È uscito il 5 Novembre 2013, sul giornale online dailymail un articolo sconvolgente dal titolo “Inside the outrageous world of child cage fighting: Tiny boys who are trained to attack each other in America’s baby MMA arenas” (ovvero “Dentro allo scandaloso mondo delle gabbie da combattimento per bambini: ragazzini addestrati a picchiarsi nelle arene MMA americane”). L’articolo ci parla di questo “sport” emergente negli Stati Uniti che ha già coinvolto circa 3 milioni di bambini e che sta (giustamente) facendo scalpore. I piccoli combattenti iniziano giovanissimi; sul ring si possono vedere combattere anche bambini di soli 5 anni! Talvolta non indossano nemmeno le protezioni adeguate, rischiando così di farsi parecchio male…
Oltre al pericolo fisico, questi bambini e bambine (eh già, anche le femminucce sono coinvolte) rischiano di incappare in disordini sociali e psicologici. Immaginate cosa può provare un bambino di 6/7 anni che viene accompagnato in una gabbia di ferro e incoraggiato da un pubblico in delirio a combattere secondo delle regole (praticamente inesistenti) del mixed martial arts: una forma di arti marziali miste in cui vale praticamente tutto. Come se non bastasse, ai più “talentuosi” viene dato loro un nome d’arte raccapricciante. Un esempio? Il piccolo Mason Bramlette (nella foto qui sopra), 7 anni, è stato soprannominato “la bestia”. Kristofer Arrey, anche lui 7 anni, viene chiamato “il collezionista di braccia”…
In un’intervista apparsa sulla CNN, il fotografo Sebastian Montalvo racconta di aver assistito ad una scena scioccante: durante un combattimento tra due bambini di 7 anni, uno dei due scoppia a piangere. L’arbitro gli chiede: “va tutto bene? Vuoi che interrompiamo il combattimento?”. A quel punto il padre del bambino si mette a urlare: “Rimani sul ring!”.
Montalvo aggiunge: “I genitori sono super-competitivi. Vogliono che i loro figli vincano a tutti i costi.”
Non so voi, ma noi trovo tutto questo davvero sconvolgente…
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Peccato! In quel ring i genitori non vedranno mai lottare i loro figli, alleati, contro il peccato: una lotta comune!
È forse comune a tutti la facilità con la quale osserviamo e commentiamo con tristezza questo video, ma al di fuori di quel ring dove dei bambini si sfidano per la gioia dei padri, senza cuore, anche noi guardiamo e commentiamo con compassione le cadute e le sconfitte dei fratelli. Raramente manifestiamo l’attitudine di apprezzare il bene negli altri e di farne oggetto di elogio e di istruzione per noi stessi. Molto più diffusa la pratica della critica fine a sé stessa, del tipo: “Ma guarda come si comporta quel tale! È sempre il solito”. Il problema è che quando questo accade, riduciamo l’impegno nel contrastare il peccato nella nostra vita.
Inoltre, almeno noi, come fratelli e sorelle ci dobbiamo chiedere: come è possibile che ci vediamo, ci salutiamo, stiamo insieme e sembra tutto “normale”, poi improvvisamente ci accorgiamo di cadute inaspettate e scandalose nel peccato? Come mai va sempre “tutto bene”, e poi vediamo credenti che non frequentano più la chiesa locale, coppie che si separano, i figli che scelgono lo sporte e gli amici al Signore e stimati fratelli che abbandonano il proprio servizio!
Il combattimento che si deve cercare assolutamente vincere è contro il male e contro le concupiscenze della carne. La lotta contro il peccato deve essere vissuta dai credenti come una lotta comune, dove non c’è posto per l’orgoglio personale e il disprezzo, piuttosto sono richieste l’attenzione e la collaborazione gli uni per i bisogni degli altri.
Il brano dal quale scaturiscono le nostre considerazioni è quello di Galati 6:1-2:
“Fratelli, se uno viene sorpreso in colpa, voi, che siete spirituali, rialzatelo con spirito di mansuetudine. Bada bene a te stesso, che anche tu non sia tentato. Portate i pesi gli uni degli altri e adempirete così la legge di Cristo.”
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