Ellis Island: l’isola delle lacrime e della speranza

Ellis Island, l’isoletta che sorge di fronte a Manhattan, nella stupenda insenatura in cui è situato il porto di New York, è stata la prima tappa per tanti immigrati che tra la fine dell’800 e l’inizio del 900, partivano dalle loro terre d’origine, per sfuggire alla povertà e alla miseria, sperando in un futuro migliore negli Stati Uniti…

Dall’isola passarono, tra il 1892 e il 1924, oltre 12 milioni di persone, pari a circa il 70 per cento dell’intero flusso immigratorio indirizzato negli Stati Uniti nel corso di quest’arco temporale, tant’è che oggi le origini di oltre 100 milioni di americani (ovvero del 40 per cento dell’attuale popolazione statunitense) risalgono a un individuo che attraversò la sua grande e rumorosa Registry Room, facendo di Ellis Island uno dei luoghi di frontiera più famosi del mondo. Entrare nel Nuovo Mondo non era semplice.

Quando le navi a vapore giungevano nel porto di New York, i passeggeri più ricchi di prima e seconda classe venivano “ispezionati” a loro comodo nelle proprie cabine e scortati da ufficiali dell’immigrazione a terra. Queste ispezioni erano molto più superficiali tanto da spingere alcuni emigranti, quello meno abbienti, che temevano di non superare le visite più rigorose di Ellis Island, a pagare il più caro biglietto di seconda classe.

I passeggeri di terza classe venivano invece portati a Ellis Island per l’ispezione, che era più dura. Il traghetto storico “Ellis Island” era usato dal Servizio Immigrazione per trasportare gli immigrati che arrivavano e il personale del centro d’immigrazione. Questi traghetti, noleggiati dalle compagnie di navigazione, erano di solito sovraffollati e, per le loro condizioni, potevano tenere a malapena il mare, ma chi doveva passare per Ellis Island veniva tenuto su queste imbarcazioni senza acqua né cibo per ore.

Gelidi d’inverno e bollenti d’estate, nonché totalmente privi di servizi igienici, è stato calcolato che oltre il 30 per cento dei bambini arrivati a New York sofferenti di una qualche malattia negli anni a cavallo tra Otto e Novecento moriva a causa dell’esposizione al freddo subita durante il pur breve viaggio attraverso la baia.

Ogni emigrante in arrivo aveva con sé un documento con le informazioni riguardanti la nave con cui aveva affrontato il viaggio. I medici “esaminavano” brevemente e “marcavano” con del gesso la schiena di tutti coloro per i quali occorreva un ulteriore esame per verificarne le condizioni di salute e per distinguere “gli indesiderabili” e i “malati”, questi ultimi erano sottoposti a ulteriori controlli per accertare la presenza di malattie “ripugnanti” o “contagiose” o “manifestazioni di pazzia.”

Coloro che non superavano le visite, venivano confinati sull’isola fino a diversa decisione oppure ricoverati nell’ospedale dell’isola o in quelli di Manhattan o di Brooklyn…nel peggiore dei casi venivano rimbarcati.

Dopo tutto ciò, ogni emigrante veniva interrogato dagli ispettori per individuarne la nazionalità, e cosa molto importante l’affiliazione politica. Le scene sull’isola, erano davvero penose, le famiglie venivano divise, uomini da una parte, donne e bambini dall’altra, moltissimi arrivavano affamati, sporchi, senza una lira senza conoscere la lingua. Truffatori saltavano da ogni dove, rubavano il loro misero bagaglio, quando questi erano sottoposti a controlli e offrivano tassi di cambio da rapina per il poco denaro che erano riusciti a portare con sé.

Per i più sfortunati, ritenuti non idonei, c’era – ironia della sorte, nonché della legislazione statunitense in vigore – il ritorno sulla stessa nave con cui erano arrivati; nave sottoposta all’obbligo di riportare indietro al porto d’imbarco gli immigrati non accettati. Anche se, in termini percentuali, furono relativamente pochi gli immigrati respinti, c’è da rilevare che anche se solo il 2% di rifiutati, in anni di picco immigratorio, significava migliaia d’individui al mese rimandati a casa.

Nome, luogo di nascita, stato civile, luogo di destinazione, disponibilità di denaro, professione, precedenti penali… erano le priorità per entrare nel Nuovo Mondo.

La domanda più insidiosa cui venivano sottoposti era: “Hai un lavoro?” La legge sul lavoro straniero del 1885, appoggiata dai sindacati, escludeva gli immigrati che erano giunti dall’estero con un contratto di lavoro. Questo doveva in teoria proteggere i salari americani dalla concorrenza di manodopera a basso costo proveniente dall’estero. Spesso questa legge veniva applicata anche a chi diceva di recarsi a lavorare presso parenti e amici.

Occorreva dimostrare di essere in condizioni di lavorare e di mantenersi, ma senza dire di avere un lavoro già pronto.

Per la maggior parte degli emigranti l’esperienza di Ellis Island durava 4 o 5 ore. Ricevevano alla fine il permesso allo sbarco e venivano indirizzati verso il molo del traghetto per New York o verso la biglietteria ferroviaria.

Per gli emigranti di allora il tema della terra promessa come luogo di riscatto, ci spinge a non poche similitudini con la terra santa “promessa” da Dio al popolo ebraico, intesa come patrimonio e culla di un popolo, ma anche come luogo fisico della Rivelazione divina. Dunque l’oggetto è quella specifica porzione di pianeta che noi chiamiamo Terra Promessa.

Lucia Fusco


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