Famiglie disgraziate!

educare-figliCosa vuol dire questo titolo? Esso indica semplicemente che ci sono famiglie in cui la grazia di Dio – come si dice – non è di casa! Vi sono, infatti, famiglie che cercano e tentano di vivere a modo proprio, ma questo modo causa a queste una moltitudine di problemi, disagi e disordini tali da renderle… dis-graziate, ossia prive della giustizia e dell’ordine che provengono dal conoscere Dio!

Questo articolo vuole da un lato confutare la pretesa umana secondo cui l’uomo sarebbe da se stesso autosufficiente, ovvero non bisognoso di aiuto (una tale visione e concezione dell’uomo coincide con l’ideologia dell’umanesimo, secondo cui l’uomo sarebbe misura di tutte le cose, ovvero autosufficiente) e dall’altro far riflettere sulla necessità dell’aiuto divino (ossia della grazia di Cristo, che ci istruisce dicendo “Senza di me non potete fare nulla”).

Vorrei ora descrivere alcuni tipi di famiglia che spesso mi ritrovo a frequentare per motivi di lavoro. Mantenendone privata l’identità, vorrei però usarle per descrivere quei climi e quelle dinamiche familiari che possono ben descrivere l’idea di cosa significhi essere una famiglia, appunto, dis-graziata.

Ci sono famiglie in cui i genitori non sanno arginare le pretese capricciose dei figli e finiscono per lasciare che questi arrivino a dominare l’ambiente di casa. Basta che i figli gridino a squarciagola che certi genitori, pur di non sentirli più, li accontentino in tutte le loro richieste. Queste famiglie diventano, così, luoghi in cui i figli dominano, nonostante la loro immaturità! Per questo il clima e le dinamiche che in tali nuclei vengono a crearsi sono caratterizzate da conflitti continui, di fronte ai quali i genitori si mostrano incapaci (di gestirli)  e si rassegnano ad abdicare al proprio ruolo di guide. Così può succedere che un ragazzino magari prenda il cellulare della madre e lo utilizzi per mandare messaggi volgari ed offensivi a tutti coloro che non gli sono simpatici, semplicemente così, perché gli va! La conseguenza di un tale gesto è che, poi,  i destinatari delle sue invettive si rivolgano – di conseguenza – ai suoi genitori dicendo loro parole come le seguenti: “Ma che razza di famiglia siete? Non sapete educare e tenere a bada vostro figlio!”. Nel descrivere questa realtà penso ad uno specifico nucleo familiare in cui queste cose accadono realmente. Il padre di tale ragazzino è come se non ci fosse in casa; tant’è che non riprende per nulla il figlio quando fa tali cose, anche davanti a lui. Oppure se lo riprende lo fa solo a parole, senza di fatto far nulla per evitare che la cosa si ripeta. E poi, davanti all’educatore che va in casa sua per aiutare il figlio a crescere e a sapersi comportare civilmente, tale padre si lamenta del fatto che il figlio dica di lui che lui non è nessuno, che è come se non ci fosse! Un tale padre vorrebbe che l’educatore riprendesse il figlio per quello che dice verso di lui, quando lui stesso non sa esercitare il proprio ruolo di padre; un tale padre tenta di attribuire all’educatore o ai servizi sociali la responsabilità della mancanza di cambiamento nella propria casa !

In altre famiglie, ancora, i genitori cercano di comprare la tranquillità dei figli, magari un pò iperattivi e difficili da gestire, a furia di regali (comprando loro qualsiasi oggetto questi desiderino). E’ come dire che per tenere buoni i figli (che possono manifestano con l’iperattività qualche disagio latente) certi genitori preferiscono zittirli, per un po’, comprando loro l’oggetto voluto. Ma non soddisfacendo i loro bisogni fondamentali, la cura e l’amore, un tale andazzo porta ad uno scenario tutt’altro che positivo: così facendo i figli non miglioreranno nel loro disagio e vedendo che sono facilmente accontentati alzeranno sempre più il tiro delle proprie richieste. In diversi nuclei che ho frequentato ho potuto osservare che tali dinamiche rafforzano nei figli l’idea che probabilmente il compito dei genitori non sia altro che accontentarli in tutto. D’altra parte, pur  avendo tutto tali ragazzi non sono mai soddisfatti! Così facendo gli esiti saranno i seguenti:

  1. a) non aver per nulla risolto il disagio del figlio ;
  2. b) la famiglia ad un certo punto, vedendosi dissanguata dalle spese eccessive, si vedrà costretta ad interrompere i “regali” e ciò porterà ad un’ulteriore insoddisfazione dei figli;
  3. c) tutto ciò porterà a inevitabili conflitti, di cui i genitori si chiederanno il perché, con parole molto comuni “Perché mio figlio/a fa questo dopo che gli ho dato tutto”?!

Anche in queste famiglie il caos che le caratterizza le fa rientrare nel cerchio delle famiglie dis-graziate (cioè quelle famiglie in cui la grazia non è di casa)!

Si potrebbe parlare di altri casi e di altre case, in cui i modelli e gli stili di vita vissuti portano a quel caos, a quel disordine e a quel modo di vivere iniquo (ossia fuori dalla giustizia divina) che le fa entrare e precipitare nel vortice delle famiglie disgraziate.

Queste famiglie sono spesso seguite da tutta una serie di servizi sociali (assistenti sociali, psicologi, neuropsichiatri infantili, educatori). E, tuttavia, per la stragrande maggioranza di esse, nulla sembra cambiare. Infatti, dopo anni e anni di assistenza, la condizione di tali  famiglie (come ho visto personalmente e sentito dire anche da altri) non muta: se il caos ed il disagio regnavano in questi ambienti le stesse condizioni perdurano dopo anni di assistenza! Perché? Fondamental-mente per due motivi:

  • Perché spessissimo queste famiglie si ritengono a posto. Tant’è che seppur tali famiglie si recano alle riunioni organizzate dai servizi sociali, per ascoltare qualche consiglio, poi, finita la riunione, tornano a vivere e a fare come sempre, come a loro va di fare, come a loro pare meglio. Abituati all’andazzo che dentro di esse si è costruito pensano che gli altri non debbano troppo interferire;
  • Perché spesso l’aiuto dato a queste famiglie non proviene direttamente da una loro scelta personale, ma è loro fornito dall’esterno, ossia su iniziativa dei servizi sociali. E questo fa si che la gran parte di tali famiglie si ponga in un atteggiamento di difensiva nei confronti delle figure d’aiuto. In pratica, essendo visto come un aiuto forzato (quello dato loro dai servizi), tali famiglie tendono a resistere alle iniziative dei servizi sociali nei loro confronti.

Stando così le cose tutto questo contribuisce a creare un sistema in cui, nonostante i tentativi di aiuto, tali famiglie non migliorano; infatti la loro condizione non muta rispetto a quel clima di caos e disordine che poi fa sorgere, non il giudizio, ma, la semplice constatazione che tali famiglie vivono proprio fuori dalla grazia, ovvero da quell’ordine e da quel buon senso che potrebbe scaturire dal conoscere, appunto, la grazia di Dio. Dico questo perché dopo anni di frequentazione di tali tipi di famiglie ho potuto osservare che l’ingrediente principale mancate in tali nuclei è quel Buon Senso che potrebbe loro derivare dal conoscere Dio e le sue leggi e principi di ordine e giustizia.

Purtroppo la mia situazione (di operatore che entra in tali famiglie) è quella di non poter parlare loro della grazia salvifica di Dio, dato che il sistema lavorativo in cui mi trovo ad operare (appartenente ad una parte dei servizi sociali) vieta – pena la minaccia del licenziamento – di parlare a queste famiglie delle cose spirituali, ovvero di Dio. Anche in questo senso mi viene di dire che tali famiglie sono doppiamente disgraziate, da un lato perché la loro condizione di disagio e  disordine (fisico, ma soprattutto morale) è creata da loro stesse (per via dei loro stili di vita disordinati soprattutto dal punto di vista morale – il che è una conseguenza della loro ignoranza delle cose spirituali, ovvero della conoscenza dei principi cristiani che soli potrebbero trarli fuori da quei modi di vivere disordinati perché costruiti su fondamenta contrarie alla giustizia di Dio -) e, dall’altro, perché il sistema degli aiuti sociali non prevede di considerare la dimensione spirituale, ovvero l’aiuto di Dio, nel trattamento delle difficoltà vissute da queste famiglie.

Tale stato di cose contribuisce a creare quel clima di assenza di grazia ce fa si che tali famiglie vivano, appunto, come delle famiglie disgraziate.

Riflettendo su ciò che potrebbero/dovrebbero fare tali famiglie o su ciò che si potrebbe fare per esse mi vengono in mente alcune considerazioni:

  • Tali famiglie dovrebbero prendere consapevolezza del fatto che parte della responsabilità delle loro condizioni di vita (una vita spesso disordinata, sregolata, confusa, ingiusta e immorale) è da attribuire a se stesse, per via dei principi e delle scelte da queste adottate al loro interno nella gestione delle faccende e delle incombenze quotidiane che la vita presenta un po’ a tutti; e come potrebbero cominciare a fare un tale passo tali famiglie? Beh, magari col cominciare a smettere di praticare quell’abitudine che consiste nell’attribuire agli altri i propri disagi, visto che gran parte di questi derivano loro da come esse stesse scelgono di gestire le situazioni al proprio interno. In altre parole tali famiglie potrebbero cominciare a … farsi un esame di coscienza, per cercare di vedere dove hanno origine i loro problemi. E se il sistema dei servizi sociali non si occupa di pensare a Dio quale Risorsa risolutiva dei disagi e malesseri di tali famiglie (dato che tale sistema, anzi, ostacola eventuali operatori che hanno una tale disposizione) potrebbero cominciare esse stesse a considerare che la loro mancanza di pace e benessere al loro interno deriva, appunto, dal vivere escludendo Dio e la sua giustizia dal modo di vivere delle proprie case. Non facendo questo la responsabilità per e di uno stato di vita disgraziato all’interno di tali famiglie dipende direttamente da esse;
  • Visto che il sistema dei servizi sociali non tiene conto del ruolo della grazia di Dio, quale principio in grado di cambiare le sorti e gli stili di vita di tali famiglie, un vero aiuto in tal senso probabilmente riusciranno meglio a darlo coloro che pur essendo fuori dal sistema dei servizi sociali potranno prendere a cuore il disagio di tali famiglie, per aiutarle ad acquisire quella consapevolezza di cui dicevamo al punto precedente. Se qualche volontario cristiano conosce famiglie del genere (dis-graziate) potrebbe pregare il Signore per chiederGli di divenire uno strumento di cambiamento per tali famiglie, introducendo quell’elemento fondamentale che è la grazia di Dio, affinchè tali famiglie possano conoscere la possibilità di una salvezza che loro stesse non conoscono né vedono. Sono persuaso che con questa iniziativa tali volontari cristiani potranno fare più di quello che i servizi sociali possono fare per quelle famiglie la cui condizione di miseria e disgrazia spirituale non cambia nel tempo, nonostante gli aiuti (magari umanitari ma non spirituali) che esse ricevono.

Spero che tale articolo serva da stimolo per riflettere sull’ esistenza di quante famiglie vivono  fuori dalla grazia di Cristo e, dunque, non possono che vivere nella dis-grazia. E prego Dio che se c’è qualche famiglia che vive in un tale stato leggendo queste riflessioni possa essere aiutata dallo Spirito del Signore a riconoscere la propria condizione di miseria spirituale davanti a Lui, per chiederGli Aiuto. Smettendola di dare la colpa ad altri, tali famiglie comincino a riconoscere che la propria condizione di degrado morale dipende dal fatto di essere vissute fino ad oggi fuori dalla grazia di Dio. Inoltre se tale articolo può servire a far riflettere anche coloro che potrebbero aiutare tali famiglie a prendere atto del loro bisogno della grazia di Dio, per risolvere quei problemi che li attanagliano e dai quali non sanno come uscire (visto che l’ uscita da certi problemi non potrà avvenire finchè non avverrà un cambiamento spirituale nell’esistenza dei membri di tali famiglie), spero che il Signore stimoli costoro ad aiutare tali famiglie in tal senso, dato che per uscire dalla disgrazia occorre che in tali famiglie entri la Grazia di Cristo.

Enzo Maniàci – notiziecristiane.com


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