In un briefing a Forth Hood evangelici e Tea Party descritti come pericoli per le forze armate e il governo. Pentagono sotto accusa: è la nuova linea ufficiale?
Prosegue la polemica tra le Forze armate americane e i soldati cristiani che continuano a denunciare episodi di discriminazione. Nonostante i numerosi casi registrati negli ultimi anni, il Pentagono finora ha sempre negato che queste siano le conseguenze di una nuova politica ufficiale, senza mai condannare nessuno. Ieri, però, è emerso un altro fatto che mette in crisi la linea difensiva della U.S. Army.
Nel corso di un briefing militare presso la base di Fort Hood il 17 ottobre scorso un agente del controspionaggio avrebbe parlato a lungo davanti ai soldati dei cristiani evangelici e dei membri del Tea Party descrivendoli come una minaccia per la nazione, e aggiungendo che fare donazioni a gruppi considerati pericolosi per l’esercito e per il governo è un atto sanzionabile dalla giustizia militare.
«POSSO ANCORA ANDARE IN CHIESA?». Un soldato che ha partecipato al briefing, rimasto ovviamente anonimo, ha raccontato a Todd Starnes di Fox News: «La mia prima preoccupazione era se andare in chiesa mi avrebbe reso sospetto: posso fare beneficenza? Che accadrebbe se donassi soldi a un politico legato al movimento Tea Party ?». Un altro militare presente all’incontro ha confermato le parole del primo testimone: «Sono rimasto scioccato, non potevo credere alle mie orecchie», ha dichiarato. «Mi sono sentito come se la mia libertà religiosa, quella per cui rischio la vita e sacrificio tempo lontano dalla famiglia combattendo, mi venisse portata via». Nessuna parola, invece, sarebbe uscita dalla bocca dell’agente sulla minaccia dell’estremismo islamico. Un fatto tanto più grave, ha commentato il secondo testimone, in quanto il briefing si teneva proprio a Fort Hood, dove nel 2009 Nidal Hasan, ex psichiatra dell’esercito, ha ucciso 13 commilitoni al grido di “Allah è grande”: «La nostra comunità sta ancora guarendo da quell’atto di terrorismo. Questo è uno schiaffo in faccia».
COME IL KU KLUX KLAN. Il “Pentagono di Obama” è finito sotto accusa già da tempo per la sua nuova linea ritenuta anti-cristiana. Le prime avvisaglie della discriminazione erano giunte oltre un anno fa dai cappellani, a cui fu vietato di indire giornate di preghiera o di leggere certe parti del Vangelo dopo l’abolizione della legge “don’t ask, don’t tell” che impediva ai soldati omosessuali di esternare in pubblico le loro tendenze. Ad aprile di quest’anno, poi, durante un incontro dei riservisti della U.S. Army, alcuni gruppi cristiani, cattolici ed evangelici, erano stati inclusi in un elenco di “gruppi estremisti” come il Ku Klux Klan e al Qaeda. Anche allora, come in quest’ultimo caso avvenuto a Fort Hood, il dipartimento della Difesa aveva preso le distanze dal responsabile, escludendo però che si trattasse di una qualsivoglia linea politica adottata dall’esercito.
PROCESSO AL CRISTIANO. In settembre è stata avviata un’indagine a carico del sergente Phillip Monk, che rischia la corte marziale per aver raccontato ai media che il suo sollevamento dall’incarico, avvenuto poche settimane prima per ordine di un superiore gay, era legato alla sua opposizione al matrimonio omosessuale. A metà ottobre, durante un meeting informativo a Camp Shelby, Mississippi, tra i gruppi pericolosi è comparsa l’American Family Association (Afa), che però si limita a difendere il matrimonio tra uomo e donna. In quella occasione, un soldato è intervenuto chiedendo all’istruttore se fosse sicuro di quello che diceva, visto che invece lui, evangelico, non odiava nessuno. Risposta: chiunque partecipi a gruppi simili è passibile di sanzioni disciplinari. Tanto per cambiare, il Pentagono ha specificato che la posizione del relatore non è quella ufficiale della forze armate.
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