L’Impero ottomano ha eliminato gli armeni, ma anche altre popolazioni cristiane, tra cui gli assiro-caldei.Lo scorso 24 aprile numerose commemorazioni hanno ricordato il genocidio armeno avvenuto 100 anni fa. La Turchia, che non ha ancora riconosciuto questi fatti storici, non ha riconosciuto nemmeno il genocidio di un’altra comunità cristiana per mano dell’Impero ottomano e nella stessa epoca. Oltre 250.000 assiro-caldei sono morti tra il 1915 e il 1918. Joseph Yacoub, professore di scienze politiche all’Università cattolica di Lione (nella foto), fa luce su questo dramma ancora misconosciuto.
Professor Yacoub, quest’anno si ricordano i 100 anni del genocidio armeno. Ma il genocidio assiro-caldeo, accaduto nello stesso periodo, è molto meno conosciuto. Perché?
Tra il 1915 e il 1918 sono morti tra i 250.000 e i 350.000 assiro-caldei, ossia più della metà della comunità. Coloro che non sono stati uccisi sono morti di fame, di malattia, di sfinimento sulle strade. Questi massacri hanno avuto luogo su un’area molto estesa: in Anatolia orientale, nell’Hakkari, nel nord dell’Iran e nella provincia di Mosul. Tra il 1915 e il 1925 il genocidio assiro-caldeo era un problema internazionale; dopo il 1925 una cappa di piombo è calata su questa tragedia. Grazie alla diaspora, la questione è tornata alla ribalta a partire dal 1980. La Francia ha avuto un ruolo importante in questo. Domenica 26 aprile 5.000 assiro-caldei hanno partecipato al “ravivage de la flamme du Soldat inconnu”, su iniziativa del deputato e sindaco di Sarcelles, François Pupponi. La questione ritrova oggi il proprio posto sulla scena internazionale. Un altro barlume di speranza viene da papa Francesco. Nel suo discorso sul genocidio armeno, lo scorso 12 aprile, il pontefice ha riconosciuto anche il genocidio siriaco, assiro e caldeo.
Questo genocidio era pianificato?
Diversi documenti provano che si trattava di una strategia elaborata dal potere ottomano dei Giovani Turchi. Nel 1920 Joseph Naayem pubblicò Les Assyro-chaldéens et les Arméniens massacrés par les Turcs (“Gli assiro-caldei e gli armeni massacrati dai turchi”), in cui si trovano testimonianze schiaccianti contro l’Impero ottomano. Gli assiro-caldei non erano vittime collaterali del genocidio armeno. Erano presi di mira nella loro umanità, poiché non erano né turchi né musulmani. Molti poemi, molti lamenti, sono stati scritti da testimoni oculari dei massacri. Tutti questi poemi concordano nel dire che la decisione fu presa a Istanbul. Ad essi si aggiungono le testimonianze di missionari domenicani: il frate Hyacinthe Simon affermava che quella politica era stata pianificata ai più alti livelli dello Stato.
Perché eliminare quella popolazione?
Le cause risalgono al 19. secolo. Dal Congresso di Berlino, nel 1878, l’Impero ottomano perdette consecutivamente dei territori in Europa. Dopo le guerre balcaniche del 1912-1913, avendo perduto tutto in occidente ripiegò sulla parte orientale del suo territorio: l’Anatolia e i paesi arabi. Proclamando la jihad, i Giovani Turchi speravano che il mondo musulmano si ribellasse e si unisse a loro. Ma i musulmani non reagirono. Gli arabi si sollevarono per sottrarsi alla giurisdizione dell’Impero ottomano. I Giovani Turchi scatenarono allora un’ondata di soprusi contro le popolazioni armena e assiro-caldea, che consideravano un ostacolo alla “turchizzazione” del paese. Nel 1915 oltre il 20% della popolazione turca apparteneva a minoranze etniche (armeni, greci pontici, assiro-caldei, siriaci). Cento anni dopo essi non superano lo 0,001% della popolazione. Coloro che non furono eliminati intrapresero la strada dell’esilio.
Il genocidio fisico fu accompagnato da un genocidio culturale?
Il senso dato al termine genocidio non considera soltanto lo sradicamento fisico. L’inventore del concetto di genocidio, Raphael Lemkin, vi incluse le dimensioni architettonica, ambientale e culturale di un gruppo. Da parte loro, gli antropologi hanno coniato il termine etnocidio. Si tratta di eliminare le tracce di una comunità. Ho accertato la distruzione di circa 400 tra chiese, monasteri e luoghi di culto delle Chiese assira-nestoriana, cattolica caldea, siriaca ortodossa e siriaca cattolica. La provincia di Hakkari (nel sud-est della Turchia) contava da sola oltre 200 lughi di culto. Oggi sono tutti in rovine.
Ci furono all’epoca reazioni da parte della comunità internazionale?
All’inizio ci furono reazioni nella stampa: a partire dal marzo 1915, il New York Times pubblicò numerosi articoli dei suoi corrispondenti, attirando l’attenzione su quei massacri. Lo stesso in Gran Bretagna, ma anche in Francia, su quotidiani come Le Gaulois, Le Petit Parisien, le Parisien, la Presse e Le Figaro. I leader politici francesi erano informati di questi massacri. Nel 1919 alcune delegazioni assiro-caldee intervennero alla Conferenza di pace di Parigi. L’Oeuvre d’Orient, la Chiesa cattolica di Francia, la Chiesa anglicana e il Vaticano avevano fornito un aiuto umanitario alla comunità.
Pensa che sia importante creare una nuova loi mémorielle (“legge sulla memoria”), come quella alla quale lavorano i deputati François Pupponi e Jean-Pierre Blazy?
Il Parlamento armeno ha riconosciuto il genocidio assiro-caldeo all’unanimità. La Francia si appresta a farlo. Presentando il progetto di legge sul genocidio assiro-caldeo il deputato sindaco di Gonesse, Jean-Pierre Blazy, ha evocato tutte le leggi sulla memoria (in particolare sulla Shoah e sul genocidio armeno) adottate dal Parlamento francese. La comunità assiro-caldea spera che l’iniziativa prolunghi le leggi sulla memoria esistenti con una legge sul genocidio assiro-caldeo. È importante ricordarci di quelle vittime cadute, a lungo dimenticate. Trovo che la dichiarazione del presidente tedesco Joachim Gauck, lo scorso 23 aprile in una chiesa protestante di Berlino, sia stata notevole. Ha riconosciuto i genocidi armeno, assiro-armeno e greco pontico e anche la parte di responsabilità della Germania, in quanto i due Imperi erano alleati durante la prima guerra mondiale. È un testo positivo e promettente, che mette la Turchia con le spalle al muro.
Oggi gli assiro-caldei, come le altre Chiese cristiane d’Oriente, sono confrontati con la minaccia jihadista. Il cristianesimo rischia di scomparire dalla regione dopo quasi duemila anni di storia?
Spero di no. Minacce pesano oggi nella provincia di Mosul in Iraq e nella provincia del Khabur in Siria. Ironia della sorte, quelli del Khabur sono i figli dei deportati dei massacri dell’Iraq del 1933, essi stessi superstiti del genocidio del 1915 sotto l’Impero ottomano. Ma possiamo arrivare a dire che ci sarà un’estinzione? Io non credo. Il genocidio del 1915 è stato un momento tragico per la comunità. Eppure essa non è scomparsa. Oggi ci sono assiro-caldei che vivono in diaspora che ricostruiranno i loro villaggi e restaureranno chiese. L’attaccamento a quelle terre della Mesopotamia è immenso. Ne sono la prova gli assiro-caldei che erano fuggiti per stabilirsi nei villaggi del Caucaso, nell’Armenia e nella Georgia attuali. A Verin Dvin (Armenia) le persecuzioni e il regime comunista produssero una rottura totale con il paese. L’ateismo provocò la chiusura di tutti i luoghi di culto. Malgrado ciò, oggi parlano tutti l’aramaico e hanno riaperto le loro chiese. Il sindaco del villaggio è assiro-caldeo. La metà delle strade porta nomi assiri. Malgrado le difficoltà la comunità resta legata alla propria terra e alla propria identità. (intervista di Matthieu Stricot; in “Le Monde des religions”; trad. it. G. M. Schmitt/voceevangelica.ch)
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