Il conflitto nello Yemen e l’intervento della forza multinazionale araba a guida saudita-egiziana stanno determinando una nuova escalation nella “guerra fredda” tra Iran e monarchie sunnite in atto nel Golfo Persico dagli anni ’80. Come già era balenato in passato, il programma atomico iraniano e la disponibilità di Washington a negoziarne lo sviluppo a fini civili, ha determinato proteste e reazioni in Israele come in Arabia Saudita, Paesi da sempre nemici ma accomunati dalla minaccia nucleare iraniana.
Se Israele può in ogni caso esercitare una forte deterrenza atomica grazie ad un arsenale stimato in circa 200 testate, Riad sembra determinata a conquistarsi un ruolo di leadership militare non solo nell’ambito delle forze convenzionali ma anche con lo sviluppo di forze strategiche e nucleari.
L’Arabia Saudita è pronta a ricorrere a “qualsiasi misura necessaria” – inclusa la possibile costruzione di armi nucleari – per mantenersi al sicuro dall’Iran, protagonista di intensi negoziati con le potenze occidentali sul suo programma nucleare. Lo ha detto senza mezzi termini venerdì scorso l’ambasciatore saudita negli Stati Uniti, Adel al-Jubeir. Intervistato dalla CNN, al-Jubeir ha detto che Riad non scenderà a compromessi su due fronti: “La nostra fede e la nostra sicurezza” e pur ammettendo che l’amministrazione Obama ha fornito dettagli “positivi” sull’accordo sul nucleare con l’Iran ha aggiunto che “non posso dire che ci piace, perché non conosciamo i dettagli” dell’intesa.
“Le garanzie che abbiano ricevuto dall’amministrazione statunitense sono state positive, ma vogliamo vedere i dettagli prima di dare un giudizio”. Tutti i Paesi del Medio Oriente sono preoccupati che l’Iran possa acquisire capacità nucleari ma sembra che la Casa Bianca li abbia tranquillizzati dicendo che interromperà “tutte le strade che portano a un’arma nucleare in Iran” e che verranno condotte “ispezioni molto intrusive” per impedire che l’Iran ottenga un’arma nucleare.
“Tutti vogliono una soluzione pacifica al programma nucleare iraniano”, ha continuato al-Jubeir, “ma deve essere un accordo serio, solido e controllabile” sottolineando la preoccupazione per “l’interferenza dell’Iran negli affari di altri Paesi nella regione come Iraq, Siria, Libano, Yemen”. ”Non si riesce a capire come Obama possa credere che dopo la firma dell’accordo l’Iran questa volta rispetterà gli impegni assunti” scriveva ieri il quotidiano Yediot Ahronot sostenendo che la politica Usa lascia così in eredità ”uno sfacelo, che sarà avvertito in Medio Oriente per molti anni ancora, anche quando ormai saranno stati dimenticati i nomi di Obama e Kerry”.
In effetti le possibilità di impedire nel tempo a Teheran di dotarsi di armi atomiche sono molto scarse senza ricorrere a un intervento armato che infiammerebbe l’intera regione petrolifera. Lo sanno gli Stati Uniti, lo sa Israele e lo sanno pure i sauditi che nei conflitti in corso in Siria, Iraq, Libano e Yemen vedono una costante escalation del confronto con Teheran e della guerra tra sciiti e sunniti. “Crediamo che il comportamento dell’Iran nella regione non sia assicurante” ha detto l’ambasciatore aggiungendo che “proteggeremo lo Yemen e il suo legittimo governo e faremo quanto necessario per garantire che i ribelli Houthi non prendano il controllo della nazione e del suo popolo”.
Circa le capacità strategiche delle forze saudite circolano da anni molte indiscrezioni legate al noto finanziamento di Riad allo sviluppo del programma nucleare pakistano (la cosiddetta “bomba islamica”) in base al quale sarebbe stato raggiunto un accordo segreto che impegnerebbe Islamabad a cedere alcune testate ai sauditi in caso di necessità. Del resto personale pakistano opera da tempo in Arabia Saudita con compiti di istruzione per le forze locali e tecnici specializzati dei reparti missilistici strategici (che gestiscono missili balistici e armi atomiche) si troverebbero nella base missilistica saudita di al-Watan (200 chilometri a sud di Riad) la cui presenza è stata resa nota nel 2008 da rilevazioni satellitari a cui si aggiungono altri due siti che ospitano silos corazzati sotterranei e rampe mobili ad al-Sulayyil e al-Jufayr, situate a 90 e 450 chilometri da Riad.
I Sauditi hanno acquistato nel 1988 i missili balistici a medio raggio cinesi DF-3, in grado di imbarcare testate convenzionali e atomiche da 2 tonnellate e stanno per sostituirli con i più moderni DF-21, forniti sempre da Pechino e anch’essi potenzialmente in grado di imbarcare testate atomiche. La cooperazione militare tra Cina e Pakistan è da sempre molto stretta (anche in virtù della rivalità tra Cina e India) ed è quindi naturale che i sauditi si siano rivolti ai cinesi per acquisire i loro missili balistici destinati a costituire un deterrente contro gli Shabab iraniani derivati da Nodong e Taepodong coreani.
A conferma della volontà saudita di esprimere una crescente deterrenza nei confronti dell’Iran va rilevato che solo l’anno scorso i sauditi hanno mostrato in pubblico per la prima volto i loro missili balistici, nell’ambito della parata militare tenutasi il 29 aprile nella base aerea di Hafr al-Batin. Il numero di missili in dotazione ai sauditi è un segreto ben custodito considerato che le stime variano tra 30 e 120 per una decina di sistemi di lancio. Incerto anche il raggio d’azione poiché i primi DF 3 potevano colpire bersagli situati fino a 2mila chilometri mentre le più recenti versioni raggiungono i 3.500: in ogni caso tutta la regione mediorientale, il Mediterraneo Orientale l’Asia Centrale potrebbero risultare sotto il tiro dei missili sauditi.
La fornitura dei nuovi DF-21 sarebbe stata approvata dagli Stati Uniti dopo aver appurato che i missili non potevano imbarcare armi nucleari ma il condizionale è d’obbligo mentre tra i tanti segreti intorno alle armi nucleari saudite vi è anche il bilancio finanziario del Comando Forze Strategiche. Di certo la presenza di armi di questo tipo senza la presenza si armi di distruzione di massa avrebbe poco senso mentre i tecnici pachistani sono in grado di modificare i missili balistici per renderli idonei all’impiego di testate atomiche. Nulla vieterebbe inoltre al Pakistan di fornire a Riad alcuni dei suoi vettori a medio raggio per testate atomiche del tipo Shaheen 2 e Ghauri 2.
Secondo indiscrezioni un velivolo cargo C-130 saudita è sempre pronto al decollo da una base pakistana per trasportare le testate atomiche da imbarcare sui DF-3 nella base di al-Watan. Altre fonti citate l’anno scorso dalla BBC riferirono di un accordo che consentirebbe addirittura di schierare forze nucleari pakistane in territorio saudita.
Il potenziamento militare saudita è del resto un dato di fatto sotto gli occhi di tutti. Nel 2014 Riad ha superato Londra raggiungendo il quarto posto nella classifica mondiale delle spese militari con più di 60 miliardi di dollari (oltre il triplo dell’Italia) e ha superato l’India al vertice della classifica dei maggiori importatori di armi. Quest’anno i sauditi importeranno armi per 9,8 miliardi di dollari (un settimo dell’intero mercato mondiale), sempre che le perdite e i consumi determinati dalla guerra in Yemen non richiedano ulteriori forniture.
di Gianandrea Gaiani
Fonte: http://www.lanuovabq.it/
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