Pakistan. Quella di Aftab Masih è una storia emblematica, che genera speranza e sconforto allo stesso tempo.
Quella di Aftab Masih è una storia emblematica, che genera speranza e sconforto allo stesso tempo. Il cristiano pakistano e la sua famiglia, grazie ai loro vicini musulmani e a due imam, che sull’odio religioso hanno fatto prevalere la giustizia, si sono salvati da una folla di estremisti islamici che voleva linciarli.
«HO SOLO DIFESO LA MIA FEDE». Tutto è cominciato quando Aftab, padre 40enne di cinque figli, residente della colonia Railway di Wazirabad (Punjab), ha avuto un alterco con il 18enne musulmano Zain Shah. Questi, infatti, figlio di un potente poliziotto della colonia, ogni volta che i figli di Aftab uscivano di casa, imponeva loro di convertirsi all’islam. «Ogni volta che Akash e Adnan, 12 e cinque anni, uscivano di casa lui diceva loro di convertirsi», racconta l’uomo al Friday Times. «Io ho solo difeso la mia fede cristiana ma mi hanno accusato di blasfemia contro l’islam».
LE ACCUSE AI CRISTIANI. Il ragazzo musulmano si era spinto oltre, minacciando i due bambini che non avrebbero più potuto attingere l’acqua in moschea, dove si trova l’unico pozzo della colonia, perché altrimenti «si sarebbe infettata l’acqua» (un’accusa che ricorda molto quella rivolta ad Asia Bibi). Il 29 giugno Aftab si recò da Zain per dirgli di smettersela e il ragazzo reagì insultando la fede cristiana. Aftab lo riprese per questo e se ne andò.
IL VERDETTO IN MOSCHEA. La sera stessa iniziò a girare la voce che Aftab aveva insultato Maometto e che era colpevole di blasfemia. La contesa finì davanti all’imam della moschea locale, Hafiz Naeem, il quale sentite le parti diede ragione al cristiano. Non soddisfatto, il padre del ragazzo musulmano, Safdar Shah, disse che il caso doveva essere giudicato da Asif Hazarvi, nipote del fondatore di un importante gruppo di giurisperiti islamici (Jup).
«300 UOMINI ARMATI». Ma prima ancora di sentire il verdetto, «il 2 luglio 300 uomini armati di bastoni e altre armi si sono presentati a casa mia, gridando slogan, accusandomi di blasfemia». La famiglia cristiana venne salvata dai vicini musulmani, che convinsero la folla a non linciarli e ad aspettare l’incontro con Hazarvi.
«GLI IMAM MI HANNO SCORTATO». Durante la riunione, l’imam disse che l’uomo non aveva commesso blasfemia «e insieme all’altro imam, Hafiz Naeem, mi ha scortato a casa», visto che fuori dalla moschea si erano riunite dozzine di estremisti pronti a linciarlo. Senza di loro, probabilmente sarebbe già morto o avrebbe fatto la fine dei dueconiugi cristiani bruciati vivi in un forno.
LUCI E OMBRE. In un periodo in cui i crimini dello Stato islamico sembrano l’unica cifra del rapporto possibile tra cristiani e musulmani, la storia di Aftab rappresenta uno scampolo di luce, soprattutto in un paese dove la persecuzione dei cristiani è all’ordine del giorno. Purtroppo, a volte l’intervento di pochi musulmani di buona volontà non basta: Aftab, sua moglie e i cinque figli sono stati costretti ad abbandonare la loro casa e la loro città, Wazirabad, in cerca di un nuovo posto dove continuare a vivere in pace.
Foto Ansa
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