L’attacco a una chiesa cattolica nei giorni scorsi potrebbe avere gravi ripercussioni: il 5 settembre un’assemblea solleciterà leggi anti-conversioni anche in uno Stato non governato dai nazionalisti indù e dove la convivenza tra gruppi religiosi è sempre stata pacifica. La diocesi di Jalandhar ha chiuso le scuole per un giorno per protesta. Intanto a New Delhi la Corte Suprema ha chiesto al governo Modi di raccogliere dai singoli Stati un rapporto sull’aumento delle violenze contro i cristiani.
Milano (AsiaNews) – Una nuova forma di estremismo contro i cristiani si sta diffondendo in India: è quella della comunità sikh, che negli ultimi mesi ha più volte attaccato la comunità cristiana, accusandola di praticare conversioni forzate. Il tema è stato preso in prestito dalla propaganda ultranazionalista indù diffusa dal Bharatiya Janata Party (Bjp), il partito del primo ministro Narendra Modi.
Gli estremisti punjabi già in precedenza avevano rilasciato dichiarazioni in cui mettevano in guardia sulla diffusione delle chiese cristiane, accusando i missionari di condurre programmi di conversione “finanziati da forze straniere”. Dichiarazioni che riecheggiano in maniera evidente le posizioni della destra nazionalista indù: proprio ieri la Corte suprema indiana si è pronunciata sull’esposto presentato da tempo da alcune associazioni cristiane sull’incremento delle violenze. La Corte ha chiesto al ministero dell’Interno di raccogliere entro due mesi i rapporti di verifica da diversi Stati per poter valutare quanto affermato dalla petizione secondo cui ci sarebbero stati almeno 700 attacchi violenti contro i cristiani. In precedenza l’avvocatura del dicastero aveva bollato queste notizie come “false e ingannevoli” senza entrare nemmeno nel merito e lo stesso ministero in una nota scritta aveva affermato che tali “petizioni ingannevoli” stavano “creando disordini in tutto il Paese, forse per intromettersi negli affari interni della nazione grazie a un sostegno dall’esterno”.
Intanto però questo clima si estende anche in aree e tra gruppi che in precedenza non erano mai stati toccato. Alcuni gruppi identitari sikh sostengono che in Punjab soprattutto gli appartenenti alle caste inferiori si convertirebbero al cristianesimo, anche solo per qualche anno, per ottenere vantaggi economici o cure miracolose. In realtà, stanchi della marginalizzazione che il governo indiano riserva loro e dell’oppressione del sistema delle caste, molti dalit (“intoccabili”) “hanno iniziato a guardare al cristianesimo nella speranza di una vita dignitosa e dell’accesso a una migliore istruzione”, scriveva a dicembre The Print.
Nei giorni scorsi un gruppo di uomini non identificati ha fatto irruzione in una chiesa cattolica, vandalizzando una statua al suo interno e dando fuoco all’auto del parroco. L’episodio è avvenuto a Patti, parte del distretto di Tam Taran e della diocesi di Jalandhar, a circa 50 km a sud di Amritsar, la città santa dei sikh. Per ragioni di sicurezza la diocesi ha deciso di chiudere per un giorno le sue scuole: “Chiediamo a tutti di lavorare per la pace e l’armonia tra tutte le religioni”, si legge nella dichiarazione rilasciata dall’amministratore apostolico Angelo Gracias.
Un evento in apparenza isolato e marginale, o quasi di ordinaria amministrazione in un Paese dove la violenza verso la minoranza musulmana e cristiana è all’ordine del giorno, ma che nella realtà potrebbe essere preludio di nuove tensioni settarie e segnare un’ulteriore deriva antidemocratica, questa volta in uno Stato, il Punjab, che non è governato dal Bjp, ma dal populista Aam Aadmi Party.
Giani Harpreet Singh, capo del Akal Takht, la più importante sede temporale dei sikh ha convocato per il 5 settembre un’assemblea in cui verrà approvata una risoluzione contro le conversioni. Gli estremisti sikh dimenticano però di citare che i dati ufficiali danno la presenza cristiana in calo al 2,3% sul territorio nazionale. È anche la mancanza di stime aggiornate (l’ultimo censimento risale al 2011) a permettere una così capillare e violenta propaganda contro le minoranze religiose.
Per quanto riguarda la cosiddetta “banca dei voti”, la pratica per cui una minoranza religiosa voterebbe in massa per un candidato proveniente dalla propria comunità di origine, essa non trova riscontro nella realtà perché all’Assemblea legislativa del Punjab non è mai stato eletto un membro cristiano da quando l’India ha ottenuto l’indipendenza.
Al contrario, i cristiani del Punjab si sentono ostracizzati proprio per l’assenza di privilegi nei loro confronti: “Dicono che seduciamo le persone con i soldi, quando tutto ciò che le persone cercano nella Chiesa è l’uguaglianza”, ha spiegato Kamal Bakshi, presidente dell’organizzazione United Christian Front. Una fedele convertitasi per il senso di appartenenza che le dava andare a Messa, quando le è stato chiesto se aveva ricevuto offerte di denaro per abbracciare il cristianesimo ha risposto: “I pastori sono poveri quanto me. Non hanno altro da offrire se non la pace”.
L’assalto alla chiesa di Patti è creato però allarme nella comunità cattolica: la diocesi di Jalandhar ha chiuso tutte le proprie scuole come segno di protesta, presentando un memorandum al capo del governo locale. “Preghiamo che il Punjab rimanga ciò che è sempre stato – ha scritto in una nota mons. Agnelo Gracias – uno Stato dove prevale la pace e l’armonia tra i diversi gruppi religiosi”.
(ha collaborato Nirmala Carvalho)
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