RUBIERA (RE) – Le donne ghanesi con il fazzoletto nero sulla testa, i ragazzi e i compagni di classe dai tratti somatici africani, asiatici o europei. I canti della comunità cristiana evangelica pentecostale e le preghiere di quella cristiana cattolica. Sylvester Agyemang aveva soltanto quattordici anni ma nel giorno dei suoi funerali ha riunito tutti sotto lo stesso cielo e stretti nello stesso dolore. Papà Manuel e mamma Augustine seguono l’auto che accompagna la bara del loro bambino con gli occhi bassi e il cuore infranto. Insieme a loro centinaia di persone, che sfilano per il centro di Rubiera, fino alla chiesa parrocchiale di San Biagio. Troppo stretta per così tanta gente.
I funerali iniziano con le parole del pastore della comunità pentecostale venuto da Milano per ricordare un ragazzino di quattordici anni, morto troppo presto. E poi sono un susseguirsi d’idiomi diversi, preghiere, canti e pianti. Soprattutto quando a prendere la parola sono gli amici di Sylvester, che ricordano i momenti passati assieme. Poi gli insegnanti, quelli della scuola superiore, l’Istituto Scaruffi, e quelli delle elementari, che hanno accolto Sylvester quando a cinque anni è arrivato in Italia senza sapere una parola d’italiano, ma con tanta voglia di imparare.
A esprimere il cordoglio di tutta la comunità, il sindaco di Rubiera Lorena Baccarani e quello vicario di Reggio Ugo Ferrari. Poi tutta la famiglia ha circondato la bara bianca nell’ultima preghiera. Fuori il dolore si faceva più pesante e qualcuno dei parenti si è lasciato andare allo strazio. Il paese in lutto restava immobile, i cartelloni appesi a ricordare un eroe volato in cielo, un angelo, o un piccolo ragazzo che per tutti ora è un grande uomo.
di: Giulia Gualtieri
da: Telereggio.it
data: 18/01/2014