sono organizzati da ProVita con l’aiuto di altre realtà associative.
di Elisabetta Broli | Lanuovabq.it
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