I dannati della Nord Corea, vittime della paura nucleare

Volano parole grosse nell’ultima crisi scatenata dai test missilistici della Corea del Nord. Dopo il nuovo lancio di ordigni nel Mar del Giappone, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha votato all’unanimità (anche con il voto della Cina) nuove sanzioni economiche. Queste misure restrittive colpiranno duramente le esportazioni principali del “regno eremita”, che già di suo è quasi del tutto autarchico. Materie prime e pescato saranno vietati, con un danno previsto di 1 miliardo di dollari all’anno per la Corea del Nord, un terzo del valore del totale delle sue esportazioni.

Alle sanzioni, la Corea del Nord, ora abbandonata anche dal suo unico alleato cinese, risponde con minacce roboanti quanto implausibili. Gli Usa affermano che l’opzione militare è sempre sul tavolo? Allora “trasformeremo l’America in un mare di fuoco”, come ha dichiarato lo stesso dittatore Kim Jong-un. Il regime di Pyongyang protesta contro le sanzioni Onu, che definisce una “violenta violazione della nostra sovranità”. Al tempo stesso, secondo l’agenzia stampa nordcoreana, la Kcna, il programma nucleare andrà avanti, per avere una “carta nucleare da giocare sul tavolo del negoziato”. L’intento è chiaro, dotarsi dell’arma atomica per rendere il regime inattaccabile dall’esterno e dotarlo di un notevole strumento di ricatto per ogni futura trattativa. Sempre che ci siano future trattative…

Il mondo segue con interesse, misto a paura l’ennesimo botta-e-risposta fra il regno eremita e il resto della comunità internazionale. Fra timori, forse esagerati, per l’eventualità remota di una guerra atomica e speranze, sicuramente sopravvalutate, per possibili nuovi negoziati, si dimentica sempre quel che la Corea del Nord vuole far dimenticare: la sua massiccia violazione di ogni libertà umana, a partire da quella religiosa. Nel 2014, la Commissione di Inchiesta (COI) delle Nazioni Unite, costituita ad hoc per investigare sull’oscuro caso nordcoreano, trasse delle conclusioni drammatiche. La Corea del Nord è, semplicemente, il regime più repressivo al mondo. L’elenco dei crimini commessi sistematicamente ai danni della sua stessa popolazione, è lungo. Non manca nulla: omicidi politici, riduzione in schiavitù, tortura, incarcerazione arbitraria, violenza sessuale, aborto forzato, violenze sessuali di altra natura. Sono tutti considerati crimini contro l’umanità. E vengono commessi dal regime su larga scala, in un sistema di campi di concentramento ancora pienamente in funzione. Si può essere arrestati anche per un semplice sospetto. Assieme all’accusato, finiscono nei gulag del regime stalinista anche tutti i suoi parenti fino al terzo grado. Non solo tutte le religioni sono vietate, ma basta il sospetto di un contatto con un’organizzazione religiosa all’estero, o il possesso di materiale, letteratura o simboli religiosi per finire ai lavori forzati. Secondo l’organizzazione Open Doors, la Corea del Nord è sempre al primo posto dei regimi che perseguitano i cristiani.

Il regime nordcoreano è anche un monumento all’inutilità del Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu. Dopo il rapporto della Commissione di Inchiesta, il 23 marzo 2016 il Consiglio aveva adottato una risoluzione che condanna la violazione dei diritti umani in Corea del Nord e autorizzava la creazione di un gruppo di esperti indipendenti allo scopo di trovare metodi pratici per portare i responsabile di fronte a un giudice, anche alla Corte Penale Internazionale. Questi metodi pratici non sono mai stati trovati. E’ quasi impossibile che un alto dirigente del partito unico comunista che governa la Corea del Nord, ma anche un semplice secondino di un gulag, finisca alla sbarra. Dal marzo 2016 ad oggi non è seguita alcuna azione concreta dell’Onu

Piuttosto, con l’ascesa di Kim Jong-un, l’ultimo della dinastia di dittatori stalinisti, la situazione dei diritti umani è ulteriormente peggiorata. L’unico confine relativamente attraversabile (e quello attraverso il quale sono fuggiti quasi tutti i defezionisti) era quello con la Cina, nel Nord del Paese. Ma nel 2016 è stato blindato col favore della Cina, con nuove barriere, filo spinato e reti, oltre che un maggiore sforzo per bloccare ogni comunicazione telefonica al di là del confine. La Cina è complice di questa svolta repressiva. Non solo ha dato il suo contributo nella chiusura del confine, ma arresta e restituisce tutti i fuggitivi sui cui riesce a mettere le mani. E anche il regime nordcoreano stesso manda i suoi agenti segreti in Cina a rapire (letteralmente) i defezionisti e riportarli in patria, dove li attende la condanna a morte o il gulag.

Anche quei rifugiati che hanno ottenuto asilo in Corea del Sud sono sempre meno sicuri. Da quando Kim Jong-un è arrivato al potere, dunque dal 2011, fra loro 25 sono stati rimpatriati. Secondo la versione ufficiale delle autorità sudcoreane, il rimpatrio è avvenuto “volontariamente”, ma non è stata condotta alcuna indagine approfondita sui loro casi. L’atteggiamento del nuovo presidente Moon della Corea del Sud è sempre meno determinato. Vuole il dialogo, ma i diritti umani sono una variabile non così fondamentale. La Corea del Nord ha preliminarmente chiesto di escludere dall’agenda di futuri negoziati. E le famiglie dei nordcoreani fuggiti nel Sud si sentono meno protette.

Anche questo è un effetto della paura causata dalla crisi nucleare nordcoreana. Nel nome di una pace da preservare, per il terrore di una (improbabile) guerra nucleare, tante vite sono lasciate marcire ogni giorno nell’inferno nordcoreano.

di Stefano Magni | Lanuovabq.it

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