Educano i figli “troppo cristiani”. Il governo gli toglie i bimbi

1456310855-bodnariu-748x350Il succo della storia è semplice: una famiglia cristiana che vive in Norvegia è stata privata dell’amore dei propri figli perché li educava “troppo cristianamente“.

Una storia di discriminazione “religiosa” nell’Europa che dovrebbe dirsi cristiana. La vicenda di Ruth e Marius Bodnariu, lui rumeno e lei norvegese, ha sollevato le proteste di mezzo mondo, con campagne di sestegno internazionale. Insieme hanno 5 figli: Eliana (9 anni), Noemi (7 anni), Matei (5 anni), Ioan (2 anni) e Ezekiel (4 mesi).

Tutto parte da una segnalazione fatta dalla direttrice della scuola frequentata dalle bambine. Dopo una lite a scuola, la preside gli aveva fatto alcune domande sulla loro famiglia. Poi, nella nota inviata ai servizi sociali, aveva espresso preoccupazione per l’educazione religiosa delle bambine, definendo i genitori e i nonni come “cristiani radicali”. “In questi casi per legge la direttrice doveva avvertire l’autorità – spiega a ilGiornale.it Daniel, che conosce bene la vicenda ed è in contatto con la rete che ora sostiene i Bodnariu – Lei è una brava donna, non voleva fare del male alla famiglia. Il problema viene dopo, con l’arrivo dei servizi sociali”. Il Barnevernet, che dipende da organi statali, infatti, è intervenuto portando via i figli alla famiglia.

“La direttrice non aveva mai riscontrato alcun problema scolastico né relazionale”, ha dichiarato a Tempi.it l’avvocato Peter Costea, presidente della Alliance for Romania’s Families. Ma non è bastato. Dopo vari interrogatori (illegali) ai genitori e ai figli, il 16 novembre scorso i bambini sono stati prelevati a scuola e allontanati dai genitori. Poi sono stati inviati in diverse case famiglia. “Al padre ora servono ore per andare a trovarli tutti”, aggiunge Daniel. Il neonato viene visto e allattato solo due volte a settimana. Matei e Ioan vengono visitati dalla madre solo una volta ogni 7 giorni. E le bambine non possono vedere mai i genitori. Solo il 18 febbraio si sono incontrati finalmente di nuovo tutti insieme. Intanto, però, è partito l’iter di adozione.

Nelle motivazioni dei servizi sociali si legge che “Marius e Ruth sono cristiani radicali che stavano indottrinando i loro figli”. Una discriminazione assurda, ma reale, basata sul fatto che credono nella “punizione divina”.

Dagli interrogatori dei servizi sociali sarebbero emersi anche maltrattamenti. Ma in una nota, i nonni hanno scritto che “possiamo assicurare che non abbiamo mai visto usare violenza contro i bambini. Non hanno mai alzato la voce. I piccoli non ci hanno mai detto che i genitori sono stati cattivi con loro”. Una delle figlie avrebbe “confessato” di aver visto “sbattere un fratello come un tappeto” dal padre. Ma era una esagerazione “come succede in molti casi: tutti sanno che spesso i bambini esagerano”.

In molti poi accusano i servizi sociali di aver manipolato i bimbi. E non solo. “Durante l’indagine di polizia – scrivono ancora i genitori di Marius – al padre di Ruth è stato chiesto se era consapevole del fatto che i bambini fossero esposti ad alcune pressioni (indottrinamento collegato alla fede cristiana)”, poi quando ha iniziato ad analizzare in maniera complessa il problema educativo “gli è stato imposto di parlare solo di argomenti che riguardano la questione” della fede. Insomma, doveva spiegare se i genitori obbligavano i figli a credere in Dio. “Questo dimostra – concludono i nonni – che l’educazione cristiana dei bambini è ciò su cui verte il caso. È anche questa un’invenzione?”

Non lo è. E così, dopo molti mesi, i bambini sono ancora separati dai loro genitori “troppo cristiani”.

Mer, 24/02/2016 | www.ilgiornale.it/

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