L’astensione da cibi e bevande è una pratica molto comune in tutte le religioni. Come cristiani dobbiamo chiederci se il digiuno è una pratica evangelica e qual’è la vera ragione che ci spinge a rinunciare a qualsiasi tipo di cibo per un determinato periodo di tempo.
Nelle religioni pagane, e soprattutto nei rito di iniziazione alle pratiche magiche, nelle forme più esoteriche e mistiche, il digiuno era considerato un efficace metodo per entrare in contatto con la deità, oppure era normalmente impiegato come manifestazione del lutto.
IL DIGIUNO NELL’ANTICO TESTAMENTO
Secondo lo spirito della legge mosaica, il digiuno non doveva essere una pratica mistica per rendersi gradito a Dio, ma era un mezzo usato per esprimere la propria umiliazione. Così, il digiuno veniva praticato per prepararsi all’incontro con Dio, come Daniele che si dispose “alla preghiera e alle supplicazioni, col digiuno, col sacco e con la cenere” (Daniele 9:3).
Si digiunava anche quando si era tormentati da gravi problemi, come Davide che “fece supplicazioni … e digiunò” (II Samuele 12:16). Oppure, oltre che in una circostanza luttuosa (II Samuele 1:12), veniva praticato anche quando si era in presenza di grandi pericoli nazionali, come Giosafat che dinanzi alla guerra incombente “si disposero a cercare l’Eterno, e bandì un digiuno…” (II Cronache 20:3). Nell’Antico Testamento si nota che generalmente il digiuno è accompagnato dalla preghiera. Tutti i casi precedenti esprimono l’atto spontaneo del digiunare, in quanto la legge mosaica lo imponeva soltanto durante il giorno dell’espiazione (Levitico 16:29), cioè come “umiliazione dell’anima” Col tempo di Gesù, i farisei avevano stabilito almeno due giorni di digiuno ogni settimana e di tale regola si vantavano con tale ostentazione che il Signore dovette riprenderli più volte pubblicamente.
IL DIGIUNO NEL NUOVO TESTAMENTO
Del digiuno si parla unicamente nei Vangeli Sinottici (Matteo, Marco e Luca), se si escludono i due riferimenti contenuti in Atti 13:3 e 14:23, insieme a quelli autobiografici di Paolo (II Corinzi 6:5 e 11:27). In tutto il Nuovo Testamento i termini “digiuno” e “digiunare” appaiono soltanto 27 volte. Perché? Gesù stesso presenta il tema del digiuno sotto una luce nuova, quando afferma: “Possono gli amici dello Sposo digiunare, mentre lo sposo è con loro?” (Marco 2:19; Matteo 9:15-16; Luca 5:34).
La presenza dello Sposo, Cristo Gesù, e l’annuncio dell’Evangelo escludono totalmente ogni possibile valore meritorio e preparatorio attribuibile al digiuno. I credenti salvati per grazie mediante la fede sono entrati in una nuova economia, e le privazioni e le rinunce non sono certamente il mezzo di metterli in contatto con Dio. Ora sono sempre in comunione col loro Padre per l’opera perfetta di Cristo e l’azione dello Spirito Santo.
UN TESTO SIGNIFICATIVO
Matteo 17:21 afferma: “Questa specie di demoni non esce se non mediante la preghiera ed il digiuno”. E’ un verso biblico molto noto e viene spesso utilizzato per sottolineare l’importanza del digiuno collegato alla preghiera. A parte il fatto che il passo parallelo di Marco 9:29 non parla di digiuno, occorre però mettere in evidenza che Gesù parla di una certa “specie” di demoni e quindi eventualmente si riferisce a casi particolari. Si deve riconoscere naturalmente che il Signore onora la fede semplice dei credenti, e che, in diversi casi, molti sono stati liberati da legami e possessioni demoniache per la preghiera ed il digiuno esercitati sulla base di questa promessa. Appare tuttavia strano che in tutta l’esperienza della Chiesa dell’era apostolica non esista neanche un caso simile a quello del fanciullo lunatico, nel quale la liberazione di un “posseduto dai demoni” sia avvenuta per mezzo della preghiera e del digiuno. Bisogna notare inoltre che la dichiarazione del testo evangelico in questione è precedente al mandato di Gesù ai discepoli contenuto in Marco 16:17: “Or questi sono i segni che accompagneranno coloro che avranno creduto nel nome mio, cacceranno i demoni”. E’ evidente che quest’ordine doveva essere adempiuto dopo che lo Spirito Santo sarebbe stato sparso su loro. In fatti, allora soltanto i discepoli avrebbero ricevuto “potenza” per essere testimoni. Per ciò che riguarda la liberazione dalle possessioni demoniache , nel libro degli Atti degli apostoli abbiamo diversi casi:
– A Gerusalemme si parla di segni e prodigi compiuti fra il popolo per le mani degli apostoli: “…e dei tormentati da spiriti immondi; e tutti quanti eran sanati” (Atti 5:16). Dal contesto appare chiaro che la liberazione si verifica quando veniva ordinato ai demoni di lasciare l’individuo nel nome di Gesù.
– A Samaria, tutti “prestavano attenzione alle cose dette da Filippo, udendo e vedendo i miracoli ch’egli faceva. Poiché gli spiriti immondi uscivano da molti che li avevano… ” (Atti 8:6-7). Anche qui non si parla di preghiera e digiuno, ma viene rilevato l’immediato intervento della potenza di Dio.
– Il caso di Filippi riporta con chiarezza il metodo usato nella chiesa dell’era apostolica. C’era una fanciulla “… che aveva uno spirito di divinazione e che, facendo l’indovina, procurava molto guadagno ai suoi padroni. Costei, messasi a seguire Paolo… Ed essa fece questo per molti giorni; ma Paolo, infastidito, si voltò e disse allo spirito: «Io ti comando nel nome di Gesù Cristo di uscire da lei». E lo spirito uscì in quell’istante” (Atti 16:18-18).
– Ad Efeso avvenne la stessa cosa: “Iddio faceva dei miracoli straordinari per le mani di Paolo… gli spiriti maligni se ne uscivano” (Atti 19:11-12).
– Sempre ad Efeso, “degli esorcisti giudei che andavano attorno, tentarono anch’essi di invocare il nome del Signore Gesù su quelli che avevano degli spiriti maligni…” (Atti 19:13). Furono, però, malmenati dal posseduto, il quale riconosceva l’autorità di Paolo che invocava il nome di Gesù, ma non quella di costoro il cui errore consisteva nell’aver scambiato la potenza di Cristo per una formula magica.
I testi citati testimoniano che la pratica della prima Chiesa cristiana, nella liberazione dai legami demoniaci, era quella di scacciare gli spiriti maligni nel nome di Gesù e non quella della preghiera e del digiuno.
IL DIGIUNO NELLA CHIESA DELL’ERA APOSTOLICA
Abbiamo già detto che nel libro degli Atti degli apostoli esistono soltanto due riferimenti al digiuno:
– In Antiochia di Siria, “mentre celebravano il servizio al Signore e digiunavano, lo Spirito Santo disse: ‘Mettetemi da parte Barnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati’. Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li congedarono (Atti 13:2-3). Il testo è molto chiaro e riproduce la celebrazione del culto al Signore in una comunità cristiana del primo secolo. La chiesa è radunata per conoscere la volontà di Dio in merito all’adempimento del Suo programma. Sembra quasi che abbiano i credenti deciso di passare la giornata in preghiera. Considerando l’impegno primario, che è quello di consacrare appieno la propria vita al Signore, i credenti hanno ritenuto di non interrompere la preghiera per pensare al cibo e restare così uniti nell’adorazione e nella comunione con Dio. Ad un certo punto, si manifesta un carisma dello Spirito Santo (profezia oppure lingue ed interpretazione) che conferma ciò che Paolo e Barnaba sentivano in cuore. La comunità, però, rimane ancora davanti al Signore in preghiera fino a che lo Spirito Santo non conferma a ciascuno ciò che aveva precedentemente comunicato a tutti, dopo di che i credenti riconoscono, con l’impostazione delle mani, la particolare vocazione di Paolo e di Barnaba impegnandosi a sostenerli spiritualmente, moralmente e materialmente. Non compare alcun riferimento al digiuno, come mortificazione o particolare opera meritoria che induca Dio a rispondere. Troviamo soltanto manifestato il principio della priorità. Quante volte, quando abbiamo qualche impegno importante da assolvere, diciamo ai nostri familiari: “Oggi non torno a casa per il pranzo, non posso interrompere le mie attività, è troppo importante”. Rispettando lo stesso principio che attribuisce importanza primaria alla causa di Cristo, i credenti di Antochia decisero di rimanere davanti al Signore senza alcuna interruzione.
– A Listra, Iacono ed Antochia di Pisidia: “Fatti eleggere per ciascuna chiesa degli anziani, dopo aver pregato e digiunato, raccomandarono i fratelli al Signore…” (Atti 14:23). Questo caso sembra riecheggiare il precedente ed è usato non come mezzo per avvicinarsi di più a Dio, ma unicamente per dimostrare la fondamentale importanza che hanno le cose di Dio rispetto alle necessità quotidiane della vita. Uno studioso afferma: “Con Gesù il digiuno è un fatto superato. Infatti dal primo secolo non abbiamo notizie di cristiani che si siano sottoposti volontariamente al digiuno. Le lettere del Nuovo Testamento non ci spendono sopra una parola. E’ evidente che i cristiani del primo secolo consideravano superato il concetto di sacrificio e di opera meritoria attribuito al digiuno, in quanto non occorre più la mortificazione e la penitenza per entrare in rapporto con Dio. Gesù ha pagato il prezzo per il riscatto dell’anima dei credenti e la Sua opera è perfetta, perché da Dio siamo adottati, per mezzo di Gesù Cristo, come Suoi figliuoli, “secondo il beneplacito della Sua volontà: a lode della gloria della Sua grazia, la quale Egli ci ha largita nell’amato Suo ” (Efesini 1:5-6). Tuttavia, essi lo praticano, quasi inconsapevolmente, quando credono di dover trascorrere un periodo di preghiera senza essere interrotti da pensieri secondari. Dando spazio e tempo alle cose più importanti, quasi automaticamente, con grande semplicità e senza ostentazione, si astengono dal partecipare alla mensa perché può rappresentare una distrazione dallo scopo che si sono prefissi. Quindi, non si tratta di una ingiunzione con carattere di limitazione, privazione, penitenza o rinuncia, ma è espressione di uno spontaneo sentimento rivolto a fare posto alle cose più importanti.
Francesco Toppi
Ferrentino Francesco La Manna | Notiziecristiane.com
https://www.facebook.com/storiedifedevissute.blogspot.it
Ti è piaciuto l'articolo? Sostienici con un "Mi Piace" qui sotto nella nostra pagina Facebook