Fine vita fra lessico cattolico e protestante. Goss: ‘Rispetto coscienza individuale è cruciale”

Roma (NEV), 12 agosto 2024 – L’8 agosto 2024 papa Francesco ha ricevuto il “Piccolo lessico del fine vita”. Il documento è curato dalla Pontificia Accademia per la vita (PAV) e affronta temi delicati come eutanasia, suicidio assistito, accanimento terapeutico e cure palliative. Il Piccolo lessico è stato consegnato dal presidente della PAV Vincenzo Paglia, che peraltro firma l’introduzione del volume.

Abbiamo chiesto un commento alla pastora Ilenya Goss. Coordinatrice della Commissione per i problemi etici posti dalla scienza delle chiese battiste, metodiste e valdesi, Goss ha tre lauree, in medicina, filosofia e teologia.

“Queste 88 pagine del ‘Piccolo lessico del fine vita’, come si desume anche nelle parole dell’intervista a Paglia, non portano delle sostanziali novità, anzi, sembra che gli entusiasmi iniziali per eventuali aperture da parte del magistero della chiesa cattolica rispetto al fine vita siano state ridimensionati.

Vorrei fare tre osservazioni. La prima è che nel Piccolo lessico della chiesa cattolica si parla di una possibilità, di una liceità di interrompere cure non proporzionate, riguardo quindi l’accanimento terapeutico. Non vedo la necessità di ribadire in un documento della chiesa questi elementi che sono ampiamente acquisiti, anche dallo stesso codice deontologico dei medici chirurghi e odontoiatri secondo il quale qualsiasi terapia ‘futile’, che non dia un vantaggio e possa essere valutata non significativa nel bilanciamento costi-benefici deve essere accantonata. Siamo tutti d’accordo che quando da una terapia non ci si può attendere nessun miglioramento questa terapia vada o interrotta o neppure iniziata. Un po’ più delicato è il discorso della sospensione dell’idratazione e dell’alimentazione, che non mi pare venga tematizzato in termini espliciti.

Una seconda riflessione riguarda chi deve giudicare se una cura è accettabile o non lo è più. C’è una valutazione clinica, che spetta allo specialista che dà un giudizio prevalentemente tecnico, anche se non solo. Poi, c’è la voce del malato che potrebbe ritenere una terapia inaccettabile anche se tecnicamente non fosse ‘accanimento’. Si parla di cure non proporzionate come se un criterio univoco, assoluto, sempre valido per tutti, risolvesse ogni situazione. Paglia afferma comunque che per il credente la morte non è l’ultima parola, rendendo accettabile l’idea di non prolungare artificialmente la vita. È interessante come citi, forse inconsapevolmente, il documento delle nostre chiese che, nello stesso titolo, «É la fine, per me l’inizio della vita» insiste proprio su questo aspetto: per il credente prolungare la vita non è un imperativo assoluto, perché c’è uno sguardo che supera addirittura la linea di confine della morte.

La terza riflessione è sul rapporto tra la legge e le chiese. Nella sua intervista Paglia lo risolve dicendo che la chiesa non è chiamata a legiferare, ma a formare le coscienze. Questo mi suscita una domanda: se la chiesa o le chiese – parlando nella pluralità che contraddistingue il cristianesimo – aiutano e sostengono i percorsi umani o, per usare il linguaggio di Paglia, ‘formano le coscienze’, le coscienze saranno poi rispettate quando esercitano libertà di scelta? Le coscienze di tutte e tutti? Anche quelle di chi preferisce formarsi altrove e non in una chiesa e chiede a un Paese laico di essere garantito? Se non si lascia spazio alla persona ammalata di avere una discrezionalità, una decisionalità a stabilire quando è venuto il momento di dire basta alla sofferenza, mi chiedo in cosa consista il rispetto delle coscienze nelle loro scelte e nella loro responsabilità”.

https://www.nev.it/nev/2024/08/12/fine-vita-fra-lessico-cattolico-e-protestante-goss-rispetto-coscienza-individuale-e-cruciale/#


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