Le elezioni generali che si terranno in India tra aprile e maggio vedranno la sfida tra il Congress, il partito laico e democratico al governo da 49 anni, e il Bharatiya Janata Party, Bjp, il partito nazionalista indù, il cui candidato a primo ministro è Narendra Modi, il leader fondamentalista che, per quanto una sentenza del 2012 l’abbia scagionato, si ritiene abbia forti responsabilità nei massacri del 2002 tra indù e musulmani nel Gujarat. Modi è un ex militante della Rashtriva Sawawamsevak Sangh, una delle organizzazioni radicali indù tra le più attive e violente, e sostiene apertamente l’hindutva, l’ideologia nazionalista indù. Il Bjp è in forte crescita e questo preoccupa i leader cristiani perché il partito sostiene i gruppi estremisti indù autori dei continui attacchi alle minoranze etniche e religiose del paese che spesso prendono a bersaglio le comunità cristiane.
La posizione della Chiesa in vista del voto è il tema centrale dell’assemblea della Conferenza episcopale indiana in corso a Pali, nel Kerala, dal 5 al 12 febbraio.
Intervistato dall’agenzia di stampa AsiaNew, Sajan George, presidente del Global Council of Indian Christians, Gcic, ha detto di temere che, con l’approssimarsi del voto, le aggressioni possano diventare ancora più brutali. Per questo ha accolto con favore la posizione assunta dalla Corte suprema che ha deciso nei giorni scorsi di riesaminare una propria sentenza emessa nel 1995 con la quale aveva giudicato ammissibile il tentativo di conquistare voti in campagna elettorale facendo ricorso alla religione e in particolare all’hindutva. La sentenza della Corte ha fatto molto discutere da allora in quanto contraddice un articolo del Codice di condotta delle elezioni che include tra le pratiche di corruzione “l’appello di un candidato a votare o ad astenersi dal votare in base alla sua religione, razza, casta, comunità o lingua”. La sua revisione dovrebbe contribuire a evitare che il tono già teso della campagna elettorale in corso degeneri ulteriormente in aggressioni e attentati da parte degli ultranazionalisti indù.
«In molti Stati guidati dal Bjp – sostiene Sajan George – le minoranze vivono nell’insicurezza, alimentata dalla strategia hindutva che si basa sul polarizzare le comunità religiose attraverso la violenza». Ne è un esempio lo stato del Karnataka, in cui nei cinque anni di governo del Bjp si sono verificate tra le più gravi persecuzioni contro le minoranze religiose: 223 soltanto negli ultimi tre anni, stando a un rapporto pubblicato nel 2013 dal Ministero degli affari interni; nella maggior parte dei casi – 150 – contro le comunità cristiane. Nel rapporto ministeriale, il Karnataka è al quarto posto su scala nazionale tra gli stati in cui si è avuto il maggior numero di violenze religiose ed etniche, preceduto dall’Uttar Pradesh, con 347 casi, dal Maharashtra, con 326, e dal Madhya Pradesh, con 299.
Dall’inizio dell’anno un aumento delle violenze si è registrato specialmente nell’Andhra Pradesh, lo stato della federazione indiana quinto per popolazione con quasi 84,5 milioni di abitanti (censimento del 2011). L’episodio più grave è successo nella notte dell’11 gennaio nel villaggio di Vikarabad. Quattro uomini si sono recati a casa del reverendo B. Sanjeevulu e, con il pretesto di voler pregare con lui, lo hanno indotto a uscire per strada. Quindi lo hanno aggredito brutalmente, colpendolo più volte con randelli e bastoni. La stessa sorte è toccata alla moglie accorsa alle sue grida che tuttavia, benché anch’essa ferita, è riuscita a fuggire e a chiedere aiuto. Ricoverato in gravi condizioni, il pastore è deceduto due giorni dopo. Nei giorni successivi altri due pastori sono stati aggrediti: il reverendo Talla Christopher, nel villaggio di Munugode, e Gajjala Neeladri Pal, nel villaggio di Ipparthi.
Responsabile delle aggressioni ai cristiani nell’Andhra Pradesh è quasi sempre il gruppo Hindu Vahini, che raccoglie consensi soprattutto tra i giovani: «Gli attacchi contro i pastori cristiani dell’Andhra Pradesh – spiega il presidente del Gcic – sono in aumento e destano preoccupazione. Sono violenze immotivate che con la scusa di ‘fermare le conversioni’ colpiscono in modo mirato la comunità».
In seguito all’uccisione del reverendo Sanjeevulu, la Federazione delle Chiese dell’Andhra Pradesh ha chiesto alla Commissione Nazionale per i Diritti Umani di intervenire per proteggerne e risarcirne famiglia. Insieme al Gcic, la Federazione ha inoltre rivolto un appello al governo locale e a quello centrale affinché intervengano a fermare gli Hindu Vahini e si impegnino a garantire la sicurezza della minoranza cristiana.
Fonte: http://www.lanuovabq.it/
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