Il libro che ha fatto scalpore: Eben Alexander, Milioni di farfalle

Il libro che ha fatto scalpore: Eben Alexander, Milioni di farfalle, pubblicato da  Mondadori (pp. 198, € 16) pone il lettore davanti a una domanda:  C’è vita dopo la morte? “Or vi sono ancora molte altre cose che Gesù fece, che se fossero scritte ad una ad una, io penso che non basterebbe il mondo intero a contenere i libri che si potrebbero scrivere”. Con queste parole si chiude il vangelo di Giovanni, lasciando, in chi le legge, una grande curiosità. Quali altri miracoli che non conosciamo avrà fatto Gesù? Che argomenti avrà affrontato coi discepoli che non ci vengono riportati nei vangeli? Fantasticando, ci si può chiedere, ad esempio, se non gli avesse rivelato qualche dettaglio maggiore sul paradiso, dal momento che i testi sacri non ne parlano in maniera approfondita. Per il momento ci limitiamo alla fantasia e magari a una sbirciatina ai libri che raccontano le esperienze di premorte, che curiosamente sono spesso simili nel descrivere l’aldilà. Nella vasta letteratura dei viaggi ultramondani, di recente pubblicazione troviamo Milioni di farfalle, che ha fatto scalpore perché a scriverlo è un affermato neurochirurgo americano nonché Professore alla Harvard Medical School di Boston: stiamo parlando del dottor Eben Alexander. Il 10 novembre 2008, all’età di 54 anni, Eben fu colpito da una malattia rara e restò in coma per sette giorni. Durante quel periodo, tutta la sua neocorteccia – la superficie esterna del cervello, la parte che fa di noi degli esseri umani – restò fuori uso, non operativa, in sostanza: assente. Fu proprio nell’arco di quella settimana che il neurochirurgo visitò l’aldilà: “il luogo che visitai era reale, così reale che la vita che stiamo vivendo qui, adesso, appare completamente assurda al confronto”. Un uomo che ha dedicato tutta la sua vita alla scienza e agli strumenti della medicina moderna per aiutare a curare le persone, e a fare dell’approfondimento delle sue conoscenze sui meccanismi del corpo umano e del cervello la sua vocazione, dopo il suo viaggio ultraterreno ha dichiarato che la sua esperienza dimostra che la morte fisica e cerebrale non segna la fine della coscienza e che la vita continua oltre la tomba, “ma, soprattutto, continua sotto lo sguardo di un Dio che ci ama e si prende cura di noi e della destinazione finale dell’universo stesso e di tutti gli esseri che lo abitano”. Eben descrive l’aldilà con parole del tipo: “il mondo più bello e più strano che avessi mai visto. Luminoso, vibrante, estatico, stupefacente… potrei sciorinare un aggettivo dopo l’altro per descrivere come mi appariva, ma risulterebbero tutti inadeguati. Mi sembrava di nascere. Non rinato o nato una seconda volta. Semplicemente…nato”. E ancora: “fluttuavo, sorvolando alberi e campi, ruscelli e cascate e, qua e là, c’erano delle persone. C’erano anche dei bambini che ridevano e giocavano. Tutti cantavano e danzavano in cerchio..eravamo circondati da milioni di farfalle, ampi ventagli svolazzanti che si immergevano nel paesaggio verdeggiante per poi tornare a volteggiare intorno a noi. Non fu un’unica farfalla ad apparire, ma tutte insieme, come un fiume di vita e colori che si muoveva nell’aria”. Descrivendo l’amore di Dio, il neurochirurgo racconta che esso superava i diversi tipi di amore che conosciamo qui sulla Terra perché era qualcosa di più alto, che racchiudeva in se stesso tutti gli altri tipi di amore, e nello stesso tempo era il più puro e il più genuino in assoluto. Avvertiva l’infinita immensità del Creatore e si rendeva conto di quanto fosse minuscolo al confronto di un Dio onnisciente, onnipotente e incondizionatamente misericordioso per cui ogni parola per descriverlo gli appariva inadeguata. Uscito dal coma, quando si rese conto della verità che stava dietro al suo viaggio, capì che doveva raccontarla, soprattutto alla comunità scientifica, e farlo in modo appropriato è diventato l’obiettivo principale della sua vita. La scienza, a cui aveva dedicato così tanto della sua vita, non contraddiceva quello che aveva imparato lassù, anche se, come scrive nel suo libro: “fin troppe persone credono il contrario perché alcuni membri della comunità scientifica, attaccati a una visione materialistica del mondo, hanno ostinatamente continuato a sostenere che scienza e fede non possono coesistere”. Milioni di farfalle è un testo interessante non solo come testimonianza di un viaggio ultraterreno, su cui è difficile esprimere un parere perché si tratta di un’esperienza personale e soggettiva, ma soprattutto come spunto di dibattito tra fede e scienza perché a scriverlo è un neurochirurgo che dichiara, al termine del suo percorso, parole di giobbiana memoria: “non solo credevo in Dio: conoscevo Dio”.

(Recensione di Federica Gramiccia, DiRS-GBU)


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