FRANA (ANNUNCIATA) IN VAL D’ASTICO

Il recente crollo che ha determinato un’ulteriore chiusura della strada provinciale della Val d’Astico (dove ogni tanto si rilancia l’idea di una prosecuzione della A 31) proviene dalla “Marogna”, una frana potenzialmente attiva nell’ordine di 5-6 milioni di metri cubi.

Con ogni probabilità è la conseguenza della predazione estrattiva, dello sfruttamento insensato in corso da decenni sulla destra orografica (sotto allo Spitz di Tonezza).

Del resto prima o poi, a furia di scavare, doveva succedere.

Come il geologo Dario Zampieri (del dipartimento di geoscienze dell’ateneo patavino), dopo aver condotto studi approfonditi sulla instabile situazione della “Gioia” (la parete soprastante), da anni andava mettendo in guardia.

Documentando fotograficamente le decine, centinaia di crepe, sgretolamenti, masse di roccia di milioni di metri cubi in equilibrio precario.

Inizialmente (1987 circa) la cava aveva prelevato il materiale depositatosi sulla sinistra orografica, dal lato opposto della “Gioia”. Ricordo massi enormi, “danteschi”, precipitati a valle qualche secolo fa, presumibilmente in coincidenza con il terremoto del 1117. All’epoca avevano invaso non solo lo stretto fondovalle – dove ora scorre la strada – ma in parte erano anche “risaliti” per inerzia sul versante opposto (la sinistra orografica, sotto Luserna e Lavarone per capirci).Creando una sorta di “bolgia infernale”, molto suggestiva su era cresciuta una fiorente vegetazione e dove, nella miriade di anfratti e cavità, trovavano rifugio molti animali.Poi, esaurito il materiale disponibile, si erano trasferiti a scavare sulla destra orografica.

Ricordo che proprio nel 1987 mi ero recato a fotografare i primi lavori di predazione scrivendo anche un “trafiletto” per “Nuova Vicenza” (contro l’apertura della cava ovviamente). Ma venne giudicato “eccessivamente polemico, allarmistico” (anche “destabilizzante” mi pare) e mai pubblicato. Perfino qualche esponente del WWF vicentino mi criticò in quanto “bisognava dialogare, meglio che venga prelevato del materiale già caduto etc.). Ora, vedendo quanto è capitato, vien da chiedersi: Ma chi stava “destabilizzando” in realtà.

E non in senso metaforico. Visto (e sentito) lo smottamento della notte tra 10 e 11 settembre il cui boato ha ridestato negli abitanti della valle ancestrali timori e – forse – rinnovato l’ostilità per il progetto di prosecuzione della A 31 (denominata non a caso “Autostrada Val d’Astico”).

Tra l’altro, prelevando i massi rimasti in bilico, ma comunque ormai assestati e trasformando il versante della montagna in uno scivolo sgombro da ostacoli, si son create le condizioni ideali perché il materiale possa precipitare fino al fondovalle.

La cava “Marogna”, gestita dalla società Sipeg Srl, era già “sorvegliata speciale” in quanto recentemente non erano mancati segnali premonitori.

Nelle ore precedenti il crollo, il monitoraggio aveva rivelato spostamenti e instabilità significativi. Tanto che la strada provinciale 350 era già stata chiusa al traffico tra il km36 e il km 35.

Si calcola che dalla “Gioia”, la parete soprastante, stavolta sia precipitato materiale per almeno 20.000 metri cubi. E non si può certo escludere che presto altri distacchi seguiranno. Anche perché il ritorno del tempo inclemente, delle piogge torrenziali, potrebbe innescare altre frane.Ma allora “la montagna si ribella?” come ha scritto qualcuno. Ne avrebbe ben donde, ma in realtà mi sa che stiamo facendo tutto da soli.

Gianni Sartori

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