I giudici più avanti di Renzi: alle coppie gay anche l’adozione

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20120215_giudice_di_pace_d0Il Futurismo celebrava il principio delle parole in libertà. Scrivere liberi da vincoli formali, grammaticali, semantici e di senso. Alcuni giudici oggi hanno fatto propria questa ricetta e paiono futuristi in toga che emettono sentenze ed ordinanze le quali si ispirano al principio dei “diritti in libertà”, diritti slegati da ciò che dicono le leggi e dalla verità sull’uomo.

Un ultimo esempio di questa pratica d’avanguardia giuridicaviene dal Tribunale dei minorenni di Roma che ieri, prima volta in Italia, ha dato in adozione una bambina ad una lei di coppia lesbica. I fatti in sintesi sono questi. Due donne, oggi ormai coppia stabile da dieci anni, si “sposano” all’estero e sempre all’estero ricorrono alla fecondazione eterologa. L’ovocita proviene da una delle due donne e lo spermatozoo da un donatore. Nasce una bambina che agli occhi della legge italiana è ovviamente figlia solo di una delle due donne, perché solo lei è madre biologica. Da qui la richiesta della coppia che l’altra compagna potesse adottare la bambina, che oggi ha cinque anni, affinché anche lei potesse sentirsi chiamare “mamma”.

Come è noto in genere l’adozione è possibile solo a favore di coppia coniugata, ma l’art. 44 della legge sull’adozione del 4 maggio 1983, n. 184, come modificata dalla legge 149 del 2001 prevede alcuni casi particolari dove non è necessario che gli adottanti siano coniugati. I giudici hanno fatto riferimento proprio a questo articolo che, ahiloro e ahinoi, però non può essere chiamato in causa perché la fattispecie presente esula da quanto contemplato dall’art. 44. Infatti, tra i molti casi, la richiesta di adozione può venire anche da persona non coniugata che è legata al minore da “preesistente rapporto stabile e duraturo” ma solo quando il minore è orfano sia di padre che di madre. Però la bimba ha di certo vivente almeno la madre (del padre non si può avere notizia). Ma al di là di questa disposizione, tutta la normativa sull’adozione è volta a scegliere per il minore l’adottante migliore e l’ambiente educativo più promettente per la sua crescita. Cosa che nelle coppie omosessuali, ci dicono una montagna di studi, non avviene mai.

Questa decisione del foro romano è paradigmatica per più motivi. Innanzitutto suggella la validità del principio del piano inclinato. Il sì all’adozione per coppie gay è l’ultimo tassello che è andato a cadere di molti altri caduti in precedenza. Marzo 2012: la Cassazione afferma che anche le coppie gay hanno un “diritto alla vita familiare” e a “vivere liberamente una condizione di coppia” con la possibilità di un “trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata”. Stesso mese e stesso anno: il Tribunale di Reggio Emilia concede il permesso di soggiorno ad uno straniero che ha “sposato” all’estero un italiano. Gennaio 2013: lui e lei si separano e la figlia viene data in affido alla madre. Questa poi va a convivere con la sua compagna. L’ex marito chiede ai giudici di togliere la figlia da quel contesto sicuramente poco educativo per la piccola. I giudici della Cassazione rispondono picche, qualificando le critiche dell’ex coniuge come un “mero pregiudizio” perché è tutto da provare “che sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale” e l’uomo dà “per scontato ciò che invece è da dimostrare, ossia la dannosità di quel contesto famigliare” (clicca qui).  Passano pochi mesi e nel novembre dello stesso anno una bambina di tre anni viene affidata in modo temporaneo ad una coppia omosessuale. (vedi “Affido a coppie gay. La miopia dei cattolici”, “Genitorialità impazzita, pagano i bambini” e “Affido, scorciatoia gay per le adozioni”). Il percorso è netto e graduale: dal fatto che anche la coppia omosessuale è “famiglia”, al riconoscimento di quei diritti che solo la famiglia fondata sul matrimonio potrebbe vantare, tra cui l’adozione.

In secondo luogo la decisione dei giudici romani è paradigmatica anche perché per l’ennesima volta abbiamo avuto la conferma che in Italia sono i magistrati che fanno le leggi, non gli onorevoli seduti in Camera e Senato. La tecnocrazia giurisprudenziale non interpreta le leggi, ma le inventa e al Parlamento, fedele cancelliere e vassallo delle toghe, non rimane altro che verbalizzare quanto deciso dai tribunali. A breve inizierà la discussione sul progetto di legge sulle unioni civili, cioè il “matrimonio” omo: nulla di più facile per i parlamentari favorevoli a questa proposta dire che occorre concedere anche l’adozione ai gay nella forma minimale tedesca della stepchild adoption (possibilità di adottare solo il figlio dell’altro/a compagno/a) perché già realtà giurisprudenziale.

In questa prospettiva il Tribunale dei minori di Roma in un colpo solo ha messo a segno due centri: accesso delle coppie gay all’adozione e riconoscimento giuridico della convivenza omosessuale che tanto somiglia al “matrimonio” gay perché ordinariamente, come abbiamo accennato, solo le coppie sposate possono adottare. E in questo c’è nascosto un altro colpo di genio dei giudici: mettere il carro davanti ai buoi. Detto in altre parole: non aspettare di avere il “matrimonio” gay per riconoscere ai “coniugi” omosessuali i diritti che discendono da questo vincolo. Ma all’opposto riconoscere da subito i diritti propri del vincolo sponsale per poi legittimare, con più facilità, le “nozze” tra persone dello stesso sesso. Anticipare quindi i diritti del matrimonio all’istituto matrimoniale stesso.

In terzo luogo il male giuridico si è così espanso che oramai i temi si saldano tra loro: la fecondazione eterologa sdoganata ad aprile dalla Corte Costituzionale offre la sponda all’adozione, questa offrirà il destro per le “nozze” gay. Il male ha infiniti vasi comunicanti.

Naturalmente in tutta questa strategia omo che vede i principi non negoziabili in caduta libera, il figlio è solo carne da macello. Perché sottratto con l’eterologa al padre biologico e perché condannato a crescere in un ambiente per lui dannoso. Verità non riconosciute dalle due donne che hanno vinto la causa dell’adozione e che hanno dichiarato: “Siamo felici, quasi incredule, di questo risultato che era atteso da anni e che rappresenta una vittoria dei bambini”.

Ma quando i guai verranno a galla e i figli di coppie omo si ribelleranno, si avrà subito pronta la risposta: “Del resto anche in molte coppie etero i bambini sono infelici”. Quindi non preoccupiamoci: la riserva degli eterosessuali – dove noi tutti culturalmente finiremo a breve – non verrà mai soppressa perché utilissima pietra di paragone per tutti i disastri che il mondo omosex produrrà.

di Tommaso Scandroglio

Fonte: http://www.lanuovabq.it/


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