Il mercato mondiale della fecondazione in vitro vale già 25 miliardi di dollari. Alla fine del 2033 sarà di 43,6 miliardi, secondo Vision Research Reports.
La crescita esponenziale del mercato dei bambini è dovuta a diversi fattori. Ragioniamo su alcuni di quelli che appaiono i più rilevanti.
– La crescente domanda di test eugenetici come lo screening cromosomico completo (CCS) e la diagnosi genetica preimpianto (PGD) che consentono la selezione eugenetica di embrioni geneticamente sani. I progressi delle tecnologie, inoltre, e il commercio dei gameti danno possibilità sempre più concrete di creare un figlio “su misura”, scegliendo il sesso, certe caratteristiche somatiche, ecc.
– L’espansione della domanda di figli da parte delle coppie Lgbtq+ e dei single. Non solo le lesbiche, infatti, ricorrono alla fecondazione artificiale per avere bambini, ma anche i gay e tutti coloro che ricorrono all’utero in affitto: il turpe mercimonio presuppone necessariamente la fecondazione in vitro.
– La proliferazione di cliniche per fecondazione in vitro a costi contenuti che la rendono più accessibile a un segmento più ampio della popolazione e stimolano la concorrenza.
– L’aumento dell’infertilità dovuta soprattutto all’età materna più avanzata. Si rimanda la prima gravidanza per la carriera, per “godersi la vita”, per sistemarsi economicamente… Inoltre lo stile di vita (alimentazione, fumo, droga, alcol) determina un aumento della sterilità anche nell’uomo.
Parimenti, la ricerca e lo studio delle cause dell’infertilità – che molto spesso può essere curata con successo – non vengono adeguatamente promossi e pubblicizzati (del resto se si curasse l’infertilità il mercato della Fiv non sarebbe così prospero!).
– La crescente accettazione della pratica da parte dell’opinione pubblica. Gli operatori di un mercato a nove zeri sanno ben investire anche in propaganda. Molti ignorano i problemi morali legati alla fecondazione artificiale (innanzi tutto l’altissimo numero di bambini in stato embrionale che perde la vita nel tentativo); nessuno chiarisce gli alti tassi di insuccesso della pratica (nonostante i progressi tecnologici, per un bambino che nasce ne muoiono 8 o 10); nessuno spiega alle donne in modo chiaro e completo quali sono i rischi legati alla iperstimolazione ovarica; nessuno dice quanto si moltiplica il rischio di malattie più o meno gravi per i bambini “artificiali”; nessuno spiega che non sappiamo ancora come invecchieranno i figli della provetta; e infine non hanno la dovuta pubblicità gli scandali che sono all’ordine del giorno quando le cliniche scambiano gameti o addirittura embrioni o quando si scopre che gli operatori sanitari fecondano col proprio seme centinaia di ovuli delle pazienti.
Il business miliardario si permette pubblicità, pubblicazioni scientifiche favorevoli, propaganda, copertura mediatica e testimonial famosi.
E così, nonostante i costi elevati associati alla fecondazione in vitro, i pazienti sono disposti a spendere per soddisfare il loro desiderio di genitorialità, favorendo l’espansione del mercato. Per di più in sempre più Paesi (anche in Italia) i costi della fecondazione artificiale sono rimborsati dal Servizio sanitario nazionale, dato che, nell’era in cui “volere è potere”, in cui si “deve” ottenere tutto e subito senza troppi sforzi, sta passando l’assurda convinzione che un figlio possa essere oggetto di un diritto, cioè di un interesse che lo Stato protegge e garantisce.
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