Morto il medico svedese che ha speso la propria vita a confutare gli stereotipi su povertà e violenza.
C’è una domanda che aleggia per l’Occidente: come hanno fatto le forze populiste a prendere l’egemonia nel dibattito politico e, in alcuni casi, a vincere le elezioni? Sicuramente un problema è il racconto di un’epoca d’oro passata, un’età in cui si stava meglio, mentre oggi va tutto male. Trump ha vinto delirando di una grande America perduta e la Brexit si è imposta con una narrazione su un’Inghilterra “indipendente” del passato. E questi sono solo due esempi, pur estremamente disastrosi, dei frutti della paura irrazionale.
C’è stata una persona che, invece, ha dedicato la vita a confutare il cieco pessimismo romantico su cui capitalizza il populismo: Hans Rosling, morto a Uppsala il 7 febbraio a 68 anni. Laureato a Uppsala in medicina e statistica, membro dell’Accademia di Svezia e del Karolinska Institutet, fondatore della sezione svedese di Medici senza frontiere e infine della fondazione Gapminder. Ha vissuto vent’anni in Congo per studiare e combattere il konzo, una malattia epidemica paralizzante.
Per anni Rosling ha combattuto una battaglia per l’analisi corretta della situazione nel mondo, in particolare sfidando l’idea paternalista occidentale che tutti gli altri stiano male, che la povertà sia in aumento, che si muoia sempre più di fame. In particolare si è battuto contro i mass media che fanno audience sulla paura, dando l’impressione che ci sia solo violenza, fame, povertà e disperazione nel mondo. E lo faceva dati alla mano, con grandi doti di comunicatore, al punto da essere definito un edutainer, neologismo composto da educator ed entertainer, educatore e uomo di spettacolo
«L’80% della popolazione umana usa contraccettivi e si tratta di famiglie con due figli, l’80% vaccina i propri figli, il 90% delle bambine va a scuola, l’80% ha elettricità in casa. Pertanto la grande maggioranza, quasi sei su sette persone, ha una vita dignitosa. Il rimanente vive in povertà estrema e inaccettabile», disse in un’intervista alla tv britannica Channel Four, nella quale sostiene anche che il problema non siano i rifugiati che vanno in Europa e Nord America, ma che i paesi ricchi non siano abituati al naturale spostamento delle popolazioni come lo sono i paesi poveri. La Tanzania ospita rifugiati dal Burundi, l’Iran e il Pakistan ospitano rifugiati dall’Afganistan, e nessuno lì invoca “crisi di rifugiati” come si fa da noi.
In un altro programma della BBC Rosling annunciava la possibilità che nei prossimi 15 anni si elimini la povertà estrema nel mondo, pur ammonendo che l’ultimo pezzo di strada di solito è il più difficile da percorrere.
Basta andare sul sito della sua fondazione Gapminder per leggere dati ed elaborazione di dati — Rosling ha anche sviluppato per questo scopo il software Trendalyzer —, sovrastati da titoli quali “Un sogno è diventato realtà” o “Non facciamoci prendere dal panico ed eliminiamo la povertà”. Rosling ha opposto la conoscenza all’ignoranza, i fatti alle impressioni, i dati alle narrazioni tossiche. Tutto questo non per “addormentare alla rivoluzione”, come diceva Marx delle religioni-oppio, ma per fare la rivoluzione con cognizione di causa, per andare in battaglia preparati, per rendere questo mondo un posto migliore per tutti.
Non conosciamo nel particolare l’appartenenza religiosa di Hans Rosling, anche se è certa l’influenza luterana sull’ambiente culturale in cui è cresciuto. Tuttavia, il punto non è mettere una bandiera con una croce sulla sua esistenza e sulle sue battaglie, ma l’esempio di Rosling ci ricorda oggi, nel Cinquecentenario delle 95 tesi di Lutero, del legame tra Riforma e rigore filologico, tra Riforma e umanesimo, tra Riforma e alfabetizzazione delle masse.
In un’epoca in cui il discorso populista ha successo, in cui anche le fedi capitalizzano sulla paura — la supposta “perdita dei valori”, i “poveri giovani” senza scopo, l’Europa “senza Dio”, l’attacco generalizzato “contro la famiglia” —, è importante riscoprire il valore filologico della conoscenza dei fatti. Per fare un esempio, pensiamo alla razionalità del progetto dei Corridoi Umanitari opposta alla follia dei respingimenti. Dire, come diceva Rosling, che il mondo non è mai stato migliore di oggi non significa che dobbiamo accontentarci dei risultati raggiunti, ma che è possibile ottenerne ancora di più, mentre cedere a una retorica pessimista non suffragata da dati rischia di rendere gli obiettivi come impossibili. Si tratta di due modelli di civiltà, proprio come all’epoca della Riforma: una fondata sull’elemosina che non cambia il mondo, perché tanto non si può cambiare nulla, e l’altra fondata sulla fiducia che seminando bene si possano raccogliere buoni frutti.
Immagine: via Flickr
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