Fine Vita. Corte Costituzionale nega “diritto a morire”. Grave interpretazione estensiva sui “sostegni vitali”

«La Corte Costituzionale ha respinto tutte le questioni sollevate dai legali dell’Associazione Coscioni sul fine vitanegando l’esistenza di un diritto assoluto a decidere come e quando morire e chiudendo la porta a una disciplina indiscriminata sul suicidio assistito e sull’eutanasia, che rischierebbe di indurre alla morte persone fragili depresse ed emarginate. Importante il monito della Corte per un’applicazione omogenea su tutto il territorio nazionale della Legge 38/2010 sulle cure palliative, dato che l’unico vero diritto violato oggi ai danni dei pazienti più gravi è quello di ricevere cure effettive ed efficaci per alleviare le sofferenze. È invece gravissima l’interpretazione estensiva della Corte sulla definizione di “trattamenti di sostegno vitale”, una delle condizioni per accedere al suicidio assistito, includendo anche pratiche di assistenza sanitaria alla persona non a diretto supporto delle funzioni vitali di base. A seguito di questa interpretazione aumenta il numero di casi in cui si potrà aiutare una persona a suicidarsi, velocizzando la tragica deriva eutanasica che la Consulta ha inaugurato con la sentenza 242/2019 sul caso Dj Fabo. Resta, infine, l’assoluta gravità dell’anticipazione del contenuto della sentenza sul quotidiano La Repubblica, un pericoloso vulnus democratico su cui chiediamo l’intervento garante del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella».

Così Antonio Brandi, Presidente di Pro Vita & Famiglia sulla sentenza della Corte Costituzionale in merito alle richieste dei legali di Massimiliano, un uomo toscano di 44 anni affetto da sclerosi multipla, aiutato da Marco Cappato a raggiungere la Svizzera per accedere alla morte volontaria assistita. L’uomo, infatti, non era dipendente da un trattamento di sostegno vitale inteso in senso restrittivo (come per esempio la ventilazione meccanica), ma era totalmente dipendente dall’assistenza di terze persone e ciò era considerato, dai richiedenti, alla stregua di un “sostegno vitale”.

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