Un certa Eloïse Bouton, nell’anno del Signore 2013, si è denudata all’interno della centralissima chiesa parigina della Madeleine. Per protestare in favore dell’aborto – che in Francia è totalmente libero da decenni e miete oltre 200 mila vittime l’anno – e contro la Chiesa.
Ma oltre a spogliarsi, ha assunto un atteggiamento indiscutibilmente blasfemo, sdraiandosi a forma di croce, con una finta corona di spine in testa. La Bouton, con indecenza irriverenza e squallore, ha altresì mimato un aborto, usando della vera carne di animale. E probabilmente dando ad intendere che avesse abortito Gesù.
Sul suo petto nudo aveva scritto “344esima putt.”. Il riferimento era al manifesto delle (autonominatesi) “343 putt.” che nel lontano 1971 si erano denunciate alla giustizia francese come donne che avevano – contro la legge allora vigente – praticato un aborto. Di cui chiedevano la legalizzazione, ottenuta nel 1975.
Il culmine di questa storia, non si sa se più blasfema o più triste, è che la Francia aveva condannato la militante delle Femen a 2000 euro di multa, più un anno di carcere (con la condizionale). Per evidenti ragioni etiche, sociali e penali. La ragazza, che non ha fatto neppure un’ora di cella, ha comunque impugnato la sentenza davanti all’Europa.
E la Corte europea dei diritti dell’uomo, chiamata in causa dalla Bouton, ha nei giorni scorsi, a distanza di anni, dato torto alla giustizia francese e ragione all’attivista! Con il coraggio di motivare, nero su bianco, un verdetto inverecondo, condito con spruzzi di ideologia libertaria fuori tempo massimo.
La ragazza infatti, nonostante ciò che abbiamo visto (e di cui abbondano sul web foto e video), avrebbe avuto nella sua innocente performance, il “solo obiettivo” di contribuire «al dibattito pubblico sui diritti delle donne, e in particolare, sul diritto all’aborto».
Denudarsi in una chiesa, insultare il sentimento religioso, offendere i cittadini credenti sono “non reati” per la Corte europea. Essa al contrario afferma che la protezione «della libertà di coscienza e di religione» non poteva giustificare la condanna della giurisprudenza francese. Perché l’eroica militante non avrebbe inteso incitare «all’irriverenza o all’odio verso la Chiesa cattolica».
Quindi se a seno nudo mimi in una chiesa aperta al pubblico, in presenza di passanti e devoti, un aborto che alluderebbe alla soppressione di Cristo, mica vuoi offendere la Chiesa e i credenti, è chiaro. Lo fai per migliorare il dibattito pubblico.
E, summus jus summa iniuria, la Francia di Emmanuel Macron, nota Le Parisien, secondo l’infallibile Corte «ha violato l’articolo 10 della Convenzione dei diritti dell’uomo, relativi alla libertà di espressione». E quindi dovrà risarcire l’attivista con «2000 euro per danni morali e 7800 euro per spese di giustizia».
Una domanda, però, sorge spontanea. Se la stessa provocazione avesse riguardato altri sacri templi o, peggio, avesse riguardato determinati lobby, la giustizia europea avrebbe deciso allo stesso modo?
O forse, a causa di ipotetica discriminazione delle minoranze, le cose sarebbero andate all’opposto, e magari la pseudo rivoluzionaria sarebbe stata dipinta come una violenta intollerante e irrispettosa?
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