Emilia Romagna, chiamare le cose con il loro nome

Le testimonianze di pastori valdesi, metodisti e battisti nelle zone colpite dall’alluvione

«Abbiamo forse derubricato la riparazione del Creato a una moda, invece di ragionare costantemente e attivamente su cosa possiamo fare come credenti, dobbiamo essere responsabili come parti di un mondo interconnesso. Un fiume che straripa non dovrebbe essere una calamità, esistono da sempre, ne parla anche la Bibbia (Isaia – 66, 12) e invece diventa un problema perché gli insediamenti umani si sono spinti al di là del Creato». Lo dice da Bologna la pastora valdese Giuseppina Bagnato, a poche ore dai fatti che hanno colpito l’Emilia Romagna.

Tra la notte e la mattinata di ieri, in provincia di Ravenna, Lugo e Cervia sono stati allagati. Ancora decine di strade chiuse o danneggiate dalle frane o dagli allagamenti. Migliaia le persone evacuate. Ancora allagamenti nel Ravennate, un metro d’acqua nel centro storico di Lugo.

«Dobbiamo puntare l’attenzione sulla relazionalità a cui come credenti siamo chiamati – continua la pastora della comunità metodista e valdese che conta circa 100 persone, tra Bologna e provincia di Modena -, con tutti i soggetti, laici, credenti e non, per costruire progetti che possano migliorare i territori e le città in cui viviamo. Siamo chiamati a farlo, come chiese, dal basso, poiché la chiesa deve essere profetica e quindi è necessario attivarsi in prima persona, sperando poi in un cambiamento anche più ampio, “in alto”, in chi fa scelte politiche». Nel capoluogo emiliano la situazione sembra sotto controllo, «i problemi maggiori sono oltre che in Romagna, in provincia, nei paesini sui colli».

Il pastore valdese Alessandro Esposito, a Rimini da poco meno di due anni, parla di una situazione non grave in città ma «ci stiamo organizzando con altri enti per aiutare chi ha avuto danni e persone che vivono nei centri più colpiti. Vorrei cogliere l’occasione per dire grazie a tutti i soccorritori e a chi si sta prodigando per supportare la popolazione. Come chiese siamo a disposizione di tutti coloro che hanno bisogno”. Anche per lui, occorre però capire e riflettere “sulla nostra scarsa attenzione», come cittadini, verso l’emergenza climatica.

Nella zona più colpita dalle piogge, quella di Cesena, «la situazione è caotica e molto difficile, stiamo cercando di aiutare le famiglie in difficoltà, di dare una mano come possiamo» racconta Nicodemo Fabiano, pastore della chiesa evangelica battista di Cesena e Rimini. «A Forlì i locali della chiesa evangelica sono invasi da un metro d’acqua. Anche a casa mia, la pioggia ha causato danni. Ora serve pregare per la città, per le vittime di questi giorni». Il bilancio dei morti è salito a quattordici, nelle ultime ore. Migliaia le persone sfollate, secondo la stima del governatore della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini. E i danni – si parlerebbe di alcuni miliardi – sono ancora da contare.

Ferrara oggi splende il sole ma «la gente ha paura, dobbiamo anche rispondere a questa necessità: il timore delle persone», spiega il pastore battista Emanuele Casalino dalla città estense. Per farlo, forse, serve maggiore consapevolezza o comunque la volontà di «chiamare le cose con il loro nome». «È inutile parlare di pioggia – conclude il pastore, che segue anche la comunità di Livorno -: quanto è successo riguarda il cambiamento climatico, il consumo di suolo, la cementificazione. Ci deve far riflettere: il momento di agire è questo, dobbiamo puntare alla transizione ecologica, subito».

https://www.riforma.it/it/articolo/2023/05/19/emilia-romagna-chiamare-le-cose-con-il-loro-nome


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