Da dove viene il male?

Giobbecbbioccs

GiobbecbbioccsFin dall’alba dei tempi, l’uomo si è sempre interrogato sull’origine del male e della sofferenza, arrivando a conclusioni molto diverse tra di loro. Sin dalle prime testimonianze scritte, troviamo prove di questi pensieri e spesso anche dei ragionamenti e presupposti che hanno portato ad essi. Uno dei ragionamenti più significativi dell’antichità può essere ad esempio quello del filosofo greco Epicuro, che già nel 400 a.C. si interrogava sulla natura degli dèi che permettevano l’esistenza del male, giungendo alla conclusione che questi erano sì potenti da togliere il male sulla terra ma semplicemente non si curavano delle vicende umane, relegandosi nel loro mondo perfetto.

Essendo un problema esistenziale, anche la Bibbia ne viene coinvolta con un ruolo sicuramente di prim’ordine. Pensiamo al libro di Giobbe, il cui tema principale è proprio questo, e alla celebre e sofferta frase del suo protagonista:

«Nudo sono uscito dal grembo di mia madre, e nudo tornerò in grembo alla terra; il SIGNORE ha dato, il SIGNORE ha tolto; sia benedetto il nome del SIGNORE». Giobbe 1:21.

Di fronte alla perdita di tutti i suoi beni e della sua famiglia, quest’uomo “integro e retto”, riconosce che Colui che lo ha privato di tutto questo è anche Colui che in principio gliene ha fatto dono, benedicendo comunque il Suo nome. Ma anche dopo che la sua stessa salute viene a mancare, rimane fermo su questa posizione, replicando alla moglie che gli diceva di abbandonare Dio:

«Tu parli da donna insensata! Abbiamo accettato il bene dalla mano di Dio, e rifiuteremmo di accettare il male?» Giobbe 2:10

Giobbe non conosceva il consiglio celeste descritto all’inizio del libro. Non conosceva il dialogo tra Satana e Dio. Non sapeva che era stato oggetto delle attenzioni di Satana, sotto permesso del Signore. Ma sapeva invece che lo stesso Dio che lo aveva assistito in tutta la sua vita e al quale era fedele più di ogni altro uomo sulla terra, era un Dio onnipotente e governava sulla natura e sugli eventi che accadevano nel mondo, di conseguenza anche su quelli che portavano sofferenza. La parola “male” usata in quest’ultimo versetto, è resa con il termine ebraico ra‛, termine purtroppo molto vago che identifica a seconda dei contesti l’avversità, l’afflizione, il male, la calamità, il dispiacere, ma anche il dolore, la fatica ed ancora altri significati.

Come è mai possibile che il male venga dallo stesso Signore che è conosciuto per il suo amore immenso? Questo aspetto della Scrittura non può far altro che complicare il problema presentando degli aspetti che portano ad un vero e proprio paradosso. Sicuramente non possiamo comprendere appieno Dio, né siamo a chiamati a farlo. La Scrittura infatti ci chiama piuttosto a conoscere Dio, attraverso la rivelazione che abbiamo di Lui nella Bibbia e ad una esperienza personale di ravvedimento e conversione. La stessa Scrittura però ci viene in soccorso, e lo fa in molti modi. I libri dei Salmi riprendono in abbondanza questo tema, e anche se non esplicano l’origine del male, sottolineano il fatto che:

La mia carne e il mio cuore possono venir meno,
ma Dio è la rocca del mio cuore e la mia parte di eredità, in eterno. Salmo 73:26

È stata un bene per me l’afflizione subita,
perché imparassi i tuoi statuti. Salmo 119:71

Anche di fronte alla sofferenza e alle avversità, anche di fronte a ciò che non si conosce né si spiega, il Signore resta sempre e comunque l’unico punto fermo per ogni credente ed una vera e propria ricompensa tanto per questa vita quanto per quella futura. Il concetto sottinteso è il fondamento della fede nel Signore e del fatto che Egli sa quello che fa, e di certo vuole fare il bene di coloro che sono chiamati secondo il Suo disegno, anche se al momento non sembra così (cfr. Romani 8:28). La ragione umana dunque non può comprendere i disegni di Dio, che ha uno scopo per tutto quello che fa.

Come tu non conosci la via del vento, né come si formino le ossa in seno alla donna incinta, così non conosci l’opera di Dio, che fa tutto. Ecclesiaste 11:5

Ma è proprio Dio, l’origine del male? La domanda resta coinvolta in questi ragionamenti e pesa come un pugno nello stomaco. Si può dare la colpa all’uomo e alle conseguenze delle sue azioni (e sicuramente, ad un primo livello è biblicamente vero: l’uomo raccoglie ciò che semina), si può dare la colpa a Satana e ai demoni (e sicuramente, ad un secondo livello è biblicamente vero: lo abbiamo appena visto nello stesso racconto di Giobbe), ma ogni credente sincero con sé stesso continuerà ad avere in un angolo della propria mente quello stridore che si crea accostando l’onnipotenza di Dio con l’esistenza del male. Se è vero – come è vero – che il Signore è onnipotente, sia le decisioni degli uomini (cfr. Proverbi 16:9), che le azioni dei demoni (cfr. Giobbe 1:12) gli sono sottoposte. Alcuni vedono una soluzione a questo problema limitando la potenza di Dio al libero arbitrio dell’uomo. Personalmente però, credo che alla luce delle Scritture sia più corretto limitare la potenza di Dio alla stessa volontà di Dio. Per approfondire questo concetto, consiglio di leggere l’articolo precedentemente scritto su questo tema, nel paragrafo che mostra come l’onnipotenza del Signore coincida in realtà con la Sua provvidenza. Prendendo in prestito le parole di Platone inserite nella teologia di Giovanni Calvino dunque, “il bene è tale perché voluto da Dio”.

Per chiarire meglio questo punto, credo sia utile vedere un paio di altri versetti biblici che hanno una cosa fondamentale in comune con il brano con cui abbiamo iniziato il ragionamento: la parola ra‛.

Io formo la luce, creo le tenebre,
do il benessere (= shâlôm= pace), creo l’avversità;
io, il SIGNORE, sono colui che fa tutte queste cose. Isaia 45:7

Nell’oracolo profetico di Isaia diretto a Ciro II di Persia, il Signore si presenta come Colui che crea la luce e le tenebre, il benessere e l’avversità. Quest’ultima traduzione però copre la parola originale, che anche in questo caso è ra‛, ossia il male in senso generico. Questo fatto ci fa tornare punto e a capo, ancora una volta al cuore del problema da affrontare direttamente. Lascio questo compito gravoso proprio a Giovanni Calvino e alle sue parole:

“I fanatici torturano questa parola “male”, come se Dio fosse l’autore del male, cioè del peccato, ma è molto evidente come abusano di questo passo del profeta in modo addirittura ridicolo. Questo è sufficientemente spiegato dal contrasto presente nel versetto, le parti che devono essere d’accordo con l’altro, perché egli contrappone la “pace” con ” il male “, cioè , con afflizioni, le guerre e altri eventi avversi. Se egli contrapponesse “giustizia” con ” male”, ci sarebbe una certa plausibilità nei loro ragionamenti , ma questo è un contrasto manifesto di cose che sono di fronte all’altro. Di conseguenza , non dobbiamo respingere la distinzione ordinaria, che Dio è l’autore del “male” della pena , ma non del “male” di colpa. I sofisti tuttavia sbagliano nella loro esposizione , perché, mentre essi riconoscono che la carestia , la sterilità , la guerra , pestilenza e altri flagelli , vengono da Dio , negano che Dio è l’autore di calamità , quando questa ci arriva tramite degli uomini. Questo è falso e del tutto in contrasto con l’attuale dottrina, perché il Signore suscita uomini malvagi per punire noi attraverso la loro mano , come è evidente da vari passi della Scrittura. ( 1 Re 11:14 , 23 .) Il Signore non li ispira effettivamente con cattiveria, ma li usa con lo scopo di castigare noi , ed esercita l’ufficio di giudice , nello stesso modo con cui ha fatto uso della malizia del faraone e di altri , al fine di punire il suo popolo ” ( . Esodo 01:11 e 02:23 ) Dovremmo quindi tenere questa dottrina , che solo Dio è l’autore di tutti gli eventi , cioè , che l’avversità e la prosperità degli eventi vengono inviati da lui , anche quando lo fa attraverso degli uomini , o attraverso per qualsiasi altra causa.” (Isaiah 45:7 Calvin’s Commentaries – Chapter 45:7)

La risposta di Calvino dunque è che Dio è sì l’autore del male della pena, ma non del male della colpa. Potremmo comprendere meglio questa frase, approcciandoci al pensiero di Agostino d’Ippona. Egli infatti aveva riflettuto proprio sul termine “male” giungendo ad alcune distinzioni che sono state fondamentali nella storia della teologia cristiana, chiarendo un termine che come abbiamo visto non viene spiegato sufficientemente nel vocabolario ebraico dell’Antico Testamento. Agostino quindi distingueva tra:

→ Male morale – è il peccato, la trasgressione della legge di Dio
→ Male fisico – il dolore, il male come conseguenza di fenomeni naturali
→ Male ontologico/metafisico – derivato dalla nostra creaturalità.

Dio può essere causa del male fisico e del male ontologico o metafisico ma non può essere causa del male morale in quanto esso è per definizione la trasgressione a Sé stesso. I Suoi pensieri, la Sua attitudine è vincolata all’amore e al bene, in armonia con la rivelazione della Bibbia che ci testimonia che Dio è amore (cfr. 1 Giovanni 4:8). Egli è la personificazione e l’essenza dell’amore, l’identità dell’amore! Ma per perseguire i Suoi scopi e disegni utilizza anche il male fisico e metafisico, con lo scopo però di convertirlo infine al bene. Le vicissitudini della vita del patriarca Giuseppe spiegano al meglio questo modo di operare del Signore, e le sue parole nell’ultimo capitolo di Genesi chiariscono quello che a livello teorico può rimanere confuso:

Voi avevate pensato del male contro di me, ma Dio ha pensato di convertirlo in bene per compiere quello che oggi avviene: per conservare in vita un popolo numeroso. Genesi 50:20

I fratelli di Giuseppe lo hanno venduto dando sfogo al peccato e alla ribellione verso Dio, ripieni del male “morale”. Ma il Signore ha governato in modo sovrano ogni situazione, senza toglierlo da ogni sofferenza, ma piuttosto usando ogni sofferenza e dolore per portarlo a crescere nel carattere, nell’autorità, nella misericordia, nell’umiltà ed infine ponendolo in una posizione di incredibile potere. Un trascorso ed una nuova posizione che gli ha permesso di perdonare i fratelli e aiutare la sua famiglia in una tremenda carestia provvedendo ad essa la sopravvivenza. Credo che questa rivelazione possa essere la giusta risposta ad una domanda così spinosa, e motivo di una fede ancora più profonda per ogni figlio di Dio.

Tratto da: http://vocechegrida.ning.com/


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