Albert Einstein e Dio. Cinque anni prima di morire la lettera al suo amico italiano Michele Besso, ebreo convertito al cristianesimo. Per la prima volta si riferì a Dio dandogli del “lui”, un inedito nella sua vita.
Sono 110 le pagine manoscritte che sono state svelate per la prima volta dall’Università ebraica di Gerusalemme, in occasione del 140esimo anniversario della nascita di Albert Einstein, celebre fisico tedesco. Sono fogli, riflessioni sulla vita, la morte, la religione e studi scientifici rimasti finora inediti nei quali emergono riflessioni anche un po’ ingenue sulla situazione politica della Germania.
Nel 1935 scrisse, ad esempio, al figlio Hans: «ritengo che anche in Germania, le cose stanno lentamente cominciando a cambiare. Speriamo solo che non ci sia una guerra in Europa prima». Non immaginava ancora cosa sarebbe accaduto. «Possiamo dire che Einstein prevedesse assai meglio la scienza della politica», ha commentato il direttore dell’Einstein Archive, Roni Grosz.
Tra le lettere ce n’è anche una indirizzata al suo caro amico Michele Besso, ebreo come Einstein ma convertito al cristianesimo. Nello scritto, il padre della relatività lo rassicura -con un filo di ironia- sostenendo che non sarebbe «andato all’inferno», anche se non era stato «battezzato».
L’ascesa del nazismo e l’avvicinamento di Einstein alla spiritualità ebraico-cristiana.
Poi la guerra arrivò realmente, l’ascesa del comunismo e del Nazismo antiebraico e anticristiano allontaneranno Einstein dal panteismo per avvicinarlo alle sue origini spirituali, come da lui stesso riconosciuto: «L’imbarbarimento dei modi della politica del tempo nostro», è connesso all’indebolimento del «sentimento religioso dei popoli nei tempi moderni» (A. Einstein, Pensieri, idee, opinioni, Newton 2004, p. 22). Il filosofo della scienza Paolo Musso, docente all’Università dell’Insubria (Varese), ha rilevato un «progressivo spostamento del baricentro della spiritualità einsteniana verso le grandi religioni storiche e in particolare verso la tradizione ebraico-cristiana» che giunge, «in alcuni momenti, addirittura a suggerire la necessità di una qualche sorta di rivelazione per fondare i valori morali e religiosi» (P. Musso, La scienza e l’idea di ragione. Scienza, filosofia e religione da Galileo ai buchi neri e oltre, Mimesis 2001, p. 471, 472).
E’ l’inizio della terza fase della vita di Albert Einstein, alla quale abbiamo dedicato un apposito dossier. Una parte poco divulgata della sua esistenza, eppure reale. Nell’aprile 1938, a circa 60 anni, il fisico tedesco scrive: «Essere ebreo significa anzitutto accettare e seguire nella pratica quei fondamenti di umanità proposti nella Bibbia, fondamenti senza i quali nessuna sana e felice comunità di uomini può esistere» (A. Pais, Einstein è vissuto qui, Bollati Boringhieri 1995, p. 243). Un anno dopo, il 19 maggio 1939, ammonisce «un ritorno a una nazione nel senso politico del termine equivarrebbe all’allontanamento della nostra comunità dalla spiritualizzazione di cui siamo debitori al genio dei nostri profeti» (A. Einstein, Pensieri, idee, opinioni, Newton 2004, p. 223). In quegli anni si moltiplicano nei suoi discorsi pubblici i riferimenti biblici ed evangelici. Sempre nel 1939, in coincidenza con lo scoppio con la seconda guerra, Einstein afferma:
«In passato eravamo perseguitati malgrado fossimo il popolo della Bibbia; oggi, invece, siamo perseguitati proprio perché siamo il popolo del Libro. Lo scopo non è solo sterminare noi, ma insieme a noi distruggere anche quello spirito, espresso nella Bibbia e nel Cristianesimo, che rese possibile l’avvento della civiltà nell’Europa centrale e settentrionale. Se questo obiettivo verrà conseguito, l’Europa diverrà terra desolata. Perché la vita della società umana non può durare a lungo se si fonda sulla forza bruta, sulla violenza, sul terrore e sull’odio» (A. Einstein, Pensieri, idee, opinioni, Newton 2004, p. 26).
Cinque anni prima della morte la lettera all’amico cristiano Michele Besso.
Come ha scritto il suo biografo più autorevole, Walter Isaacson: «per tutta la vita respinse l’accusa di essere ateo» (W. Isaacson, Einstein. La sua vita, il suo universo, Mondadori 2008, p. 376), tuttavia il fisico tedesco rimarrà sempre lontano dall’idea di un Dio personale, come quello ebraico o cristiano. A volte respingendo tale fede con durezza. Anche se, come abbiamo visto, qualcosa cambiò in lui verso la fine della sua vita.
Cinque anni prima di morire, Einstein scrisse qualcosa di inedito proprio al suo amico italiano, cristiano convertito, Michele Besso. Per la prima volta si riferì a Dio dandogli del “lui”, contornando una precisa fisionomia e contraddicendo la visione spinoziana e il suo costante rifiuto ad un Dio antropomorfico. In una lettera datata 15 aprile 1950, si legge infatti: «C’è una cosa che ho imparato nel corso della lunga vita: è diabolicamente difficile avvicinarsi a “Lui”, se non si vuole rimanere in superficie».
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