“Il gioco del rispetto”, così viene chiamato quello che viene spacciato per gioco didattico educativo e che nei giorni scorsi ha fatto ingresso nelle scuole di infanzia del Comune di Trieste.
Tale “gioco” viene presentato con finta trasparenza ai genitori, mediante generici avvisi affissi nelle bacheche, che introducono il tutto parlando di “sensibilizzazione contro la violenza sulle donne”, come se un bambino di 4 o 5 anni potesse essere un mostro, picchiatore o stupratore di donne.
Si vuole parlare di rispetto ma non si rispetta, e lo fanno facendo credere che sia un obbligo, facendo credere che ciò che dicono il Comune, L’Organizzazione Mondiale della Sanità o chi altro ancora abbia valore di legge. Mi dispiace per loro, ma non è proprio così!
Tutte le scuole presentano un POF, Piano di Offerta Formativa, con il quale vengono esposti i programmi e le linee di insegnamento adottate dalla scuola; il POF serve anche alle famiglie, per poter valutare la scelta dell’istituto che ritengono migliore per i loro figli.
Sarebbe opportuno che il Comune di Trieste, per quanto riguarda le sue scuole di ogni ordine e grado, ci spiegasse perché i POF per l’anno scolastico in corso vengano resi pubblici ad anno scolastico già iniziato e vengano resi accessibili ai genitori soltanto dopo che questi siano stati definitivamente approvati dal consiglio d’istituto.
Nella fattispecie, i POF a Trieste sono stati ufficialmente approvati verso la fine di ottobre ed inseriti online nei primi giorni di novembre, quindi praticamente a 6 settimane dall’inizio dell’anno scolastico per il quale fanno riferimento.
A sfogliare, ed a leggere, il libretto del “gioco del rispetto”, c’è da restare allibiti.
Non so al lettore che sensazione possa fare, ma cito testualmente uno dei passaggi delle “istruzioni all’uso” per gli insegnanti: “… L’insegnante a questo punto fa notare che le sensazioni e le percezioni che (n.d.a.: i bambini) hanno provato sono uguali per i corpi dei maschi e per i corpi delle femmine. I corpi funzionano nello stesso modo. Per rinforzare questa percezione i bambini/e possono esplorare i corpi dei loro compagni/e ( utilizzare uno stetoscopio, se si riesce a reperirlo), ascoltare il battito del cuore a vicenda, respirare per riempire i polmoni e poi svuotarli facendo porre la mano sul torace, ecc.
Ovviamente i bambini/e possono riconoscere che ci sono delle differenze fisiche che li caratterizzano, in particolare nell’area genitale. E’ importante confermare loro che maschi e femmine sono effettivamente diversi in questo aspetto, e nominare senza timore i genitali maschili e femminili ma che tali differenze non condizionano il loro modo di sentire, provare emozioni, comportarsi con gli altri/e”.
Va sottolineato che il progetto legato a questo “gioco” non è mai stato inserito nel POF e mai stato discusso, almeno per l’istituto che conosco io, in Consiglio d’Istituto.
Questa non è una materia prevista dai programmi del Ministero della Pubblica Istruzione, ma è un’iniziativa, per quanto riguarda il nostro territorio, partita dal Comune di Trieste.
E’ pertanto compito del Comune, e di questo sono certo il Comune stesso non mancherà di fornire adeguate delucidazioni, spiegare perché tematiche di questa delicatezza vengano inserite nelle attività didattiche delle scuole, violando di fatto il diritto dei genitori, tutelato dalla nostra Costituzione, all’educazione dei loro figli.
Non regge la richiesta di autorizzazione ai genitori, in mancanza della quale un bambino verrà convogliato in altra classe durante lo svolgimento di quella attività: di fatto è un atteggiamento discriminatorio nei confronti del bambino e della famiglia, soprattutto perché stiamo parlando, lo ripeto fino alla nausea, di attività non curriculari, ovvero non previste dalla legge.
I figli non si toccano, né fisicamente né emotivamente: questa che viene proposta è violenza.
Non ho avuto timori a difendere la vita di un mio figlio, non ho neppure paura ora a difendere l’integrità dell’altro e saremo noi genitori ad educarlo al rispetto.
Quel rispetto verso il prossimo che parte dal rispetto verso se stessi: manca questo è impossibile l’altro.
di Amedeo Rossetti de Scander*
*genitore
Tratto da: http://www.lanuovabq.it/
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