L’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere di Brescia (OPAL) ritiene “inopportuna e controproducente” l’iniziativa del Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC) di collaborare con le aziende produttrici di videogiochi che riproducono situazioni reali di guerra per introdurre nei videogames le regole di guerra e del diritto umanitario internazionale.
Un recente comunicato diffuso dalla sede di Ginevra del Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC), riporta che “ICRC ha iniziato a lavorare con gli sviluppatori di videogiochi di guerra così che i giocatori si trovino ad affrontare gli stessi dilemmi dei veri soldati” [1].
«Non solo in questo modo si legittima l’uso e la diffusione di questi videogiochi ma, paradossalmente, si contribuisce a renderli ancora più realistici creando una pericolosa affinità tra il gioco e la realtà» – si legge nel comunicato dell’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere di Brescia (OPAL).
«Pur comprendendo – continua il comunicato di OPAL – che oggi questi videogiochi hanno una diffusione planetaria e che sia necessario trovare delle modalità per evitare che contribuiscano a promuovere una concezione di tipo indiscriminato della guerra, riteniamo che l’intento di includere le regole di guerra così da rendere tali videogiochi “più vicini alla realtà” [2] sia artificioso e, soprattutto, controproducente».
Il Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC), dopo aver diffuso uno studio [3] sulla relazione tra “videogames e norme umanitarie”, ha deciso di collaborare con gli sviluppatori di videogiochi che simulano situazioni reali di guerra. “La Croce Rossa Internazionale e la Mezzaluna Rossa – si legge nel comunicato diffuso dalla ICRC – hanno pubblicamente dichiarato il loro interesse per le opportunità che tali videogiochi presentano per diffondere la conoscenza del diritto nei conflitti armati”. “Tuttavia – nota il comunicato – la Croce Rossa non intende intervenire nel dibattito sui livelli di violenza nei videogames”.
«Ci stupisce – afferma Piergiulio Biatta, Presidente di OPAL Brescia – che per cercare di evitare l’impressione nei giocatori che in guerra tutto è lecito la Croce Rossa Internazionale abbia finito col sottovalutare l’impatto nocivo generale di questi videogiochi soprattutto sui giovani e sulla loro percezione della realtà. Più che cercare di immettere nei videogiochi le regole della guerra ci saremmo aspettati dalla Croce Rossa una campagna internazionale per una rigorosa regolamentazione del loro utilizzo al di fuori degli ambienti militari o per lo meno per controlli molto severi sul loro accesso soprattutto ai minori».
Uno studio pubblicato nel luglio del 2012 dal “Journal of Experimental Social Psychology” riporta che “le persone che usano videogames violenti per tre giorni consecutivi mostrano comportamenti aggressivi e aspettative ostili che aumentano giorno dopo giorno” [4]. Lo stesso studio diffuso dall’ICRC ammette che “se le ricerche non hanno stabilito un nesso di causalità tra giochi violenti e comportamenti violenti, non hanno però escluso un tale collegamento”. [5]
Il timore che ha spinto il comitato ginevrino a intervenire nel mondo dei videogiochi è che alcuni scenari virtuali, soprattutto quelli più realistici, possano indurre a banalizzare le gravi violazioni del diritto internazionale di guerra. Tra le principali violazioni segnalate dall’ICRC vi sono “l’uso di torture negli interrogatori, gli attacchi deliberati contro i civili, l’uccisione di prigionieri o feriti e gli attacchi contro il personale medico, le sue strutture e mezzi come le ambulanze o che chiunque possa essere ucciso”.
«Se pensiamo – commenta il professor Piero P. Giorgi, già Docente di Neuroscienze presso la Scuola di Scienze Biomediche della University of Queensland (Australia) e membro del Consiglio Scientifico di OPAL – ai problemi di dipendenza e comportamentali collegati ai videogames o anche solo agli sforzi che milioni di genitori nel mondo devono quotidianamente fare per distogliere i propri figli dai videogiochi e soprattutto da quelli più realistici e violenti possiamo farci un’idea di quanto poco rilevante sia per loro sapere che i loro ragazzi stanno rispettando le regole del diritto umanitario internazionale mentre giocano alla guerra».
Uno dei videogiochi in cui il Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC) ha potuto introdurre le “regole di guerra” è definito dall’Entertainment Software Rating Board (ESRB) degli Stati Uniti come “pertinente per persone dai 17 anni in su” in quanto contiene “scene di sangue, linguaggio forte e intensa violenza”.
L’Osservatorio OPAL, pur riconoscendo che l’educazione alla pace e alla nonviolenza non rientrano tra gli obiettivi statutari della Croce Rossa Internazionale, evidenzia che non andrebbe tralasciato da parte di un’organizzazione umanitaria internazionale il più ampio impegno per evitare lo sviluppo di strumenti, come i videogiochi, che permettono e diffondono – sia pur in forma virtuale – l’uso della violenza, sottovalutano la sofferenza e trascurano i principi e i valori umanitari. [6]
Come segnala l’ICRC, alcuni di questi videogiochi sono stati progettati e realizzati dalle stesse ditte che sviluppano simulazioni di teatri di battaglia per l’addestramento delle forze armate nei quali le leggi del diritto di guerra dovrebbero essere una componente necessaria.
«Chi come noi – aggiunge Rosalba Panaro, ex insegnante e membro del Consiglio direttivo di OPAL – è attivamente impegnato a promuovere nelle scuole e coi giovani percorsi di pace sa che la fatica maggiore consiste nel portarli a superare quel tipo di percezione virtuale e asettica della guerra che i videogiochi veicolano. E’ sempre più difficile riuscire a far comprendere ai ragazzi e anche ai giovani che per milioni di persone la guerra è una tremenda realtà di morte e sofferenza e non un videogioco che si può ricominciare dall’inizio premendo il tasto di restart».
Ancor più inspiegabile – segnala OPAL – l’attenzione del Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC) alle possibili ripercussioni sulle vendite, anzi sul “successo commerciale” [7], dei videogiochi che hanno introdotto le regole di guerra. «Una preoccupazione – commenta Carlo Tombola, Coordinatore scientifico di OPAL – di cui non comprendiamo il senso. Sarebbe comunque importante sentire il parere delle migliaia di volontarie della Croce Rossa sull’intera operazione che è già in atto sebbene non sia stata approvata alcuna risoluzione in merito durante l’ultima Conferenza internazionale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa».
«Sarebbe soprattutto necessario sapere dall’ICRC – conclude Mimmo Cortese,membro del Consiglio scientifico di OPAL – quand’è stata l’ultima volta che in un conflitto armato sono state rispettate pienamente da qualche parte in conflitto, comprese le forze militari delle Nazioni Unite, le Convenzioni di Ginevra e del Diritto internazionale umanitario che ora la Croce Rossa si preoccupa di far introdurre nei videogiochi. Forse è bene che il Comitato Internazionale della Croce Rossa torni ad occuparsi della realtà dei conflitti che, come purtroppo è sotto gli occhi di tutti, non solo non diminuiscono ma si vanno sempre più imbarbarendo».
L’Osservatorio OPAL ha inviato le proprie osservazioni al Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC) di Ginevra e alla sede romana della Croce Rossa Italiana manifestando la propria disponibilità ad approfondire la conoscenza e il dibattito su un tema così delicato e di notevole rilevanza sociale. L’Osservatorio OPAL segnala infine che dedicherà un capitolo specifico del prossimo annuario al tema dei videogiochi di guerra.
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