Il crollo della fiducia nelle relazioni

Facciamo attenzione alla realtà dei fatti, non è un mistero che le relazioni sono fragili e instabili. Fuggevoli e liquide come afferma la figura più autorevole della sociologia moderna, Zygmunt Bauman. Le relazioni umane sono diventate liquide (Bauman Z., Amore liquido… 2006 ed. Laterza).

Non è un mistero, per chi si interessa della salute mentale, constatare come la fragilità degli affetti, delle relazioni significative abbia un’incidenza sull’equilibrio psicologico (vedi di P. Riccardi, Dalla relazione all’intimità per “amore” in notiziecristiane.it del 29 giugno 2018). Siamo immersi in un autoinganno inconsapevole circa la realtà dei rapporti umani. Da psicologo, psicoterapeuta e cristiano non posso tacere sul crollo della fiducia. A lavoro, nelle famiglie, tra amici pare emerga il senso paranoico del “ce l’ha con me”. Non è un caso che sul senso e importanza della fiducia la cultura biblica pone un significativo accento. La fiducia appare in circa 69 versetti: «Anche l’amico con il quale vivevo in pace, in cui avevo fiducia, e che mangiava il mio pane, si è schierato contro di me» (Salmi 41:9). In questo versetto la fiducia ha a che fare con la relazione interpersonale quella che viviamo tutti giorni e difetta proprio nella possibilità di sentirci traditi da chi meno ce lo aspettiamo. Il salmista, in questo versetto, esprime il senso pratico dell’essere in relazione gli uni con gli altri, senza inganni e sotterfugi (P. Riccardi, Psicoterapia del cuore e Beatitudini ed. Cittadella Assisi, 2018). Secondo i dati ISTAT, circa l’analisi delle relazioni, confermano che cresce il numero delle relazioni mentre, contemporaneamente aumentano le crisi relazionali. Ci si chiede come è possibile formare una società, una comunità, una famiglia, un ambiente lavorativo sereno se crollano le relazioni, o meglio, la fiducia nelle relazioni. E’ possibile, dal momento che viviamo in una cultura fatta da ambigue e incoerenti pseudo realtà. Al senso della comunità di un tempo si è sostituita quella della rete. La famiglia non è più quella delle mura domestiche ma quella degli sconosciuti del social. Il mondo dei social network ha cambiato la vita di relazione, il senso della comunità. La rete non serve per accrescere conoscenze ma per costruire la propria identità. Mentre nella comunità vis a vis, ognuno deve sviluppare abilità sociali e relazionali, per accettare il confronto, nella realtà della rete, anch’essa una comunità, ma virtuale, è possibile aggiungere amici e eliminarli, è possibile sottomettersi al confronto affibbiandosi il potere di estromettere l’altro dalla comunicazione. Nella rete è facile manifestarsi, farsi vedere per quello che si posta come immagine e con frasi prese a prestito da chissà chi. Ma le vere abilità relazionali quelle che costruiscono il senso di fiducia le si comprendono per strada, sul posto di lavoro, negli incontri vis a vis con persone con le quali ci si coinvolge in un dialogo. Nelle qualità di potere esprimere empatia autentica.

Abbiamo bisogno gli uni degli altri, è un principio antropologico biblico: «amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato» (Gv 15, 9). Ripreso da esponenti psichiatri esistenzialisti del calibro di Ronald Laing (1927 –1989): “Gli altri possono o contribuire all’autorealizzazione del soggetto o, in maniera decisiva, al suo smarrimento (alienazione), fino ai limiti della pazzia” (Laing R. “l’io e gli altri” ed Sansoni). Ogni relazione di fiducia ha il potere di conferma esistenziale vicendevole, per cui ognuno ha senso ed è significato per l’altro.

Pasquale Riccardi | Notiziecristiane.com


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