Giovani più conservatori dei genitori sui temi etici

È curioso ciò che rivela uno studio dell’Università di Tilburg, circa il rapporto fra i giovani ed i temi etici, in modo particolare inizio e fine vita. Pare infatti che le persone di età compresa fra i 20 ed i 30 anni credano nei valori non negoziabili di più rispetto ai loro genitori. Ne parla un articolo di Dutch News.

È strano, perché siamo ormai fin troppo abituati a pensare che il progresso sociale consista nell’abbattere i paletti del passato. Ma siamo davvero sicuri che questo sarebbe un reale progresso? I giovani sembrano sfuggire a questa logica. Quita Muis, sociologa dell’Università di Tilburg, spiega che queste generazioni sono in cerca di nuovi valori, che si identificano con quelle del passato e le rievocano.

«Circa 7.000 olandesi fanno parte del progetto di ricerca, rispondendo a domande su questioni come l’aborto, l’eutanasia, il suicidio e l’omosessualità. La maggior parte di questo gruppo è ancora favorevole alla libera scelta in merito a tali questioni, ma i ricercatori hanno scoperto che i nati negli anni ’80 e ’90 sono molto più conservatori della cosiddetta generazione dei baby boomer. Ad esempio, l’8,1% delle persone tra i 20 e l’11,5% dei 30 anni ritiene che l’aborto non sia mai giustificabile, rispetto al 7% degli over 40».

Dal canto suo, invece, la generazione precedente considerava aborto ed eutanasia proprio come conquiste sociali, obiettivi per cui lottare in nome del “diritto alla scelta”. E queste lotte a cosa hanno portato?

L’aborto volontario, oltre ad eliminare un bambino innocente, mette a serio rischio la salute fisica e psichica delle donne (come spiegavamo in un altro articolo): infezioni, emorragie, sepsi, cancro al seno e morte sono solo alcune delle possibili conseguenze (senza contare quelle di natura psicologica, fra cui depressione e tendenza suicidaria).

Inoltre, sono pochissime le donne che vengono debitamente informate da chi pratica aborti sui rischi che corrono, non venendo, quindi, messe in grado di scegliere in modo totalmente libero. Ancor meno sono quelle che vengono aiutate a trovare alternative. Quindi, cosa rimane loro del diritto alla scelta, in nome del quale è stato legalizzato l’aborto?

Stesso discorso per il fine vita. Con il testamento biologico è possibile chiedere di essere lasciati morire (in Italia) o di essere fatti morire attivamente (in altri Paesi) in determinate condizioni. Ma se, nel momento in cui esso viene applicato non si è più in grado di esprimersi e la propria volontà è cambiata, ci si dovrà rassegnare ad andare incontro alla morte nel più breve tempo possibile. Dov’è finito il diritto alla scelta?

Eutanasia e suicidio assistito, lì dove sono legali, mietono sempre più vittime. Le cure costano, ma la morte è gratis, offerta su un piatto d’argento. Un malato non si sentirà, dunque, costretto a chiedere la morte? Se un malato, disabile o sofferente viene fatto sentire un peso e privato dell’assistenza necessaria (oltre che del calore affettivo), è veramente libero di farsi fuori o non si sentirà, forse, un po’ in obbligo a togliersi di mezzo?

La verità è che non c’è più alcun diritto alla scelta, quando viene negato il diritto alla vita.

Evidentemente più giovani oggi stanno aprendo gli occhi sugli inganni dell’epoca del “Vietato vietare”. Pro Vita e Famiglia a quella falsa idea di avanguardia preferirà sempre un reale progresso che metta al centro la persona umana e i diritti dei più deboli.

di Luca Scalise | provitaefamiglia.it

Ti è piaciuto l'articolo? Sostienici con un "Mi Piace" qui sotto nella nostra pagina Facebook