Ciao mi chiamo Francesco e questa è la storia di uno chef. Sono nato a Palermo, a mio avviso in una delle più belle isole al mondo, la Sicilia.
Negli anni 70 era molto diffusa la cultura di mandare i ragazzini a lavorare, io ero uno di quelli. Già da bambino avevo fatto tanti lavori ed all’età di 13 anni, lavoravo già in una fabbrica di scarpe per donna.
Un giorno un mio carissimo zio che lavorava al Motel Agip di Palermo come cameriere, mi disse: Francesco che lavoro fai? Ed Io risposi: “lavoro in una fabbrica di scarpe”.
Lui replicò in maniera ferma e decisa: NO! Tu da grande farai il cuoco! Domani mattina andrai a trovare un mio amico che è proprietario di un self-service e potrai iniziare a lavorare con lui, fidati di me… E così feci, mi armai di tanto entusiasmo unito anche a una buona dose di aspettative e iniziai la mia nuova avventura nel mio nuovo lavoro.
Conobbi il proprietario del self service “Reindeer” il Signor Gianni, tenete a mente questo nome, capirete il perché alla fine.
In cucina capii immediatamente che quello sarebbe diventato il lavoro della mia vita, ovviamente, non avevo iniziato facendo il cuoco bensì dall’ultimo gradino, la mia posizione era quella del facchino.
Proprio così, facevo il facchino, e seppur questo termine sia spesso associato a una figura di poco conto o di poco valore, io invece non ero di questo parere, anzi mi sentivo importante e valorizzato, ma non da un ruolo o da una posizione ricoperta, bensì dalla passione che quel lavoro mi dava e che aumentava giorno dopo giorno.
Io credo che ognuno di noi abbia un dono naturale da esprimere; alcuni durante la loro vita lo scoprono quasi subito, altri un po’ più tardi e purtroppo, altri ancora terminano la loro vita senza invece averlo mai scoperto.
Io, essendo costretto a diventare adulto già da ragazzo, lo scoprii praticamente subito. Dopo 4 anni di lavoro in quel luogo, insieme alla mia famiglia ci vedevamo costretti a cambiare casa e quindi anche zona. In quel periodo conobbi il signor Domenico, che ben presto mi portò a lavorare con lui all’hotel Zagarella, che tra gli anni 80’ e i 90’ era tra i più rinomati di tutta la Sicilia; naturalmente, anche lì, il mio compito sarebbe stato: facchino di cucina.
Un giorno ricordo che con il signor Domenico decidemmo di parlare con il direttore del complesso turistico dove lavoravo per farmi lavorare in cucina come “commis di cucina” e avere quindi delle responsabilità maggiori, perché non vedevo l’ora di crescere, purtroppo, però la risposta del direttore fu assai negativa. Disse, infatti, in maniera secca e decisa: “No! Chi entra asino deve uscire asino”.
Mi fu’ quindi negata la possibilità di crescere professionalmente.
In quest’ambito lavorativo giorno dopo giorno iniziai a conoscere tantissime persone, tra cui in particolare conobbi mio “figlioccio” Giovanni.
Iniziai a stare sempre con lui ero praticamente sempre “appiccicato” a lui; mi portava al ristorante al mare per lavorare con lui, stavo vedendo, scoprendo e imparando cose nuove, Giovanni è stato molto importante per la mia crescita professionale, mi mostrò un lato meraviglioso del mondo della cucina.
Con Giovanni ci ritrovammo a lavorare insieme in un ristorante, questa volta oltre a fare il facchino ero anche il suo “aiutante cuoco”.
Quando Giovanni andò via da quel ristorante, fui promosso come primo cuoco, era la mia prima vera grande responsabilità lavorativa della mia vita, la mia carriera aveva preso il verso giusto, insomma, una gavetta in scalata.
Continuava la mia esperienza lavorativa… mi ritrovai a lavorare all’hotel San Paolo di Palermo con lo chef Vito e in seguito ho lavorato anche al Costa verde di Cefalù. Lo chef Vito mi trasmise la passione, la fiducia e la fedeltà con cui si svolgo oggi il mio lavoro
Passando da un posto all’altro ho collezionato tante esperienze anche di catering, gastronomia e Street food.
Mi ritrovai anche a lavorare presso Villa Fabiana sala trattenimenti, ricoprendo il ruolo di Primo Chef e in seguito, collaborai con la baronessa Bordonaro.
La Baronessa mi riempiva sempre di complimenti e mi ha fatto scoprire che nonostante avesse un titolo nobiliare molto elevato, che spesso corrisponde a uno stile di vita assai distaccato rispetto alla nostra vita di tutti i giorni, era invece sempre gentile e con una grande predisposizione verso i valori umani.
Certo di tempo né è passato! Mi chiamo Francesco Vitale e oggi mi trovo a lavorare a Milano come food and beverages manager e gestisco la ristorazione di 7 Hotel.
Organizzazione disciplina e rispetto per i ragazzi che mi seguono sono le mie armi preferite. I ritmi e la pressione sono elevatissimi è vero, ma con il sorriso sulle labbra e la gratitudine si riesce ad affrontare tutto.
Vi ricordate del signor Gianni menzionato all’inizio? Il proprietario del self service amico di mio zio che mi diede il mio primo lavoro? Bene, lui la prima volta che mi vide mi disse: Francesco tu da grande diventerai un grande chef.
Io quel giorno decisi di credergli, e oggi mi ritrovo con tantissima esperienza alle spalle e tantissimi progetti ancora tutti da sviluppare, pieno di entusiasmo, che mi permettono di conoscere ancora tantissima gente, questa è la cosa che mi entusiasma di più di tutte, conoscere la gente.
Vorrei porre una domanda a te che stai leggendo la mia storia… a quale voce stai dando ascolto? A chi stai credendo oggi?
Sai, Il mio libro preferito in assoluto è la Bibbia, un manuale di vita che consiglio a tutti di leggere; e lì c’è un episodio molto bello riportato nei vangeli… sono gli ultimi giorni di vita di Gesù, sta per iniziare il suo calvario, e viene riportato il suo ingresso nella città di Gerusalemme.
Mi affascina tanto questa storia e riflettevo su questo, in altre parole, che Gesù come figlio di Dio e Re dei Re sarebbe potuto entrare nella città di Gerusalemme in maniera trionfale e con il miglior cavallo da combattimento scelto.
Invece, Gesù fa una cosa imprevedibile che spiazza tutti, entra nella città di Gerusalemme su di un asino… beh, se essere asino, significa portare in giro il personaggio della storia più importante di sempre, allora dico grazie a chi in passato mi ha dato dell’asino.
Spero quindi di poter rimanere sempre umile come un asino e poter camminare a testa alta e petto in fuori, orgoglioso di chi sono e ciò che sono stato.
Francesco Vitale
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