Figlio mio, dammi il tuo cuore

Figlio mio, dammi il tuo cuore e gli occhi tuoi prendano piacere nelle mie vie (Proverbi 23:26)

 

Questo semplice proverbio è inserito in una serie di esortazioni e avvertimenti sui pericoli derivanti dalla prostituzione e dall’ubriachezza; la sua semplicità nasconde la sua profondità. In tredici parole va dritto al cuore dell’essere genitore e, se accolto con costanza, indirizza tutto ciò che facciamo nell’educazione dei nostri figli.

Le due esortazioni, insieme, esprimono lo straordinario scambio che si cerca di realizzare con la paternità e la maternità. Quando i nostri figli crescono nelle nostre case vogliamo ricevere qualcosa da loro e vogliamo che loro ricevano qualcosa da noi, vogliamo il loro cuore e vogliamo che abbiano le nostre abitudini.

Il Battito del cuore dell’essere genitore

La chiamata biblica dei genitori è quella di allevare i figli nella disciplina e nell’istruzione del Signore (Efesini 6:4). Questa vocazione presenta molti aspetti: insegniamo e ammoniamo, stabiliamo regole e le facciamo rispettare, forniamo istruzione e correzione, rimproveriamo, addestriamo ed equipaggiamo i nostri figli per la vita eppure, se cerchiamo di crescerli “nel Signore” dobbiamo mantenere la concentrazione restando sempre vigili. Cerchiamo il loro cuore.

È facile perdere di vista questo aspetto come è facile dare istruzioni e disciplina perché vogliamo l’obbedienza di nostro figlio o perché vogliamo un po’ di pace e tranquillità, o ancora, perché abbiamo un lavoro importante da fare e le liti, i piagnistei, i litigi, le provocazioni che avvengono in cucina sono un’interruzione.

Naturalmente, la correzione è importante ma l’agitarsi, il lamentarsi, il litigare e il provocare sono tutti peccati da affrontare. Vogliamo la loro obbedienza e siamo responsabili di fronte a Dio per istruirli e disciplinarli; una casa serena è una benedizione per tutti coloro che la abitano tuttavia, è fin troppo facile occuparsi dei peccati e perdere di vista il fine ultimo; è possibile perdere di vista il fatto che ciò che vogliamo veramente è l’obbedienza del cuore: la pace e la tranquillità del cuore. Quello che vogliamo è il loro cuore.

Ciò significa che le nostre istruzioni, ammonizioni, avvertimenti, correzioni, esortazioni e discipline devono scaturire dal nostro desiderio di conquistare il loro cuore. Chiedetevi: Quando stabilite le regole, cercate il loro cuore? Quando li istruite sulle leggi di Dio, volete il loro cuore? Quando fate rispettare le regole, che siano le leggi di Dio o le regole della casa, volete il loro cuore? Quando dite di sì alle loro richieste, seguite il loro cuore? Quando dite di no alle loro richieste, seguite il loro cuore?

In tutto ciò che fate come genitori il proverbio di Salomone è presente nelle vostre parole, atteggiamenti e azioni? Il tuo modo di essere genitore scandisce le parole: “Figlio mio, dammi il tuo cuore”?

 

Seguire le nostre orme

La ricerca del loro cuore è solo una parte dell’equazione. L’altro lato è ciò che speriamo di dare loro: “I vostri occhi osservino le mie vie”. Una traduzione migliore potrebbe essere: “I vostri occhi si dilettino nelle mie vie”. La parola osservare non si riferisce alla semplice attenzione disinteressata ma si ritrova in passaggi come i seguenti:

 Il Signore si compiace di quelli che lo temono, di quelli che sperano nella sua bontà (Salmo  147:11)

perché l’Eterno si compiace nel suo popolo; egli corona di salvezza gli umili (Salmo 149:4)

perché l’Eterno corregge colui che egli ama, come un padre il figlio che gradisce (Proverbi 3:12)

Quando l’Eterno gradisce le vie di un uomo, riconcilia con lui anche i suoi nemici (Proverbi 16:7)

Il senso dell’esortazione è questo: “Figlio mio, guarda con gioia il modo in cui mi comporto, accetta con gioia il mio modo di vivere”; in altre parole, l’invito al figlio non è solo quello di osservare la condotta del padre ma di aspirare a imitarla, a seguirla e a fare proprie le vie del padre.

Le nostre vie si riferiscono alla nostra condotta abituale, al modello di pensieri, parole di atteggiamenti e azioni che ci definiscono; in altre parole, si tratta del nostro modo effettivo di camminare nel mondo. Non si tratta principalmente di ciò che professiamo, ma di ciò che pratichiamo; pensate a questo come a una procedura operativa standard ed è ciò che i nostri figli sono esortati a osservare ad accettare e seguire con gioia.

In questo senso, il modo di parlare è importante quanto il contenuto del nostro discorso. Non si tratta solo di ciò che diciamo e facciamo, ma anche di come lo diciamo e lo facciamo; considerate quindi il vostro atteggiamento, il vostro contegno, il vostro tono di voce e ponetevi alcune domande.

Date istruzioni con esasperazione o con allegria? Correggete con pazienza o con frustrazione? Se qualcun altro fosse presente nella stanza quando esortate e disciplinate i vostri figli, descriverebbe il vostro tono come duro o deciso? Pungente o dolce? Arrabbiato o gentile? Quale forma di “comportamento” chiedete loro di imitare volentieri e di fare propria? Quello che risponde in maniera brusca e con forte intensità o quello che risponde saggiamente e con moderata fermezza?


Dare il loro cuore a Dio
 

Queste due esortazioni sono legate tra loro in quanto le nostre vie saranno più piacevoli per loro se cerchiamo con gioia il loro cuore. Una delle nostre chiamate fondamentali è quella di essere il sorriso di Dio per i nostri figli e questo è il cuore pulsante delle nostre vie; perciò, rispecchiando il sorriso di Dio, cerchiamo anche i loro cuori e li chiamiamo a osservare, accogliere, accettare e appropriarsi delle nostre vie.

Oltre ai nostri modi di fare, sostanzialmente, vogliamo che i nostri figli diano il loro cuore a Dio.  Dare il proprio cuore a noi è un esercizio per questa massima offerta; danno i loro cuori a un padre (e a una madre) terreni perché possano imparare a dare i loro cuori al Padre celeste perciò, osservare e imitare con gioia le nostre vie è un trampolino di lancio per osservare e imitare le vie di Dio.

Tuttavia, possiamo forse aggiungere qualcosa di più: Gesù ci dice che c’è un modo di accogliere i bambini nel Suo nome che è anche un accogliere Gesù stesso: “Chiunque riceve uno di questi bambini nel nome mio, riceve me; e chiunque riceve me, non riceve me, ma colui che mi ha mandato ” (Marco 9:37). I due atti dell’accogliere – accogliere i bambini e accogliere Gesù – diventano una cosa sola, perché il primo è fatto nel Suo nome e quando si ricevono dei bambini nel nome di Gesù, che cosa si ha alla fine? Si hanno i figli e si ha Gesù.

Allo stesso modo, c’è un modo in cui i vostri figli possono darvi il loro cuore che diventa, col tempo e per grazia di Dio, una resa del loro cuore a Dio. Danno il loro cuore a voi e, se li state istruendo correttamente, danno il loro cuore a voi nel nome di Gesù; quando lo fanno, chi ha il loro cuore in conclusione? Voi e Lui.

https://www.coramdeo.it/articoli/figlio-mio-dammi-il-tuo-cuore/

 


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