Il ministero appartiene ai membri

Come Dio si serve di santi ordinari

Gli evangelici americani hanno sviluppato un modo di parlare dell’opera del ministero svolta a livello professionale che non è di grande aiuto. Usano espressioni come “andare nel ministero” per descrivere l’occupazione di pastore a tempo pieno, come se il “ministero” fosse riservato solo ai pastori o ad altri ministri del vangelo che si dedicano ad esso a tempo pieno.

Queste espressioni riflettono un problema più ampio tra gli evangelici: l’ossessione per la professionalizzazione. Spesso molti cristiani si comportano, persino inconsapevolmente, come se fosse meglio affidare il ministero ai professionisti.

C’è un nuovo credente che ha bisogno di essere discepolato? Chiamiamo lo staff della chiesa. Una sorella ha bisogno di consigli? Cerchiamo qualcuno che abbia le qualifiche giuste. Il tuo vicino ha bisogno di ascoltare il vangelo? Chiamiamo il pastore e diciamogli di venire. Nonostante i pastori dicano spesso gli uni agli altri: “Fratelli, non siamo dei professionisti”, potrebbe esserci ancora molto da fare per convincere la Chiesa a questo proposito. Spesso i membri di chiesa considerano gli anziani gli unici che facciano veramente qualcosa per il vangelo. Il “ministero” appartiene a loro.

“La Chiesa è una famiglia.

Abbraccia dunque la tua identità di fratello

o sorella in quella famiglia.

Se vedi che c’è un bisogno, pensaci tu.”

Quello che dice la Bibbia è piuttosto diverso. Ovviamente, la Scrittura considera la carica di pastore un ministero. Paolo, ad esempio, ordina a Timoteo: “adempi interamente il tuo ministero” (2 Timoteo 4:5). Tuttavia, gli autori biblici non restringono la parola ministero ai pastori o a coloro che si impegnano per il progresso del vangelo a livello professionale. Al contrario, ogni cristiano è coinvolto nel ministero. Paolo chiarisce questo punto in Efesini 4:11-12:

Egli stesso ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti e altri come pastori e dottori, per il perfezionamento dei santi, per l’opera del ministero e per l’edificazione del corpo di Cristo.

Per Paolo, il ministero dei pastori e dei leader di chiesa consiste nell’“equipaggiare” i santi per il ministero. Ogni ministero ne serve un altro. I pastori stanno dietro le quinte, mentre i membri di chiesa stanno in prima linea. Il ministero appartiene ai membri.

Il sacerdozio universale

Quando acquisiamo familiarità con la storia della redenzione, ci rendiamo conto di quanto sia scioccante e persino scandalosa l’affermazione di Paolo. Nell’Antico Testamento, il ministero del tempio era riservato alla classe sacerdotale. Inoltre, sotto l’antico patto, lo Spirito Santo ungeva individui specifici, come re e profeti, allo scopo di equipaggiarli per dei compiti particolari (Esodo 31:3; 35:31; 1 Samuele 16:13; Ezechiele 2:2; 3:24).

Ora, però, quello stesso Spirito è sceso su tutto il popolo di Dio, dimorando in esso e dandogli dei doni per servire il corpo di Cristo (1 Corinzi 12:7, 12-13). Il fatto che tutti svolgiamo il ministero dice qualcosa su chi siamo: sacerdoti del nuovo patto al cospetto di Dio (1 Pietro 2:9; Apocalisse 1:6). La nostra capacità di servirci reciprocamente è radicata nella nostra identità, un’identità data “a ciascuno di noi” per grazia (Efesini 4:7).

È vero, i pastori hanno dei compiti specifici e il dovere di svolgere un ministero diverso da quello dei membri di chiesa, ma in generale le epistole si concentrano sul ministero che i membri di chiesa svolgono gli uni verso gli altri.

Persino in Efesini 4 la metafora del corpo, spesso ripetuta da Paolo, serve a sottolineare questo punto. I pastori equipaggiano i membri e i membri sono quelli che si adoperano per l’“edificazione del corpo di Cristo” (Efesini 4:12). Equipaggiati dalla parola, ripetiamo la stessa parola gli uni agli altri; “diciamo la verità con amore” in modo da “crescere in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo” (Efesini 4:15). Perciò, ognuno deve fare la sua parte per “l’edificazione del corpo nell’amore” (Efesini 4:16). Paolo enfatizza la centralità della Chiesa nella cura e nel servizio degli uni verso gli altri.

“Ogni ministero ne serve un altro.

I pastori stanno dietro le quinte,

mentre i membri di chiesa stanno in prima linea.”

Servire, insegnare, consigliare

Questa descrizione corrisponde a quello che vediamo altrove nel Nuovo Testamento. Gli apostoli non dicono ai pastori come creare dei programmi e non li istruiscono su come affidare la risoluzione dei problemi alle “persone giuste”, piuttosto incoraggiano i membri di chiesa ad occuparsi del ministero.

Considerate, ad esempio, i famosi testi che contengono l’espressione “gli uni gli altri”. Il servizio non appartiene esclusivamente ai diaconi; anche i membri devono servirsi a vicenda (Galati 5:13). I pastori non sono i soli ad insegnare; anche i membri insegnano gli uni agli altri (Romani 15:14). Il leader della musica non è l’unico a benedire gli altri attraverso la lode musicale; anche i membri cantano gli uni agli altri (Colossesi 3:12-16). I consulenti certificati non sono gli unici ad aiutarci a superare i problemi della vita; anche i membri si incoraggiano a vicenda (1 Tessalonicesi 5:11).

Persino quando si tratta degli incontri settimanali (che molti cristiani considerano incentrati solo sui leader di chiesa), l’autore di Ebrei sottolinea il ruolo che i membri ricoprono nel servire e incoraggiarsi a vicenda (Ebrei 10:24-25).

Il nostro ministero quotidiano

Una delle ragioni per cui i cristiani tendono a pensare che il ministero appartenga solo ai pastori è che, francamente, stare dietro le quinte sembra più affascinante e importante che stare in prima linea. La predicazione e gli altri ministeri pubblici sembrano il “vero” ministero, ma Paolo dice che il ministero dell’insegnamento è, almeno in parte, preparatorio. Esso aiuta i membri a svolgere il ministero, un ministero tanto reale quanto quello della predicazione.

Forse esaltiamo il ministero pubblico proprio perché quella che Paolo chiama “opera del ministero”, ovvero l’opera svolta dai membri, sembra tanto piccola. Eppure, considera ciò che Paolo stesso identifica nel resto di Efesini come “opera del ministero”.

A cosa ci prepara il ministero dell’insegnamento? Esso ci equipaggia per:

  • mettere da parte la maldicenza, la menzogna e le bugie bianche, e a dire la verità con amore (Efesini 4:15, 25);
  • lavorare sodo nel nostro lavoro (Efesini 4:28; 6:5-8);
  • mettere a morte la nostra avarizia e condividere con gli altri quello che abbiamo (Efesini 4:28);
  • astenersi dalle battute sporche, dalla volgarità e da altre parole malvagie (Efesini 4:29; 5:4);
  • essere benigni e perdonarsi a vicenda (Efesini 4:32);
  • evitare di farsi ingannare da false dottrine (Efesini 5:6);
  • amare le nostre mogli e sottometterci ai nostri mariti (Efesini 5:22-33);
  • crescere i nostri figli in un modo che onori il Signore (Efesini 6:4) e
  • trattare i dipendenti in modo equo e giusto (Efesini 6:9).

A cosa può essere paragonato, secondo Paolo, il “vero” ministero? Esso assomiglia a due giovani mamme che mettono da parte la rivalità e i paragoni per amarsi e servirsi a vicenda. Assomiglia a un ragazzo che si rifiuta di dire una battuta sporca per far ridere qualcuno e invece sceglie parole che edificano.

Assomiglia a un uomo che si impegna affinché sua moglie prosperi spiritualmente, senza fare caso alle sue critiche ingiuste. Assomiglia a una moglie che sceglie di onorare il proprio marito persino quando ha l’opportunità di parlar male di lui. Significa inserire dei numeri in un foglio elettronico dalle nove alle cinque come atto di devozione verso il Signore. Significa invitare dei membri di chiesa a pranzo dopo il culto, condividere il vangelo con un vicino o inviare un’e-mail a un fratello scoraggiato.

Ovviamente, nessuna di queste azioni sembra affascinante, ma per Paolo sono queste le cose che costituiscono il vero ministero. I pastori predicano e insegnano per incoraggiare i membri a fare questo tipo di opere.

“Dio ci ha dato dei leader

per equipaggiare i membri di chiesa,

non per sostituirli.

Il ministero appartiene ai membri.”

Una famiglia di servi

Come dovremmo rispondere dunque all’insegnamento di Paolo in Efesini 4:11-12? Se sei membro di una chiesa locale (e spero che tu lo sia), non aspettare che siano i pastori o dei direttori di programmi a chiederti di fare qualcosa. Non aspettare di servire cercando un programma promosso da una chiesa in cui poter esercitare i tuoi doni.

La Chiesa è una famiglia. Abbraccia dunque la tua identità di fratello o sorella in quella famiglia. Se vedi che c’è un bisogno, pensaci tu. Se qualcuno ha bisogno di essere incoraggiato, incoraggialo. Apri le porte di casa tua, condividi con gli altri quello che hai e invita i non credenti nella tua vita. La Bibbia non descrive la Chiesa come un club religioso pieno di programmi, bensì come una famiglia piena di servi.

Durante la quarantena ordinata dal governo a causa della pandemia di coronavirus, nella mia chiesa i programmi si sono fermati, ma i fratelli e le sorelle impegnati nel discepolato hanno continuato a mandare messaggi, a chiamare e a parlare via Zoom con altri membri, durante l’ora di pranzo, per parlare di un libro. I membri trovavano modi nuovi e creativi per servire le loro comunità e per raggiungere i loro vicini con il vangelo.

Persino l’ospitalità è continuata; i membri di chiesa si riunivano in spazi aperti, seduti a circa due metri di distanza, incoraggiandosi a vicenda con le promesse di Dio. Questi santi facevano questo non perché i pastori avessero istituito dei “programmi di discepolato a distanza”, bensì perché erano stati equipaggiati dai pastori per svolgere l’opera del ministero nonostante il distanziamento sociale.

Questo è solo un esempio di come la parola di Dio equipaggi ogni cristiano per servire la Chiesa con i doni dello Spirito. Non lasciare sempre che siano i professionisti o i cristiani con le credenziali a svolgere la missione della Chiesa. Dio ci ha dato dei leader per equipaggiare i membri di chiesa, non per sostituirli. Il ministero appartiene ai membri.

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