L’Europa si tira indietro, addio quote obbligatorie. Viene affidata al buon cuore dei 28 paesi europei la distribuzione dei 40 mila migranti, attualmente in Italia e Grecia.
Come si dice “arrangiatevi” in tedesco, francese, inglese, austriaco, lettone, polacco, belga, olandese e così via per 28 lingue? Non lo sappiamo, ma a questo concetto si è ridotto «l’ambizioso piano» proposto dalla Commissione europea di Jean-Claude Juncker sull’emergenza migranti che riguarda il Mediterraneo e l’Europa. E chi si deve arrangiare? L’Italia soprattutto, ma anche la Grecia (che di gatte da pelare ne ha già a sufficienza).
40 MILA MIGRANTI. Dall’inizio dell’anno sono sbarcati circa 27 mila migranti sulle coste italiane. Rispetto all’anno scorso c’è un aumento del 30 per cento. Dopo la tragedia di aprile, quando sono morte circa 800 persone al largo delle coste libiche, si erano levate le voci di tutta Europa al grido di «mai più». Tante belle parole sono state spese: promesse di aiuti, condivisione, solidarietà, eccetera. Ora che c’è da dividere tra i 28 paesi europei la responsabilità dell’accoglienza di 40 mila migranti (24 mila presi dall’Italia, 16 mila dalla Grecia), che cosa succede?
«RIPARTIZIONE VOLONTARIA». Si era partiti con il botto: quote obbligatorie per tutti i paesi europei in base a diversi criteri. Tutti partecipano alla grande opera solidale. Poi si è abbassato il tiro: quote obbligatorie per quasi tutti, ad eccezione di chi può permettersi di fare la voce grossa. A neanche due mesi dalla strage, ecco l’ultima proposta: «Le quote vincolanti non possono passare. Lavoriamo a un meccanismo su base volontaria per mantenere l’impegno senza introdurre un principio che pochi vogliono», ha spiegato un diplomatico europeo alla Stampa. Già ci si può immaginare gli Stati che corrono a mettersi in fila per elemosinare dall’Italia una bella quota di migranti.
«ATTENZIONE ECCESSIVA». Dodici paesi non sono d’accordo all’allocazione obbligatoria, sette sono contrari «all’eccessiva attenzione che si dà al Mediterraneo». Effettivamente, negli ultimi sei mesi sono affogate “solo” 1.600 persone. Due mesi dopo l’ultima strage, insomma, finita «l’emergenza», i morti se li sono già scordati tutti. Aspettando i prossimi, ovviamente. Inoltre, questa ripartizione su base volontaria non partirà subito. Il “Piano B” verrà discusso il 25-26 giugno. Possibile applicazione: non prima di luglio, difficile per agosto, probabile per settembre (ma chissà).
«C’È UN LIMITE». E intanto? Intanto i disperati che salgono sui barconi per scappare da guerre e regimi se li tiene l’Italia. Ora però non è solamente il governatore di Regione Lombardia, Roberto Maroni, a lamentarsi e a protestare. Anche il sindaco Giuliano Pisapia, quindi non il leghista cattivo, ha dichiarato: «Abbiamo dato segni forti di solidarietà e continueremo a farlo. Certo è che c’è un limite. Nel senso che non si può pensare che Milano da sola, o con pochi altri comuni, risolva un problema epocale». Deluso anche l’arcivescovo di Milano, Angelo Scola: «Il nostro paese è messo alla prova. Dobbiamo sapere accogliere queste persone. L’Europa però è in grande affaticamento, non è ancora una realtà politica e non è ancora un’Europa dei popoli».
Foto Ansa/Ap
Leone Grotti
da: Tempi.it/
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