Eutanasia: non serve una legge, ma un senso per cui valga la pena vivere e morire

Questa settimana i Radicali hanno portato a casa un importante successo. Non solo perché hanno ottenuto la morte di dj Fabo in Svizzera, architettando con estremo cinismo una sceneggiatura fin nei minimi particolari. No, c’è di più.

Sono riusciti ad imporre un dibattito sull’eutanasia censurando tutta la domanda di significato che nasce in ogni uomo di fronte ad un caso drammatico come quello di Fabiano. In questi giorni sembrava che l’unico problema fosse: legge si, legge no, legge quando e legge in quali circostanze. Eppure la vera domanda è un’altra: la vita ha un senso? E se ha un senso, ce l’ha anche nella sofferenza che inevitabilmente la vita porta con sé? La risposta a questa domanda c’è ed è vissuta e testimoniata da tutti quei malati terminali o disabili gravi che vivono tra di noi e che – dentro alla loro condizione – gridano al mondo che la vita è bella, che la vita vale, che la vita è un bene, sempre.

E infatti: la vita diventa insopportabile non perché esiste il dolore, ma quando manca un senso, un significato. E qual è questo significato? Cristo può essere la risposta esauriente a tutta la nostra vita? “Io sono la via, la verità e la vita”: Gesù Cristo è la risposta. Che tristezza vedere in questi giorni il silenzio di tanti pastori, le loro mezze parole, o ancora il loro andare dietro ai discorsi sulla legiferazione. Oggi non si può tacere le uniche parole che il mondo attende: “Io sono la via, la verità e la vita”. Solo da qui si può ripartire.

di Riccardo Cascioli | Lanuovabq.it

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