di Agostino Masdea – Quando Gesù si recò a Nain, un villaggio della Galilea, mentre stava vicino alla porta della città si trovò davanti una processione funebre, di gente che portava un morto al cimitero. Si trattava di un ragazzo, figlio unico, la cui morte aveva suscitato molto scalpore, sia per la sua giovane età, sia per il fatto che si trattava dell’unico figlio di una vedova.
Fu proprio questa mamma ad attirare l’attenzione di Gesù: “Appena la vide, il Signore ne ebbe compassione e le disse: “Non piangere!” Potrebbero sembrare parole fuori luogo, viste le circostanze. Come poteva Gesù chiedere a quella madre disperata e affranta dal dolore di non piangere?
Non si trattava di insensibilità da parte del Maestro, ma di compassione. Naturalmente Gesù sapeva ciò che stava per succedere, ed era qualcosa così imprevedibile quanto eclatante, che persino i discepoli sarebbero rimasti stravolti e meravigliati.
Questo passo del vangelo ci aiuta a comprendere come il Signore conosce sempre la fine della storia, fin dall’inizio. Non ho alcun dubbio che fu proprio per quella vedova e quel ragazzo che Gesù aveva lasciato Capernaum per andare a Nain. Ci insegna quindi a fidarci sempre di Dio ed imparare a fare come Gesù: immedesimarci e provare compassione per chi soffre, per un lutto, per una malattia o per il dolore profondo di un’anima ferita dalla vita e in balia della disperazione, della rassegnazione e della tristezza.
Gesù non passò oltre, ma si avvicinò alla bara, fermò quella processione che non doveva più arrivare al cimitero, perché il Datore della vita stava per compiere il grande miracolo nel dare di nuovo la vita, e quel corteo funebre poteva invertire il senso di marcia perché stava per trasformarsi in un corteo in festa.
Questo è ciò che fa Signore: cambia il lutto in danza. “Giovinetto, io ti dico, alzati! E il morto si mise a sedere e cominciò a parlare”. Quando arriva Gesù, arriva di nuovo la vita, rinasce la speranza e Dio si glorifica! Egli ti sta dicendo oggi: “Alzati!”
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