di Agostino Masdea – Nel 2013 un contadino americano ha battuto il record dell’anguria più grande al mondo, producendone una dal peso di 159 kg. Non è difficile immaginare che questa persona ha dedicato tempo, energie e cure per raggiungere un risultato così eclatante. Ma anche se parliamo di frutti comuni, che si tratti di un contadino che coltiva un piccolo orto o di un’azienda agricola di grandi dimensioni, la produzione di frutta e ortaggi richiede impegno e dedizione.
Nello stesso modo, il frutto dello Spirito si manifesta nella vita del credente se c’è un desiderio, un impegno e una vita dedicata al Signore.
Il frutto dello Spirito è “amore”, ma non è l’amore sentimentale e romantico del linguaggio comune. Nella lingua greca ci sono diverse parole che descrivono l’amore. Il termine usato qui è “agape” e si riferisce all’amore disposto al sacrificio, disinteressato, che si mette al servizio degli altri.
Segue la “gioia” che non è l’allegria spensierata di alcuni momenti della vita, dipendente dalle circostanze: è una gioia interiore, una condizione intima legata al rapporto con Dio. La “pace” è una serenità nel cuore e un’armonia spirituale come risultato dell’essere riconciliati con Dio. La “benignità” è l’empatia che si prova verso il prossimo e la disponibilità a aiutare chi si trova nel bisogno. La “pazienza” è sopportare gli altri in situazioni difficili. La “bontà” è legata alla generosità, e la “fedeltà” è espressione di lealtà e affidabilità. La “mansuetudine” è mitezza ed umiltà e infine “l’autocontrollo” ci parla di moderazione in tutte le cose.
Il frutto dello Spirito, sebbene descritto con aggettivi e qualità del carattere umano, in realtà è di origine divina. Esprime il carattere di Cristo, e solo se dimoriamo in Lui, lo Spirito Santo lo produce in noi e lo manifesta attraverso la nostra vita. Non possiamo produrlo con i nostri sforzi. Il segreto è arrendere la nostra vita al Signore e camminare lasciandoci guidare dal Suo Spirito.
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